Son passati 10 giorni da quel 9 maggio: il giorno del derby Salernitana-Casertana, il giorno dell’ultima partita in C1 con quasi 25.000 persone presenti all’Arechi, un nutrito seguito casertano in trasferta, una coreografia spettacolare ispirata alla canzone di Pharrell Williams “Happy”, e infine una lunga festa vissuta allo stadio per tutta la sera. Un preludio che mai avrebbe lasciato immaginare cosa si sarebbe potuto scatenare, appunto, solo 10 giorni dopo. Una pioggia di daspo. Chi legge potrebbe subito pensare ad uno scontro tra tifoserie, invece, la motivazione che li scatena fa accapponare la pelle, ma soprattutto segna un altro passo nell’indicibile marcia di questa repressione; “l’aver sostato con fare minaccioso davanti ad un’attività commerciale”, “una sorta di adunanza per aspettare i tifosi casertani”. Traduzione: aver bevuto con ghigno sferzante una birra e con voracità un panino, nei pressi di un chioschetto che si trova di fronte il lungomare di Salerno, distante centinaia e centinaia di metri dalla Tribuna dello Stadio Arechi: logisticamente impossibile, poter venire a contatto con la tifoseria rivale. Infatti, la distanza si moltiplica se la si confronta con la Curva Nord, settore adibito ai casertani, separati dagli altri settori e dalla suddetta attività commerciale, oltre che dalla distanza, da una folta schiera di camionette e poliziotti che scherma la Curva Nord dal resto dei settori.
Insomma si arriva ad una soglia in cui non ci si limita nemmeno a trovare il pretesto per colpire una tifoseria, si va oltre il sospetto: il reato lo si inventa.
Ciò stride, se si pensa ad una stagione dove la tifoseria granata non ha fatto segnare alcun episodio di violenza, tale da creare terreno fertile per folli provvedimenti.
Nello specifico sono state segnalate 10 persone, ad altre 22 è stato emesso un daspo dalla Digos della Questura di Salerno. Tra le motivazioni che sorprendono di più ritroviamo queste “per aver incitato, inneggiato o indotto alla violenza. Reati aggravati in quanto commessi da persone travisate e da più persone riunite”.
Se Gino Paoli ai suoi tempi avesse sostato davanti ad un bar, avrebbe potuto sorbirsi un bel daspo, lui e i suoi amici.
Ironie amare a parte, a Salerno si segna una sorta di Anno Zero: il daspo è emesso in una logica che va oltre l’identificazione di un reato che si è colto in flagranza, ora il sospetto, o meglio l’immaginazione, può scatenarne una dannosa sfilza.
Un chiaro segnale di come si mini alla libertà personale, non dei semplici ultras, ma di ogni singolo tifoso, di ogni singolo cittadino.
C’è un filo conduttore che collega questo episodio alle nuove metamorfosi legislative: la conversione dell’art 6 della Legge Amato che proroga il daspo appunto, anche a cori e striscioni, ledendo così l’art. 21 della nostra calpestata Costituzione; fino ad arrivare al concorso morale che poi apre dunque all’ultimo capitolo di daspo: quello di gruppo.
Alzare la tensione. Non solo, pensare che proprio nel giorno in cui questi daspo vengono applicati con troppa severità, usiamo questo eufemismo, scoppia un’altra bolla, un altro scandalo legato al calcioscommesse.
Alzare la tensione per trovare un nuovo pretesto che nasconda le falde vere di un Calcio che, sempre più, si sta sgretolando al suo interno. Ci saranno nuovi titoli, nuove storie riprese in salsa buonista, edulcorate e pompate fino a mostrare quanto gli stessi tifosi che hanno fatto parlare di sé per colore e calore quel 9 Maggio, con quella coreografia capace di varcare le Alpi arrivando anche sul giornale francese “L’equipe”, ora vengano accusati di “adunanza minacciosa”. Come se l’aggregazione più che un elemento di crescita, un valore aggiunto, fosse una colpa da cui redimersi.
Giovedì si gioca Salernitana-Teramo, valevole per la Supercoppa tra le tre vincitrici dei rispettivi campionati di Lega Pro. Giovedì forse una diserzione servirebbe a ricordare che gli stadi non si riempiono se si va a colpire l’elemento passione, propulsione del calcio popolare e nazionale, ormai sempre più flebile ricordo.
Un brindisi e un buon appetito a tutti, senza fare minaccioso ma con un sorriso. Amaro.
Gian Luca Sapere.