Arrivo a Frosinone dopo un viaggio eterno, sei ore di pullman da Bologna a Roma, più un regionale infinito dalla Capitale (ma otto euro di spesa complessiva), e un pensiero che si impadronisce subito del sottoscritto: l’idea di essere arrivato in un’altra Italia, non più bella o più brutta, ma semplicemente diversa, per mille e più motivi, da quel Nord che son solito bazzicare. È la bellezza della provincia, ostile per natura alla città, il paese che sbandiera fieramente le sue origini popolari: la Ciociaria e Frosinone, che di fatto ne fa da capitale. 

Il cammino dalla stazione è tutto in salita, ergo sceso dal bus tocca una sgambata che comunque, dopo ore passate seduto, non può che far bene: il posto è piccolo e accogliente, con una veduta panoramica mozzafiato, e i segni di un certo periodo storico che si vedono dappertutto (specie nell’architettura razionalista). Cena obbligata in una trattoria tipica, a mangiare i fini-fini con guanciale ed asparagi, piatto tipico del posto: poi, dopo due chiacchiere coi locali (che in questo weekend sentiranno parlare bolognese un po’ da tutte la parti), ecco un giro per la Frosinone by Night, dove stupisce il numero di ragazzini (rigorosamente sotto i vent’anni) e la mancanza totale di coetanei del sottoscritto, cioè quel popolo di trentenni che sembra aver fatto le valigie verso altri lidi. O che semplicemente, è a casa a tenere i figli. 

Poi arriva il gran giorno: quello della partita. Si gioca alle 12 e 30, e il cielo di Frosinone fa capire subito che si prospetta una giornata calda: altro che aprile o inizio primavera, sembra una giornata di giugno inoltrato. Quantomeno sotto il sole. Per arrivare allo stadio è un bel casino: con un gruppo di amici decidiamo di farla a piedi, il che vuol dire circa quattro chilometri sotto il sole per la periferia frusinate. Trovare l’impianto ad un certo punto si rivela una vera e propria odissea, specie per chi scrive, che deve trovare la tribuna stampa: risulta indispensabile il consiglio di un locale, che dalla finestra, con quell’accento che è già un mix tra romano e napoletano (almeno per le orecchie di un polentone) suggerisce un percorso “pregiato” (cit.). Morale della favola, mi inoltro nella natura più profonda, e sbuco proprio di fronte al Benito Stirpe. Se il consigliere sta leggendo, che mi contatti in caso di passaggio a Bologna: avrà un piatto di tortellini in premio. 

E finalmente siamo alla partita: giocare all’ora di pranzo è un delitto, ma gli assassini continuano a rimanere impuniti. Pazienza, ormai bisogna accettarlo. Almeno a consolare c’è lo stadio del Frosinone: davvero un gioiello, per una realtà di 40mila abitanti. Uno dei pochi di proprietà in Italia, un modello per tutti: chiusura completa e curve sul campo all’inglese. Giusto la tribuna è un po’ più indietro, ma nel complesso non c’è da lamentarsi. Unico difetto: una zona dedicata ai giornalisti troppo stretta, e dove si è praticamente incastrati. Ma insomma, nel complesso va più che bene così. Si sfiora il tutto esaurito: il pubblico di casa con la tenacia tipica di chi lotta per la salvezza, gli ospiti guidati dal sogno Champions. A proposito del settore bolognese: tutto esaurito in poche ore, più di mille unità. Certo, il momento d’oro impone numeri del genere. Ma considerando la distanza e l’orario, davvero applausi: specie per una tifoseria che comunque, è sempre bene ricordarlo, si muove tutta dalla propria città d’origine. 

Capitolo Frosinone: davvero interessante come realtà. Si sente l’attaccamento, dallo striscione principale (“Frusinati”) ai tanti tricolori che denotano un certo amore verso l’idea di Italia. Cosa rara da trovare al Nord, ma molto più frequente da Roma in giù: dove il sentimento patriottico, è certamente più sviluppato. Vai a capire il motivo. Lo striscione che compare all’inizio (“Difendiamola”) la dice lunga sull’obiettivo dei casalinghi, cioè mantenere quella serie A che è un sogno ad occhi aperti. Tanti sventolii di bandiere, come anche nel settore ospiti: tra le due compagini non scorre certo buon sangue, e i frusinati lo fanno notare subito. Sul campo viene fuori una partita per lo più noiosa, che ha un unico sussulto nel finale: il Bologna potrebbe vincerla, ma Ndoye spedisce alto a porta vuota. Un punto per uno, per coltivare i rispettivi sogni. 

Testo e Foto di Stefano Brunetti