Ci sarebbe molto da scrivere per raccontare trent’anni abbondanti di partite ad alta e bassa tensione quando ad affrontarsi sono state la compagine orobica e quella capitolina, dopo quel 30 settembre 1984 che segnò la fine di un gemellaggio che durava da diversi anni.

Decine e decine di domeniche agitate, dentro e fuori il Comunale, che hanno tramandato se non di padre in figlio certamente di fratello in fratello una delle principali rivalità del panorama ultras del Belpaese.

Non stupisce quindi di trovare la folla delle grandi occasioni nei pressi del rinomato “baretto” a presidiare il proprio territorio nonostante uno schieramento di caschi blu di tutto rispetto… anche perchè “non si sa mai” che possa capitare l’occasione buona per un incontro ravvicinato con l’opposta fazione.

L’oretta di pre-partita passa veloce e l’assenza di particolari sommovimenti consente di liberare la chiacchiera con Simone, uno dei pilastri di questa rivista che ho il piacere di rivedere. Per lui qualche problemino al ritiro degli accrediti, ma poi si entra entrambi. Chapeau a chi ha saputo svolgere il proprio mestiere, in questo caso quello di addetto stampa, rispettando il lavoro altrui e facendo prevalere il buon senso sulla burocrazia.

Come ci si aspettava, la presenza ospite è numericamente importante e si presenta bene con lo striscione “ROMA” attaccato alla vetrata; a contornarlo numerosi stendardi, di varia foggia e fattura più o meno stilosa . Oltre alle bandiere ed ai due aste con i colori sociali, sin da subito spiccano i tricolori sventolati da un manipolo nella parte bassa del settore.

Nemmeno a dirlo, i minuti che anticipano il fischio d’inizio sono caratterizzati quasi esclusivamente da cori offensivi ad opera dei padroni di casa, con abbondante rimando alle hit in voga negli anni ottanta/novanta; gli ospiti non si scompongono più di tanto e semplicemente ribattono con un “Noi siamo la capitale”.

La partita odierna è importante anche per motivi di classifica, visto l’ottimo campionato della Dea, ed è questo il tema del lungo striscione che, dopo elaborate operazioni di srotolamento, campeggia in nord all’entrata delle formazioni. In quel “LARGO AI SOGNI SENZA PAURA CAVALCHIAMO QUESTA AVVENTURA” non c’è solo l’incitamento agli uomini di Gasperini, ma anche l’orgoglio di chi ha creduto in questa squadra ed in questo mister nonostante un avvio di campionato durissimo, fatto di quattro sconfitte (di cui due davanti al pubblico amico) nelle prime cinque partite.

Il muro di sciarpe che copre inizialmente la curva lascia posto ad una spettacolare fumogenata che, da sola, ripaga i 25 euro che gli amici del calcetto hanno speso per un biglietto della curva Pisani. Proprio in sud anche i Forever Atalanta si esibiscono in una bella coreografia con cartoncini. Bandierine e stendardi colorano il settore ospite, che si cimenterà più tardi in uno “sfottò grafico” ispirato dal look spartano del carismatico “Bocia”.

La partita comincia e si protrae senza particolari emozioni, con i padroni di casa che tengono alta la linea difensiva e prevalgono a centrocampo ma senza impensierire il portiere avversario. Verso la metà del tempo i giallorossi fanno intuire di avere compreso quali possono essere i migliori varchi e cominciano a macinare gioco e creare occasioni da gol importanti.

Cresce la pressione su Berisha ed anche sugli spalti gli ospiti ingranano la quinta: gli ultimi venti minuti sono di ottimo livello, caratterizzati da cori prolungati e ben udibili anche se sono sistemato al confine tra tribuna e curva nord. Per contro non mi pare una domenica particolarmente felice, sotto il profilo vocale, per la curva bergamasca: non so se questo dipenda dalla spessa vetrata divisoria alla mia sinistra, che smorza il volume, ma sommando il primo ed il secondo tempo si arriva ai decibel giusti in non più di una decina di occasioni.

Prova e riprova, la Roma trova il vantaggio al 41°: Perotti trasforma un penalty concesso per un fallo di mani di Toloi. L’esultanza dei tifosi romanisti degenera nel lancio di un paio di torce verso gli atalantini presenti in curva sud e capitan De Rossi si porta sotto il settore per provare a calmare gli animi.

Anche in tribuna stampa il fumo della sigaretta di qualche giornalista indisciplinato (o ignaro dei severissimi divieti) desta l’attenzione degli steward.

Non c’è tempo sufficiente per organizzare la risposta bergamasca perché dopo pochi minuti l’arbitro manda le due squadre negli spogliatoi.

Al ritorno in campo si replica il copione del tifo, con gli ospiti più attivi degli orobici, mentre in campo succede quello che pochi avrebbero previsto: l’effetto incrociato delle sostituzioni decise da Gasperini e Spalletti rivoluziona gli equilibri in campo, l’Atalanta si fa progressivamente più spavalda e capisce che sulla fascia destra può essere devastante.

È Kessiè la vera spina nel fianco, mettendo lo zampino in tutte le azioni più pericolose. Sale l’entusiasmo ed al quarto d’ora la Nord gioca, quasi a freddo, la carta del “Forza Atalanta Vinci Per Noi”. Sarà probabilmente un caso, ma pochi minuti dopo arriva il pari, un po’ rocambolesco ma assolutamente meritato.

Nel vedere che i propri beniamini non si accontentano ma insistono, mettendo in atto un pressing feroce, il pubblico del Comunale si scalda e finalmente si torna a respirare quell’atmosfera sanguigna che ha reso celebre la tifoseria neroazzurra. Mentre la compagine romanista si dimostra incapace di reagire, i propri sostenitori tengono ancora botta in modo encomiabile. Sicuramente la migliore tifoseria vista a Bergamo quest’anno.

Il finale è pressoché identico, per quel che mi riguarda, ad Atalanta-Inter: esco un po’ in anticipo e mi perdo il penalty con cui Kessiè ribalta il risultato e continua a fare sognare Bergamo.

Lele Viganò.