Sono sincero: ho visto centinaia di volte gli interisti nella mia vita. Sia in casa che in trasferta. Difficilmente sono riuscito ad averne un’impressione convincente, soprattutto lontani dalle mura amiche. Beninteso: immagino e conosco le difficoltà nel coordinare settori in cui si mescolano sempre migliaia di tifosi provenienti da tutta Italia e lungi da me fare di tutta l’erba un fascio. Però, come riconosco ai nerazzurri di aver sempre mantenuto un ottimo livello se si parla di confronto extra stadio, devo altrettanto dire che finora il livello canoro – almeno per quanto visto – non è stato propriamente il loro forte.

Tuttavia le convinzioni sono belle perché c’è sempre il momento in cui qualcuno o qualcosa è pronto a smentirle, o quantomeno a modificarle. Come questa domenica d’aprile allo stadio Castellani di Empoli. Una sfida che non è certamente di cartello, né per gli appassionati di calcio e né per quelli del mondo ultras. Dunque, mi si permetta, una sfida da cui capire ancor meglio il momento di due tifoserie.

Arrivo in città utilizzando come sempre il treno e mischiandomi nello spontaneo corteo di tifosi normali interisti, che dritto per dritto si avvia verso lo stadio. Empoli è uno di quei posti che malgrado le sue dimensioni e malgrado l’esser schiacciata tra colossi calcistici regionali come Firenze, Pisa e Livorno, ha sempre mantenuto un dignitoso zoccolo duro al seguito degli azzurri. I supporter della Maratona non hanno mai fatto grande pubblicità di loro stessi, non si sono mai proclamati per ciò che non sono e, soprattutto, hanno sempre seguito ovunque i propri colori. Magari non numerosi, non bellicosi, ma presenti. E sempre con il tifo, rimanendo fedelmente ancorati a quel concetto ultras anni ’80-’90 che ben si riassumeva nella frase “Tifare è un dovere di tutti, riuscirci è un onore di pochi”.

Tra gli ultras toscani si sono avvicendate generazioni, ha abbandonato la scena un gruppo storico e ben definito come i Rangers e nel post Raciti – con i soli Desperados rimasti al timone – hanno sicuramente avuto un momento di crisi (un po’ come tutte le piazze, del resto). Eppure un’effige biancazzurra è sempre stata al fianco degli azzurri e, con il passare degli anni, un nocciolo di nuove leve ha saputo costituirsi e spalleggiare i più vecchi. Oggi, a giudicare da ciò che ho visto, sono gli Ultras Empoli a rappresentare l’ala più “fresca” della Maratona, con molti giovani tra le loro fila e una collaborazione con i Desperados che sembra funzionare ed essere alquanto affiatata. Non a caso la pezza dei gemellati parmigiani è stata apposta direttamente al centro.

Sulla balaustra i cori vengono coordinati con grande enfasi da due megafonisti e il tifo che ne viene fuori è davvero di ottima fattura. Bandieroni sempre in alto, un paio di sciarpate e alcuni cori tenuti a lungo e ben ritmati dal tamburo. Ripeto: non avranno la fama e la stazza di altre tifoserie corregionali, ma gli empolesi fanno il loro e lo fanno anche bene. Poco da appuntare. Anzi, da elogiare la passione per una squadra che ormai da decenni si presenta sempre ai nastri di partenza come una “piccola provinciale” ma che poi, ai fatti, riesce a inanellare stagioni ottime grazie a un perfetto progetto calcistico. Lancio solo una provocazione, alla quale magari troverò risposta in qualche commento: tra gli ultras di casa c’è qualcuno che, al netto delle soddisfazioni calcistiche, vorrebbe tornare almeno per un anno in C e ritrovare campi più “rognosi” e genuini rispetto alle cattedrali di Roma e Milano? Magari anche solo un anno, per far riaffiorare vecchie rivalità. Una domanda che mi sono fatto spesso relativamente agli empolesi, conoscendo la loro natura molto genuina e senza tanti fronzoli. Se vogliamo, dunque, non molto affine a una Serie A divenuta ormai il gotha dell’apparire.

E ora veniamo ai tifosi interisti. Il mio prologo necessita, giocoforza, un’argomentazione più ampia e approfondita. Innanzitutto, sin dal pre partita, noto un bello spirito da par loro. Battimani, cori di incitamento alla squadra intenta a riscaldarsi e una verve notevole. Impressioni che diventano certezze al fischio d’inizio. Il contingente nerazzurro si produce in una prova di tifo ottimo livello. E sottolineo che in un settore ospiti come quello del Castellani – diviso e dispersivo – non è affatto facile cantare in maniera compatta. I lanciacori posti nel “petalo” centrale, invece, si mettono di buona lena, cercando sempre di coinvolgere più gente possibile prima di iniziare i canti. Diversi tormentoni vengono fuori molto bene, con i nerazzurri uniti nel saltare e nel battere le mani. Più in generale si nota proprio un cambio di marcia della Nord, rispetto al recente passato. La sciarpata che saluta l’inizio del secondo tempo è molto anni ’90, così come l’intero approccio degli interisti allo stadio. Stile italiano al 100%. E posso dire una cosa? Che ben venga!

Senza voler fare paragoni che lasciano il tempo che trovano, ma devo dire che rispetto al blocco nero e robotico dei cugini milanisti, preferisco la buona organizzazione mostrata oggi dai bauscia e mischiata a un pizzico di spontaneismo. Magari qualche stendardo non sarà il massimo dello stile, ma denota genunità. E poi il fatto di riuscire a far cantare a più riprese tutti i settori è sintomatico di un lavoro che evidentemente parte da lontano. Non so se possa aver influito, a sua volta, il nuovo corso dei dirimpettai cittadini e, dunque, uno stimolo a non rimanere indietro in fatto di tifo. Di sicuro è stata la prima volta che a una prestazione interista darei un voto che va ben oltre la sufficienza. E va dato loro atto di aver, evidentemente, capito qualche limite precedente ed averci lavorato su. Unico appunto, personale, che mi sento di fare: non essendo un amante degli striscioni unici, preferivo di gran lunga tutte le storiche insegne che sempre siamo stati abituati a vedere in quel di San Siro.

In campo, dopo un primo tempo che si chiude sullo 0-0, nella ripresa la squadra di Inzaghi regola gli avversari con un netto 0-3 che porta la doppia firma di Lukaku e quella di Lautaro Martinez. Un successo importante in chiave europea, che da il la ai numerosi cori del settori ospiti contro gli acerrimi rivali milanisti, in vista del derby di andata delle semifinali di Champions League. Come sempre coro con offese=coinvolgimento di tutti. Dispiace per i benpensanti e quelli che vorrebbero trasformare lo stadio nell’Accademia della Crusca, ma così è e così sarà per sempre. Da segnalare, peraltro, anche diversi cori ostili tra le due tifoserie.

Dopo il triplice fischio non ho molto tempo per osservare il deflusso. Il secondo impegno di giornata (Pisa-Bari) chiama e la stazione va raggiunta abbastanza velocemente. Mi allontano sentendo ancora il brusio dello stadio, che mi lascia una sensazione buona. Sembra, per un pomeriggio, di aver rivisto quelle “normali” sfide del massimo campionato italiano di una ventina d’anni fa, quando anche il non aspettarsi nulla di che coincideva con uno spettacolo comunque più che dignitoso!

Simone Meloni