“Le parole e i concetti che emergono da questa intervista sono significativi e ci spingono a formulare delle domande. La Fiorentina dei giorni nostri dal punto di vista dei risultati sportivi, se facciamo un confronto con quel decennio citato poco sopra, è una Signora Fiorentina. Non mancano infatti vittorie di livello e partecipazioni alle Coppe che contano. Eppure emerge sempre più chiaramente, un disinnamoramento, un disincanto, una forma di disaffezione nei confronti della nostra tanto amata Viola. Il de potenziamento della passione rispetto al calcio è riscontrabile in linea generale, e deriva verosimilmente dalla progressiva spettacolarizzazione del gioco, dall’imporsi in modo sempre più netto della logica del profitto sulla dimensione originaria e spontanea del pallone, e dalla riduzione del tifoso, da dodicesimo uomo in campo a mero spettatore-consumatore. Questo vale ovviamente anche per la realtà di Firenze. Ma dobbiamo riscontrare degli aspetti particolari, legati alla nostra storia post-fallimento. Allora riprendiamo la domanda: Com’è possibile esser arrivati a questa situazione? Perché si percepisce un divario sempre più grande tra la tifoseria e la propria squadra? Ridurre tutto alla questione del calciomercato, con i mancati acquisti e i tesoretti non spesi sarebbe riduttivo e fuorviante. Le cause vanno ricercate oltre e più a fondo. La Fiorentina è sempre stata una naturale estensione della città e dei fiorentini stessi. Nessuna distanza. Un tutt’uno che da sempre evoca amore incondizionato e un’intensa passionalità, gli scontri per Baggio costituiscono un riferimento chiarissimo. Firenze e la Fiorentina, senso di appartenenza alla città più bella del mondo e l’orgoglio di tifarne la squadra. Ciò che delinea il profilo del tifoso viola è l’identità. Il sentirsi parte. Così possiamo sentirci orgogliosi anche se ultimi in campionato, perché siamo comunque la Fiorentina. Questa unità, dall’avvento della gestione Della Valle, è pian piano venuta meno. Dalla concezione strettamente aziendalista della società,fatto testimoniato dalla presenza di veri e propri manager dell’imprenditoria, a discapito della mancanza di uomini di pallone. La rottura di quella dimensione unitaria e comunitaria, che culmina nell’assoluta polarità di tifosi-clienti e squadra-prodotto. L’introduzione di concetti che niente hanno a che vedere con la nostra verace e riottosa realtà, come la retorica del “fair play” a tutti i costi. La costruzione di un’immagine carina e vendibile della tifoseria, che è costata anni di feroce repressione di ogni forma non allineata alla penosa pacificazione. La chiusura dei campini alla gente. La lontananza dei giocatori dai tifosi, quasi si trattasse di due domini dell’umano differenti. L’assoluta dimenticanza storica della Fiorentina, nel periodo che precede il 2002, perché, si, noi eravamo la Fiorentina anche prima del vostro arrivo e continueremo ad esserlo quando ve ne sarete andati. Il coinvolgimento nello “scandalo calcio poli”, culminato nella penalizzazione nei nostri confronti, noi, quelli del “meglio secondi che ladri”. Le continue promesse non mantenute. Se ne potrebbero citare molti altri di aspetti che hanno contribuito a questa triste situazione. Nella varietà di questi aspetti è riscontrabile un nucleo problematico di fondo. Il tifoso viola non riesce più a riconoscersi, fino ad identificarsi e a perdere la distanza, com’è da sempre avvenuto, nel proprio oggetto d’amore: la Fiorentina. La gestione Della Valle ha messo le mani sulla nostra identità, modificandone i tratti essenziali, con l’unico scopo, quello di fare della Fiorentina un marchio esportabile sul mercato. Il risultato di questa imposizione è il totale snaturamento di quello che siamo sempre stati, della nostra genuinità. Tutto ciò ha contribuito ad alzare questa barriera tra le due dimensioni, quella del tifo e quella della squadra tifata. Questa barriera deve essere abbattuta. Restituire La Fiorentina a Firenze, riprendiamoci il nostro genuino modo di essere. Allora, la nostra torni ad essere una squadra di pallone, non un prodotto da vendere, che la nostra viola torni ad essere l’estensione del nostro essere Fiorentini. Che i tifosi tornino ad essere parte in causa, amanti disinteressati e non clienti. Torniamo alle radici. La maglia tinta dei nostri colori, l’Artemio Franchi, casa nostra, e la profonda conflittualità, che da sempre ci contraddistingue, derivante da una originaria e provocatoria presa di coscienza: Noi siamo Firenze nel calcio!”