Dal Pozzo è una frazione. Poche case, pochi abitanti, in quella fascia di terra che divide Milano dai Laghi e che non è facile da capire. Un alternarsi illogico fra campi di grano e scheletri industriali. Paesi che si susseguono silenziosi uno dopo l’altro.
A Dal Pozzo c’è un campetto come tanti e in quel campetto, dal 1986, gioca una squadra amatoriale di provincia, come tante. Come in tanti altri campetti sperduti qualche ragazzo aggrappato alla rete segue gli esiti senza gioie della propria squadra come tante.
“All’inizio eravamo in due e tra di noi fantasticavamo di come sarebbe stato bello ritrovarsi in 50 a tifare Dal Pozzo”.
Poi pian piano inizia a girare la voce.
“Alla fine del primo anno abbiamo fatto la nostra prima bandiera e il nostro passaparola ha fatto si che ci trovassimo in 10-15 tutti i weekend, sia in casa che in trasferta”.
Siamo nel 2014 e quello che all’inizio sembrava un progetto come tanti inizia a crescere e a prendere forma.
L’interesse è tanto ed è tanta la disillusione nei confronti di un calcio sempre più diverso da ciò che era. Nasce allora l’idea di creare qualcosa di diverso, di provare la strada del calcio popolare, ripartendo dal basso e riappropriandosi di ciò che si è perso.
Nasce la Frazione Calcistica Dal Pozzo 2015 che si iscrive per la prima volta al campionato di Terza Categoria.
Cos’è per voi il calcio popolare?
Per noi calcio popolare significa riappropriarti di ciò che è tuo. In tanti veniamo da curve di seria A e non le sentivamo più nostre. Calcio popolare vuol dire ripartire dal basso, vivere tutta la settimana la tua squadra, metterci tempo e denaro in prima persona. Non è fuggire da un mondo che non ti piace più ma costruirne uno nuovo.
E la Terza Categoria in questo senso aiuta senza dubbio, però rientra comunque all’interno di ingranaggi di quel sistema che volete “combattere”. Come affrontate questa possibile contraddizione?
Parliamo spesso di questa cosa e spesso ci confrontiamo anche con le altre realtà di calcio popolare. È vero che la Terza Categoria aiuta in questo senso però anche qui ci si trova di fronte a meccanismi lontani dal nostro modo di vedere il calcio. Anche qui ci sono gli squadroni che sono tali perché più ricchi. Noi crediamo che sia giusto combattere sullo stesso livello sportivo degli altri per provare a dimostrare che in un mondo marcio si può competere e vincere a modo tuo, con la tua etica e le tue idee. C’era una squadrone e noi lo abbiamo battuto. La sfida è quella: stare dentro e vincere, ma con logiche diverse.
La vostra è una realtà locale o che non si pone particolari confini?
Entrambe le cose in realtà. Nasciamo a Dal Pozzo e lì vorremmo tornare a giocare. Ci piacerebbe prendere in gestione il campo, oggi in disuso, e costruirci i nostri spazi. Allo stesso tempo però ci riempe d’orgoglio vedere che c’è chi macina chilometri ogni domenica da tante parti d’Italia per sostenere il nostro progetto che è quello di una frazione di 700 abitanti.
Ecco, il problema del campo. Dopo Turate ora giocate a Limbiate, non deve essere facile.
Quello degli impianti sportivi è stato il problema organizzativo più grande. Esiste una gestione dei campi legata a raccomandazioni e favoritismi difficili da abbattere. Per questo il nostro legame con Dal Pozzo rimane e, come abbiamo già detto, lì vorremmo ritornare.
In un contesto di provincia come questo potreste risultare scomodi. Si è allentata un po’ la morsa della repressione?
A livello quotidiano l’impressione è che si sia allentata un po’. Ad oggi abbiamo 16 diffidati, numeri impensabili per una realtà come la nostra. E questa situazione a livello di opinione pubblica ha influito molto nel darci un’immagine poco positiva, però allo stesso tempo ha compattato il gruppo ed ha allargato la nostra base. Ci ha fatto crescere. La FIGC ha anche aperto un’inchiesta sulle nostre maglie da gioco. In accordo con i giocatori avevamo deciso di mettere la scritta “Diffidati con noi” sulle divise ed ora rischiamo multe o squalifiche. Anche questa è repressione, più sottile ma lo è.
Quando si parla di calcio popolare spesso si parla di politica. Qual è la vostra posizione?
Siamo un po’ anomali. L’unica base che abbiamo è quella antirazzista. Politicamente non abbiamo mai preso una posizione e non penso lo faremo mai. Il nostro modo di fare politica sta in quello che facciamo. Nel momento in cui la politica viene esternata in maniera evidente spesso c’è una carenza di fondo.
Molti di noi hanno un passato di militanza politica in varie realtà ma altrettanti non hanno mai fatto politica in nessun modo. Siamo molto eterogenei ed è una delle nostre forze.
La partita contro l’Oratorio Lainate nel frattempo è finita.
Novanta minuti di tifo libero e ad alti livelli.
La squadra festeggia sotto la tribuna nonostante i playoff siano sfumati.
I risultati contano poco.
Le ultime torce e gli ultimi fumogeni della stagione, l’ennesima boccata d’ossigeno.
Squadre così, il miglior antidoto contro la disillusione.
Il Dal Pozzo, una bella storia da vivere e da raccontare.
Gianluca Pirovano.