Io rivolgo il mio sguardo alla Curva Nord, la maggior parte degli occupanti della Tribuna Centrale rivolgono i propri cellulari verso Cristiano Ronaldo. Io cerco di intuire quali striscioni degli juventini siano esposti nel settore ospiti, gli altri (di cui sopra) sono intenti a realizzare video del portoghese che batte punizioni e si pavoneggia facendo giochetti da circo (santi siano i Montero, i Materazzi e i Pasquale Bruno).

La cosa mi lascia alquanto interdetto. E non perché solo oggi me ne accorga. Frequento gli stadi da troppo tempo per non conoscere alcune, perverse, dinamiche che si scatenano attorno a certe squadre. Eppure, sono onesto, malgrado la Juventus rientri di diritto tra i top club europei, non l’ho mai accostata a Barcellona e Real Madrid per tipo di seguito. È chiaro – non me ne voglia nessuno – il tifoso medio bianconero non è particolarmente amato proprio per il modo di vivere la sua squadra, ma la morbosità con cui ho visto puntare gli occhi su Cristiano Ronaldo, i giapponesi accorsi a Frosinone per seguirlo e tutta quell’aria da finto teatrino foraggiata dai molti supporter ospiti sparsi in Tribuna Centrale, non può che farmi particolarmente ribrezzo.

Quanto manca il Matusa a Frosinone e quanto il Frosinone manca al Matusa? Una domanda rompicapo a cui è forse difficile rispondere. O per qualcuno sin troppo scontato. Soprattutto in serate come queste.

Volente o nolente lo Stirpe ha segnato un passaggio epocale per i tifosi giallazzurri, con un radicale cambiamento delle proprie abitudini. Tralasciando il mero discorso sentimentale, credo che un dato sia abbastanza inconfutabile: con il nuovo stadio si sono persi i Distinti, almeno nell’accezione verace e battagliera che avevano presso l’impianto di Via Mola Vecchia. Difficilmente, un tempo, qualcuno si sarebbe sognato di alzare la propria bandiera bianconera o esultare in maniera sguaiata a un gol degli avversari. Ancora ricordo, per dirne una, i folkloristici focolai che si accendevano di tanto in tanto nel corso dell’ultimo Frosinone-Napoli, con diversi sostenitori partenopei assiepati proprio nei Distinti.

È altrettanto vero che – come già ebbi modo di dire in una tifocronaca relativa al primo anno in A dei ciociari – realtà come Frosinone hanno giocoforza una grande quantità di tifosi storicamente attaccati alle “big”. Succedeva e succede così praticamente ovunque la squadra della propria città non sia abituata a disputare campionati di A o B (cosa che accadeva ai laziali fino a tre lustri fa).

Pertanto ci vogliono tempo, pazienza e risultati sportivi per far crescere i bambini con il solo orgoglio d’appartenenza calcistica alla propria città ed insegnarli che il “doppiofedismo nuoce gravemente alla salute”. Cosa che sicuramente a Frosinone negli ultimi anni sta lentamente avvenendo. Sebbene una squadra come la Juventus avrà sempre un folto seguito in qualsiasi parte dello Stivale.

Differente poi è il discorso per quelli che hanno acquistato un abbonamento solo per assistere alle partite contro Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio e Napoli. Quelli – permettetemi – non possono avere né la mia comprensione, né il mio rispetto. E, piaccia o meno, il Matusa poco si prestava a questo genere di “giochetti” (anche se pure durante la stagione di A ivi disputata, non mancarono abbonamenti “mirati”). Ovviamente la mia non è una critica allo Stirpe, ma una constatazione che vuol far riflettere su come, per lo zoccolo duro dei frequentatori da stadio frusinati, non debba esser facile venir catapultati in questo mondo e tollerare orde di persone poco avvezze ad entrare sulle gradinate e dunque troppo spesso orientate a non rispettare chi di quel luogo ne ha fatto la seconda casa.

Detto ciò, la sfida con la Juventus rimane certamente uno dei momenti più alti, da queste parti, a livello sportivo. Ci sono generazioni intere a cui se solo qualche decennio fa, con i Canarini radiati e ripartiti dai dilettanti, avessero detto che un giorno il Frosinone avrebbe giocato contro il club più titolato d’Italia, avrebbero creduto a uno scherzo bello e buono.

La Nord presenta una bella macchia gialla e apre le danze con una coreografia ben riuscita che accoglie le squadre in campo. Rispetto ad altre volte gli ultras ciociari optano per le bandierine, che a mio avviso restano il mezzo più semplice e sicuro per realizzare una scenografia. La scelta si rivela azzeccata e due stemmi, quello della vecchia SC Frosinone e quello attuale vengono issati nella parte centrale della curva, completando l’opera assieme ad un paio di torce.

Durante la gara i giallazzurri saranno protagonisti di una buona performance, fomentata anche dalla voglia di far sentire la propria spinta ai giocatori impegnati contro una vera e propria corazzata.

Di contro il settore ospiti, malgrado l’esiguo numero (1.050) e quindi una maggiore facilità nel coordinare il tifo, non risulta particolarmente rumoroso. Gli juventini cantano a sprazzi e con poca continuità, evidenziando un’attitudine al tifo che ogni anno sembra sempre più difficile da ritrovare.

Benché lo scontro in campo sia impari, i giallazzurri erigono vere e proprie barricate a difesa di Sportiello, reggendo sullo 0-0 fino a dieci minuti dal termine, quando è proprio Cristiano Ronaldo a sbloccare. Nel recupero Bernardeschi chiude i conti.

Finisce comunque con gli applausi dei supporter ciociari, che spronano i propri giocatori, attualmente ancora fermi a un punto e a quota zero nella casella dei gol realizzati.

Anche la Juventus va a far festa sotto al settore ospiti, accompagnata sempre dalle centinaia di flash che sembrano far da cornice più a un incontro tra vip e paparazzi che a una squadra di calcio. Se con “CR7 porterà giovamento al nostro pallone” si intendeva una maggior esposizione mediatica, sicuramente è vero. Se si parla invece di benessere sportivo complessivo, avrei tanto (ma tanto) da che ridire. Mi limito ad affermare – in maniera molto semplicistica e banale – che per me il bambino giusto è quello che cresce piangendo alla sconfitta della propria squadra. E non piangendo per non esser riuscito a farsi un selfie con questo o quell’altro giocatore che, quasi sempre, non ha nessun interesse nei confronti della maglia che indossa.

Simone Meloni