Stadio Castellani di Empoli, in un pomeriggio che sembra in tutto e per tutto l’apice dell’estate, più che una delle prime settimane di autunno. Ennesimo turno di Serie A giocato in giorni e orari a dir poco improbabili (mercoledì alle 18:30) ma risposta del pubblico che risulta tuttavia più che soddisfacente, con ottomila presenti, di cui mille provenienti dalla Campania.

È la prima vera sfida salvezza del campionato, con i toscani reduci dal pesante 7-0 patito all’Olimpico contro la Roma e i granata che da inizio campionato hanno mostrato importanti lacune, non riuscendo ancora a conquistare i tre punti. Ci arrivo con un pizzico di stanchezza, venendo direttamente da Salisburgo, dove la sera precedente si è svolto il derby di coppa tra i viola dell’Austria e gli usurpatori della Red Bull, ma questa è un’altra storia che avrò modo di raccontare. Passare dal modo austriaco di concepire lo stadio a quello italiano è sempre traumatico: camionette disseminate ovunque, steward che per giustificare la loro misera paga chiedono biglietto e documento tre volte e, come detto, orari davvero vergognosi. Il calcio nostrano fa di tutto per disincentivare la passione dei propri seguaci. Storia ormai trita e ritrita, su cui pesano come un macigno anche le negligenze di un movimento ultras che mai ha saputo osteggiare in maniera compatta tutte le storture germogliate ormai qualche decennio fa.

Ma, mi dico, in questi casi bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno e pensare che sugli spalti ci sarà comunque chi ci deve essere e fa di tutto per rimanere accanto ai propri colori. Sono tornato al Castellani lo scorso anno dopo diverso tempo, in occasione della gara contro l’Inter. Una partita da cui – lo dico sinceramente – non mi aspettavo nulla e in cui, invece, ebbi modo di constatare l’importante ricambio generazionale intrapreso dalla Maratona, con gli Ultras Empoli a incarnarne le fattezze e, più in generale, un settore unito e movimentato, al quale anche oggi ci sarà ben poco da imputare durante l’arco dei novanta minuti. Stretta tra alcune delle più grandi potenze calcistiche regionali, piccolina nelle sue dimensioni e di certo non in grado di richiamare il fascino esotico dei paesi circostanti (del resto siamo in Toscana, le rivalità campanilistiche si concretizzano anche a distanza di qualche metro), Empoli può contare su una rispettabile tradizione ultras e vedere nuove leve palesarsi dietro gli striscioni, il loro provare a ridar linfa e ossigeno al tifo organizzato locale, mi lascia una bella sensazione. Si imputa troppo spesso alle nuove generazione di non volersi sacrificare e avere valori labili o annacquati. Se ne potrebbe (e dovrebbe) discutere, ma in questo caso mi preme sottolineare come le insegne del tifo biancazzurro siano presenti sempre, ovunque e comunque, nel rispetto di una tradizione curvaiola che è ormai sempre quella da oltre trent’anni. E in casa, da qualche tempo, si sia ritrovata la spinta di qualche anno fa.

Certo, ognuno deve fare i conti con la repressione e le limitazioni che ormai stritolano il calcio italiano da nord a sud. Un tempo questo genere di partita avrebbe fatto da proscenio a fumogenate, torciate e spettacoli coreografici che, tutto sommato, erano considerati la normalità per ogni match. Oggi si fa fatica ad accendere e nascondere immediatamente un oggetto pirotecnico, per non parlare della difficoltà nel portare dentro anche il semplice e tradizionale materiale per fare tifo. Quando si punta il dito contro le nuove generazioni, ci si ricordi anche di questo. Sennò è troppo facile appuntarsi stelle di merito per un passato ormai lontano.

Quando l’arbitro fischia l’avvio delle ostilità i gruppi della Sud salernitana devono fare ancora il loro ingresso, che avverrà dopo circa dieci minuti, completando lo scenario sugli spalti. Sui ragazzi di Salerno mi sono espresso davvero tante volte in questi anni. Ne conosco pregi e virtù, ma soprattutto l’infinito potenziale numerico e canoro di cui dispongono. Eppure, nessuno me ne voglia, mi sento di muovere alcune critiche nei loro confronti: se da un punto di vista della presenza c’è ben poco da dire (in mille di mercoledì pomeriggio, solo l’ennesima conferma di quanto Salerno sia attaccata alla propria squadra) sotto il profilo del tifo la performance è alquanto altalenante. Si percepisce tutto il malumore e la preoccupazione regnanti attorno alla squadra di Paulo Sousa, che aveva iniziato la stagione ambendo neanche tanto velatamente a una salvezza tranquilla e che almeno nelle prime uscite sembra avere invece ingenti difficoltà. Tuttavia, senza voler fare l’avvocato del Diavolo, mi sento anche di dire che spesso e volentieri il tifoso è davvero troppo avventato nelle sue valutazioni (e anche nelle sue contestazioni). Il campionato ci ha dimostrato essere lungo e intriso di cambi repentini nella classifica e nei risultati. Io capisco l’intenzione di fungere da sentinella e prevenire anziché curare, ma trovo un po’ sconveniente che ciò influisca negativamente sul tifo. Intendiamoci: non parliamo di una prestazione da zero in pagella, ma sicuramente sottotono. Oltre a qualche buon picco, i granata riescono difficilmente ad alzare i decibel e mostrare intensità, cosa che una tifoseria come quella salernitana non solo ha nel DNA, ma giustamente agita come vanto da sempre. Credo che a penalizzare, peraltro, sia stata anche la disposizione dei presenti, con molte persone sistemate nel “petalo” laterale, anziché riempiere in modo compatto quello centrale.

Per quanto riguarda i padroni di casa: come accennato si rendono protagonisti di una bella prova di tifo. Il tandem Desperados/Ultras Empoli sembra aver oleato i meccanismi alla perfezione e praticamente quasi tutta la Maratona Inferiore sistemata dietro agli ultras segue i cori e si fa coinvolgere dai gruppi. Discorso paradossale e che magari susciterà qualche gesto apotropaico tra le fila empolesi: sono più che convinto che la ciliegina sulla torta per questi ragazzi sarebbe tornare qualche anno a confrontarsi con piazze storicamente rivali e trasferte più genuine rispetto alle ormai noiose e monotone Roma, Milano, Napoli e via dicendo. Il confronto crea entusiasmo e accende la scintilla del proselitismo e dell’aggregazione, soprattutto quando si è ragazzi e si ha voglia di andare sopra le righe. La storia recente poi parla chiaro: chi per un motivo o per un altro si è trovato a dover affrontare ripartenze dal basso, ne è uscito migliorato e fortificato. Il movimento ultras si alimenta di risultati sportivi, questo è indubbio, ma anche di confronti e trasferte sentite. Magari gli empolesi non saranno – storicamente – una tifoseria prettamente turbolenta o scomoda, ma hanno portato avanti la carretta a casa propria e in trasferta sempre e a prescindere da tutto, cosa che per quanto mi riguarda gli vale un certo rispetto all’interno di un mondo dove tanti si battono il petto con orgoglio dopo un paio di stagioni fatte bene, salvo poi sparire nel nulla, magari avendo dietro città e bacini d’utenza ben più grandi e potenzialmente produttivi.

Per la cronaca sportiva, gli azzurri conquistano i loro primi tre punti del campionato grazie a una rete siglata nel primo tempo da Baldanzi. Un successo che fa gioire i supporter di casa, mentre manda su tutte le furie i salernitani, che dopo il triplice fischio contestano vistosamente la loro squadra. Umori contrapposti, che mettono il punto finale a una sfida che comunque ha offerto importanti spunti di riflessione in ambito curvaiolo. Del resto, al netto di tutto, quando a sfidarsi sono piazze che alla base hanno un pensiero ultras costante e longevo, ci sono sempre argomenti da approfondire e, come in questo caso, eventuali critiche da evidenziare. Anche la mia giornata volge al termine e non mi resta che riguadagnare la strada di casa per godermi un meritato – seppur breve – riposo. Ci sarà tempo e modo di ritrovare sul mio cammino entrambe le tifoserie, veri e propri tasselli inamovibili nel complesso e infinito mosaico ultras nazionale.

Testo Simone Meloni
Foto Prospero Scolpini