Quando ci si mette in viaggio con la prospettiva di stare fuori casa per un’intera giornata, con la stagione autunnale che almeno teoricamente si allontana sempre più dalla calda estate per avvicinarsi all’inverno, non si può che guardare al clima come ad una divinità si spera quanto più benevola possibile. Ed è davvero piacevole il tiepido sole di questa seconda metà di novembre che mi accoglie nella bella cittadina di Chieti.

Arrivo quasi a ridosso della partita e prima di spendermi in ogni ulteriore considerazione, mi sento in dovere di ringraziare la società del Chieti per la gentile ospitalità e per avermi messo in condizione di svolgere al meglio il mio lavoro. Sembra scontato ma non lo è, in un mondo come quello del calcio dove, sotto una cappa di burocrazia e di presupponenza, finiscono spesso per svilire quel coagulo di passione e di partecipazione popolare che c’è intorno al calcio inseguendo la chimera di monetizzare tutto e poi perdendo tifosi e con loro anche l’anima.

Quando metto piede sul rettangolo verde, potrà sembrare strano, l’emozione prende il sopravvento, con tutti i ricordi di gioventù che affiorano fra le foto sui vecchi “Supertifo” o le immagini di trasmissioni televisive come “C siamo”, in cui finivo per allungarmi con il collo quando la telecamera si spostava verso la porta, illudendomi di poter sbirciare qualche altro particolare prezioso del tifo.

Tanti i cambiamenti rispetto a quel passato di cui recavo memoria, come la curva rialzata o la gradinata che oggi risulta inagibile ma, al netto di tutto, questa sfida di alta classifica nel girone F della Serie D fra Chieti e Samb, riesce a rievocare con forza tutto il bello del tempo perduto, a partire dalle presenze sugli spalti dove si registra il pienone.

Partendo dalla Curva Volpi, apprezzo da vicino l’ordine meticoloso delle pezze, la cura maniacale di ogni singolo dettaglio, stampato o disegnato, lo stile del materiale e la grandissima organizzazione nella scenografia che all’ingresso delle squadre in campo si sarebbe realizzata. Prima di essa, le ugole vengono riscaldate con qualche coro possente poi, quando il proprio undici fa capolino sul rettangolo di gioco, si concretizza uno spettacolo a base di cartoncini, non di facile realizzazione visti i tempi, la logistica e tutti gli ovvi problemi attuali, ma quando si mette in mano tale complessità a gente esperta, il risultato è una perfetta interpretazione del difficile tanto da farlo sembrare semplice. Esempi di scenografie all’apparenza facilissime e poi realizzate male ce ne sarebbero diversi: onore sempre a chi ci prova, ma complimenti veri a chi poi ci riesce.

Il sole che batte sulla curva, enfatizza l’effetto cromatico sui loro colori sociali che risultano davvero belli sotto questa luce. Molti dei presenti sono persino a torso nudo e il culmine si raggiunge con le manate, molto fitte, e la sciarpata che rende il settore un vero spettacolo. Immaginavo di trovare una tifoseria non solo radicata del movimento ultras, ma anche bella da vedere e sentire, tutte sensazioni ampiamente confermate in questo pomeriggio.

Quando mi sposto sotto il settore ospiti, mi colpisce la nota conformazione palesemente anti-tifo di questo spicchio di stadio, rimasta pressoché invariata negli anni. L’unica cosa che è cambiata rispetto alle fototifo “amarcord”, è la vetrata installata in tempi più recenti e che ha reso ancora più difficoltoso il compito per le tifoserie ospiti, e anche per chi scatta il compito non è dei migliori, con la visuale inficiata da opacità e riflessi dei vetri.

Non è davvero facile esprimersi in questo settore, per nessuno, visto che è basso, schiacciato e distante dal rettangolo verde. Gli ultras della Samb lo occupano in tutta la sua lunghezza e una parte della tifoseria prende a prestito anche la tribuna coperta, rendendosi partecipe al tifo che proviene dal settore ospiti vero e proprio. Bandieroni sempre al vento, il loro tifo è buono, ovviamente influenzato dal settore ma che riesce comunque a esprimere in pieno la volontà e la forza di questa tifoseria. Accendono anche fumogeni e qualche torcia, conferendo ulteriore sapore vintage alla partita. Pezze appese sulla vetrata fra le quali è possibile notare anche la presenza degli amici di Monaco di Baviera. Manate difficili da realizzare in un settore lungo e stretto, in cui in definitiva niente è facile. Nel complesso però la prestazione può dirsi buona, ennesima conferma di un’altra tifoseria che non merita affatto questa categoria.

Massimo D’Innocenzi