Andare a Giulianova in questa domenica di Febbraio mi sembra una scelta prettamente razionale, nonostante mi rechi lì per vedere un incontro di Eccellenza. La categoria però non conta veramente in questo caso, se dico che si tratta niente di meno che del derby d’Abruzzo tra Giulianova e Teramo. Aggiunge personalmente motivazioni il fatto che per la prima volta vedo una partita nello stadio Runens Fadini, un gioiello che ho avuto già modo di scoprire a novembre, quando altri motivi mi hanno portato per la prima volta in questa città abruzzese che ho trovato molto carina. Nella mia memoria però questo nome era già impreso per via del mitico Supertifo, dove ho iniziato a masticare la geografia italiana col calcio e con gli ultras negli anni ’90, quando la squadra giallorossa era una presenza costante dei campionati di serie C.

Tre decenni dopo era dunque ora di venire finalmente a Giulianova, per vedere una partita e scoprire dal vivo la sua tifoseria. Forse sono un sognatore, perché cosa posso mai aspettarmi nel 2024, in un calcio ormai venduto al dio denaro ed un mondo ultras sempre più omologato? Poi tra restrizioni, repressione e limitazione di questure o GOS di turno, sono un po’ pazzo o peggio ancora, non voglio vedere la realtà? Ad ogni buon conto avevo già prenotato un biglietto due mesi prima e sul mio calendario personale avevo cerchiato in rosso questa domenica 4 Febbraio.

La giornata inizia benissimo con il sole ed un panorama che mi fa impazzire, vedo gli Appennini e solo questo mi mette di grande umore. L’Abruzzo per fortuna non si è ancora totalmente venduto al turismo di massa e spero continui così. La regione è stupenda e non ho bisogno di presentarla, ma tra monti e mare cosa si può sognare di più? Basta venire qui e c’è tutto per gli amanti di qualsiasi percorso diverso. Io arrivo a Giulianova col treno, attraverso la mitica linea della Ferrovia Adriatica, una tratta storica che fu la prima a collegare il meridione ed il centro-nord Italia. Costruita da Ancona a Pescara nel lontano 1863, raggiunse poi Foggia, Brindisi e Lecce nel 1866. La particolarità di questa linea è che percorre il Mar Adriatico spesso a ridosso della costa tanto che sembra si possa quasi toccare le onde sporgendosi dal finestrino.

Arrivo in perfetto orario nella piccola stazione di Giulianova che, per chi la conosce solo per il suo mare e la sua bandiera blu, credo meriti di essere scoperta più a fondo. Perché non esiste solo una parte bassa col suo lido, il suo litorale con cinque chilometri di spiagge (dove si trova la stessa stazione), i suoi negozi ed il suo porto. Bisogna lasciare Giulianova Lido e salire quindici minuti a piedi per raggiungere Giulianova Paese, la parta alta e storica. Ma le prima tracce urbane le si ritrova lungo il fiume Tordino, due chilometri a sud del suo centro dove, all’inizio del III secolo a.C., i romani crearono una nuova colonia sotto il nome di Castrum Novum Piceni. Questo insediamento non aveva solo funzione militare o quella di bloccare l’influenza etrusca e siracusana nell’Adriatico, ma con la costruzione di un porto canale svolgeva anche un importante ruolo commerciale col Mediterraneo orientale.

Con le invasione barbariche si svuota parzialmente ma resta un centro abitato con un ruolo commerciale e difensivo. Seconda una leggenda, le spoglie di San Flaviano, patriarca di Costantinopoli e martire, vennero imbarcate per essere inviate a Ravenna ma durante il tragitto in mare, per via di una tempesta, la nave approdò proprio sulla costa di Castrum Novum Piceni, il 24 novembre del 450 dove, fuori dalle mure, venne costruito un tempio dedicato al santo. Successivamente l’insediamento cambia nome e diventa Castrum Sancti Flaviani. Quel tempio però non esiste più anche se le ossa di San Flaviano riposano ancora qui, nel duomo della città di cui nel frattempo è divenuto il Santo Patrono.

Castrum Sancti Flaviani durante il bassomedioevo divenne un centro culturale ed economico importante grazie al suo porto, punto di partenza per la Terra Santa. La città divenne parte integrante del Regno ostrogoto, poi del Ducato di Spoleto, del Regno di Sicilia e infine, del Regno di Napoli di cui fu porta settentrionale. La famiglia Acquaviva ne prende il possesso e ne fa la sua residenza principale fino alla sua distruzione il 27 luglio 1460 a seguito di una battaglia. Nel 1470 Giulio Antonio Acquaviva fondò una nuova città non sulle rovine di Castel San Flaviano bensì su una collina a 70 metri slm che dominava l’Adriatico, un po’ più a nord dove nel 1472 sorse la città che prese il nome del nobile aragonese: Giulia. Con pianta quadrangolare, circondata da una massiccia cinta muraria con otto torri, ospita un duomo di stile toscano eretto nel cinquecento oltre al palazzo degli Acquaviva.

La sua urbanistica rimase invariata fino agli anni settanta-ottanta dell’ottocento, quando un incremento demografico portò i suoi abitanti a debordare fuori dalle mura e ad espandersi sul litorale grazie anche alla presenza della ferrovia, entrata in funzione nel 1863. Così nacque Borgo Marina, il primo nucleo di Giulianova Lido. Da qui la città cambia pian piano il suo volto, in un grande fermento di infrastrutture viene eretta la Piazza della Libertà, in onore del re Vittorio Emanuele II che visitò Giulianova nel 1860, dopo di essa anche la Terrazza del Belvedere ed il Porto. La parte bassa prende il sopravvento nel Novecento, diventando un punto di riferimento balneare sull’Adriatico con ville Liberty e residenze per l’aristocrazia e la borghesia. Durante il ventennio, il regime realizza il lungomare monumentale mentre bisogna aspettare il secondo dopoguerra per vedervi la diffusione del turismo balneare. Oggi la città conta poco più di 23.000 abitanti e vive sopratutto del suo mare, tra turisti e pesca, col suo porto che è uno dei quattro della regione e l’unico della provincia.

Quando approdo nella parte alta di Giulianova, mancano tre ore alla partita e si sente gia che c’e aria di derby. Colori giallorossi sulla gente, tra sciarpe, bandiere e magliette. Era dal lontano 14 ottobre 2007 che non si giocava questo derby al Fadini e l’attesa è alta, non solo per la rivalità ma anche per ragioni meramente sportive: il Teramo infatti è primo in classifica ed i giallorossi sono secondi con otto punti di ritardo. Posso vedere attorno allo stadio già diverse persone con i colori sociali del Giulianova Calcio. La bellezza di questo campo non è solo quella di essere a ridosso del centro della parte alta della città ma, facendo qualche decina di metri dietro la Curva Ovest, anche quella di offrire un panorama impressionante del Gran Sasso.

All’angolo della Curva c’è un bar con già diversi tifosi al suo interno con la sciarpa al collo. È bello vederli anzitempo in modalità prepartita a riscaldarsi la gola. Uno di questo è Pierluigi, ha 56 anni e segue il Giulianova dal 1973. Mi spiega: «ll Giulianova è tutto. È la passione, non ti fa dormire la notte, ti fa venire il mal di testa quando perde». Attorno al collo ha una sciarpa molto particolare: «Nel 1982, quando cominciai ad andare in trasferta, avevo 15 anni. Mia madre mi fece una bella sciarpa di lana, interamente a mano con l’uncinetto. Ci sono molto affezionato perché mia madre non c’è più». Anche questo è il calcio, non solo colori sociali ma ricordi di una vita. Pierluigi ha anche una bella memoria storica e quando gli chiedo uno dei suoi più bei ricordi aggiunge: «Sono tanti ma su tutti un derby a Teramo nel 1992 vinto negli ultimi minuto con Bugiardini. Servì solo per l’orgoglio, perché a fine anno retrocedemmo tutte e due, sia noi che il Teramo». Voglio però conoscere anche il momento più brutto e il tifoso mi rivela: «Il derby perso a Teramo, grazie ad un goal di Lino Ciarrocchi nativo di Giulianova. Poi c’è quel 4-1 del 2002 che non l’ho mai digerito». Queste parole fanno capire al neofita cosa significhi questo derby.

Esco del bar ed incrocio tre ragazzini delle scuole calcio con le loro tute con i colori sociali e bandiera in mano. Bella gioventù che cresce bene, tra pallone e stadio, ci potrebbe essere di peggio, ma nessuno di loro ha il cellulare in mano, cosa ormai impensabile ed a vincere è solo la socialità. Davide ha 13 anni, tifa per il Giulianova e andrà in curva fra poco. Per questo ragazzino: «La Curva è rumore, passione, calore. Rappresenta l’amore che abbiamo noi per il Giulianova». I suoi due compagni ridono a pochi passi ma Davide è serio e prova a rispondere alla mia domanda sugli altri protagonisti del calcio: «Gli ultras sono quelli che sostengono di più la squadra, che aiutano i giocatori, che supportano la squadra sempre e comunque in ogni partita, sia in casa che fuori». Poi aggiunge: «Loro fanno partire i cori in una curva, sono le persone con più amore verso il Giulianova. Senza di loro lo stadio non sarebbe così». Forse alcuni giornalisti dovrebbero incontrare questi ragazzini piuttosto che scrivere i soliti ritornelli sul disagio e la violenza delle curve italiane.

È tempo per me di tornare verso il centro e noto diversi assembramenti ed anche la prima auto della polizia che si posiziona di fronte alla sede del Giulianova Calcio. La sede e la palestra accanto mostrano diversi volti della storia del calcio locale, il tutto dipinto in giallorosso: da Tiberio Orsini, presidente storico della società giuliese, a giocatori come Danilo Di Vincenzo, centravanti deceduto in un incidente stradale, poi Renato Curi, cresciuto nel Giulianova, ed allenatori come Emilio Della Penna, Roberto Vernisi, Adelmo Capello (allenatore-giocatore che portò alla storica promozione in serie C nella stagione 1970/71), Fabbri che sfiorò la serie B nel 1972/73. La storia qua insomma è importante e curata, lo si nota anche negli uffici interni dove diversi pannelli la raccontano in ogni suo dettaglio.

Proseguo la mia passeggiata e decido di andare verso i cori che sento giungere dal Belvedere, a nemmeno cinque minuti a piedi dallo stadio, dove un terrazzo spettacolare domina l’Adriatico. Ci sono un centinaio di tifosi ed ultras con alcune torce a cantare. Ritrovo i tre giocatori in erba della scuola calcio che riprendono le hit della Curva. Ovunque vedo gente con i colori sociali. Il bel tempo riempie la terrazza dove una comunità intera si ritrova attorno al proprio gonfalone che la squadra rappresenta. Proseguo verso la piazza dove c’è il Duomo, intorno al quale c’è una specie di sagra popolare giallorossa. Diversi locali hanno allestito tavoli e propongono cibo e le immancabile birre per riscaldare l’atmosfera. Hanno anche pensato ad un musicista che riprende le canzone della tifoseria. Ci sono 500 persone, una sorta di anti-fanzone, un assembramento spontaneo senza forzature istituzionali. Un ritrovo popolare nel vero senso del termine in cui si può immaginare San Flaviano vigilare con un sorriso sulle labbra.

Ritrovo l’amico e collega di Sport People Simone con il quale, dopo una fugace quanto meritata pausa pranzo, raggiungo lo stadio. Mi sembra strano andarci così presto, ma è vero che parliamo pur sempre di un derby e difatti le sirene della polizia avvisano che l’aria è già calda. Sembra ci sia stato un cordiale scambio di opinioni tra le tifoserie ma al di là di questo, in zona stadio ci sono un sacco di persone a legittimare a prescindere la nostra scelta. Anche se la partita inizia tra sessanta minuti, in molti guadagnano l’ingresso prima del tempo. All’esterno l’attesa si consuma fra canti e fumogeni mentre si nota sullo sfondo la classica bancarella che permette al tifoso occasionale di munirsi di un accessorio giallorosso ad un prezzo abbordabile.

Ovviamente c’è il tutto esaurito. Oggi è la “Giornata giallorossa”, non sono cioè validi gli abbonamenti, una pratica ridicola ai miei occhi di straniero che credo esista solo in Italia, ma almeno il prezzo dei biglietti è rimasto popolare: 5 € la curva e 15 € i distinti, poi bisogna aggiungere che l’ingresso è gratis per gli under 14, iniziativa davvero lodevole. Per ritirare l’accredito dobbiamo fare il giro dello stadio ed andare verso il settore ospite. Ci sono diversi posti di blocco che però non sono serviti a impedire un contatto tra le frange più accese. Mettiamo piede sul manto erboso e mi vengono in mente solo due cose: che bellezza e che storia! Altro che Allianz Stadium o qualsiasi altro centro commerciale/sportivo moderno frutto dell’industria calcistica. Qua è stata scritta tutta la storia del sodalizio giallorosso, fin dal 1924, stesso anno della sua fondazione.

Ma facendo un passo indietro, a Giulianova si giocava a calcio già dal 1920 al Campo della Fiera prima che, nel 1923, iniziassero i lavori per sistemare questo luogo, edificando un muro di due metri attorno al campo di terra battuta. Non c’erano spalti solo un tappeto di brecciolino dove stazionavano gli spettatori di allora. Durante il ventennio questo prese il nome di Castrum, l’antica denominazione della città, per poi nel dopoguerra adottare il più classico titolo di Stadio Comunale. Nel 1951, due anni dopo la tragedia di Superga che scosse tutta l’Italia, si scelse di ricordare uno dei tanti giocatori scomparsi in quell’incidente aereo intitolando lo stadio a Rubens Fadini. La curiosità è che per determinare il prescelto ci si affidò ad un sorteggio e dall’urna saltò fuori uno dei nomi meno famosi, il giovanissimo Fadini appunto, 21 anni e appena dieci presenze con la maglia del Grande Torino.

Nel 1954 venne costruita la tribuna centrale. Negli anni sessanta fu coperta la sua parte centrale e accanto furono edificati altri due settori. Bisogna aspettare il 1972 per vedere i distinti. Invece nel 1985 fu buttata giù la vecchia tribuna, rimpiazzata da una totalmente coperta nel 1986. La costruzione della Curva Ovest avviene invece solo nel 1994. Fino a quel momento, la tifoseria organizzata prendeva posto nei distinti. Infine, nel 1996 viene costruito un pezzo di gradinata di fronte, destinato a diventare il settore ospiti, ma attualmente è purtroppo inagibile da anni.

Comunque poche società possono vantarsi di aver giocato sin dall’inizio della loro storia sullo stesso campo, Giulianova sicuramente è fra queste, avendo visto sfilare su questo terreno tutte le sue rappresentative cittadine da un secolo a questa parte. Bisogna aspettare il 7 dicembre 1924 per vedervi le gesta della Società Sportiva Giuliese fondata da Alfonso Migliori, figlio di una ricca famiglia locale (che diventerà poi anche il sindaco della città) e da Italo Foschi (militante nazionalista prima e poi del Partito Nazionale Fascista), sportivo di origine abruzzese curiosamente anche all’origine della nascita della Sambenedettese nel 1923 e della Roma nel 1927.

All’inizio la compagine giuliese disputa solo incontri amichevoli con una maglia bianca ed azzurra. Nel 1926 la neonata società prende parte al suo primo torneo federale, nella terza divisione abruzzese. Nel 1929 il sodalizio cambia nome e diventa Società Sportiva Pro Italia giocando con una maglia azzurra mentre nel 1936 è la costituente Società Polisportiva Castrum ad assumere per prima il giallo ed il rosso come colori sociali. A fine stagione 1938/39 viene promossa in serie C per la prima volta, assumendo l’anno dopo la denominazione di Associazione Sportiva Giulianova.

Dopo la pausa bellica, l’evento più rumoroso nelle cronache calcistiche locali è nel derby contro la Fermana del 1947/48. Succede il finimondo, invasione di campo con il bis offerto due mesi dopo, sempre in casa con l’Avezzano, con l’arbitro inseguito e picchiato dopo la sconfitta dell’undici giuliese. Il club si ritira ma il 6 ottobre 1948 viene fondata la Freccia d’oro, che deve il suo nome al bus che trasporta la squadra. Nel 1951 torna il Giulianova, Società Polisportiva Giulianova per l’esattezza, promossa in serie D nel 1961 e dieci anni dopo nei professionisti. In quella squadra c’è un certo Renato Curi, diciottene, proveniente dalle giovanili. La stagione 1972/73 vede invece i giallorossi sfiorare la serie B con il mitico Giovan Battista Fabbri con lo stadio Rubens Fadini spesso pieno che registra il suo record nel derby con la Sambenedettese dell’11 novembre 1973 con 8.365 paganti sugli spalti.

La serie C sembra la giusta dimensione del club giuliese che rimane in questa categoria per quasi quattro decenni, tranne una piccola parentesi in serie D. Nel 1979 altra nuova denominazione che porta fortuna al Giulianova Calcio promosso in Serie C1 alla fine della stagione 1979/80. Gli anni novanta sono un’altalena di emozioni per la compagine retrocessa in serie D nel 1992, dove resta fino al 1994, poi la doppia promozione che la porta di nuovo in C1, dopo avere vinto la finale playoff allo stadio Zaccheria di Foggia contro l’Albanova, con 4.000 tifosi giallorossi al seguito. Meno fortunati i due playoff del 1997 e del 1999 in cui il sogno Serie B si infrange in semifinale.

Con l’approdo al nuovo millennio, il Giulianova prosegue il suo cammino tra C1 e C2 fino al 30 giugno 2012 quando la società fallisce per problemi finanziari dando poi vita all’ASD Città di Giulianova 1924 che parte dell’Eccellenza. Stesso copione che si ripete quattro anni più tardi con un nuovo fallimento e ripartenza dalla Promozione dell’ASD Real Giulianova. Nonostante due promozioni consecutive che riportano i giallorossi in serie D nel 2018, tre anni dopo il contestato presidente trasferisce il titolo del Real Giulianova a Nereto, nasce così l’ASD Giulianova che si iscrive al campionato di Eccellenza. Ultima sospirata tappa il 26 luglio del 2023, quando vengono acquistati logo e nome storico Giulianova Calcio a cui aggiungono il suffisso 1924, anno di fondazione della prima società calcistica giuliese.

Questa stagione vede i giallorossi al secondo posto del campionato di Eccellenza, a otto punti dal Teramo in testa alla classifica, ingredienti che mettono ancora più sale a questo derby. C’è ovviamente il tutto esaurito. I biglietti sono stati polverizzati in poche ore anche perché ci sono solo tre settori aperti: la tribuna coperta, dove non entra più neanche uno spillo già a quaranta minuti dall’inizio così come in curva ovest. I distinti son parzialmente chiusi, quasi la metà accoglie il contingente ospite a cui sono stati destinati 675 biglietti, cioè il 35% dei 2.300 in vendita anche se, ad occhio, sembra che si siano molti più spettatori, verosimilmente intorno ai 3.000, oltre qualche centinaio di portoghesi in più.

Nel settore ospite ci sono tutte le pezze della tifoseria teramana, la curva locale è ugualmente pronta ma con un assetto diverso, uno striscione lungo con un motto classico ma sempre d’impatto: “Lotta per la maglia, vinci per gli ultrà”.

Appena le squadre entrano in campo per il riscaldamento comincia il tifo, sia del settore ospite che dalla curva giuliese. Spettacolo puro! Si possono già notare diverse torce, una buttata anche in campo dagli ultras del diavolo. Dimenticate i vari steward, le uniche pettorine solo quelle dei fotografi in campo. Qua è una partita di Eccellenza e il servizio d’ordine è molto discreto e ben venga cosi. Questo non significa che gli occhi elettronici della questura non siano attivi, ma diciamo almeno che la forza pubblica non si nota in maniera così invadente come in altri impianti dove talvolta finisce anche per costituire una provocazione ulteriore non richiesta.

Il settore ospite è anch’esso gremito e diviso in due spicchi, uno con i tifosi più calmi, all’angolo della vecchia curva est, mentre nel settore più centrale si notano i più attivi ultras biancorossi. Ci sono tre gruppi: 16 gradoni, Teramo Zezza e 15 Luglio 1913. Le loro pezze sono in posizione centrale. Accanto a queste si vedono stendardi di club. È secondo me una scelta vincente per dare colore ed anche per fare vedere che la tifoseria è diversa, con anime forse meno esaltate ma non per questo meno appassionate. L’ultras lo vedo sempre come la punta di diamante della tifoseria, è necessario però anche considerare le altre anime, che danno quel lustro particolare a questo metaforico gioiello.

La curva locale è come detto gremita e sopra lo striscione grande si notano due pezze, una del Vecchio Stile e l’altra degli Ultras 1924. Sul lato si può notare lo striscione con la scritta CUG 1979, cioè i veterani del tifo giallorosso, il primo gruppo a cambiare il modo di sostenere il Giulianova. Fino a quell’anno c’erano solo club, il più famoso era quello dei Fedelissimi, nome che si ritrova nella metà degli stadi italiani dal tempo. La nascita del Commando Ultrà è una svolta. Prendono posto nei distinti e provano ad imitare quello che vedono nelle curve metropolitane. Lo si nota col primo bandierone coprisettore raffigurante un puffo con maglietta e bandiera giallorossa. Gli anni ’80 son particolari perché il CUG e il tifo proseguono con un gruppo misto di giovani e di più vecchi nei distinti, sotto lo striscione del Club Giallorosso Franco Tancredi. Non mancano i palloncini, le torce, le bandiere. Nonostante la dicitura da club, portano diversi striscioni su cui si notano anche le parole Commandos Ultras e certe volte uno striscione più piccolo con la scritta Ultrà. Il CUG c’è sempre e rimane attivo nei distinti fino al 1992.

Nel 1989 arriva un’altra svolta, nascono Brigate Giallorosse e Skins. Denominazioni nuove nella città giugliese ma in tutta Italia è un fermento di iniziative e si notano sigle diverse ovunque. Le curve metropolitane fanno scuola e la sezione Giulianova delle BRN permette ad alcuni ragazzi di vedere all’opera la sud milanista e trarne spunto. Si ritrovano inizialmente nel settore distinti poi nella vecchia Curva Ovest che al tempo è composta di quattro gradoni di cemento. Mega striscione di plastica per le BGR, più piccolo, di stoffa e su sfondo blu quelli dei Skins: Alcuni di loro sono interisti e riprendo il nome e l’ascia bipenne del famoso gruppo della Curva Nord meneghina. Cambia tutto? Sì e no, ma una cosa è sicura, si può dire che la curva giallorossa nasca veramente nell’ultimo decennio del secolo. Gli anni ’90 vedono altri gruppi appoggiare il duo BGR-Skins, che formalmente non sono gruppi veri e propri come possiamo intenderli oggi, ma più le anime oltranziste della tifoseria. Gli ultras giuliesi si trasferiscono un’ultima volta nei distinti, per via della (ri)costruzione della Curva Ovest mentre il 25 settembre 1994, per una partita di serie C2 contro il Livorno, viene inaugurata la nuova casa del tifo.

In appoggio alle Brigate Giallorosse si notano i Boys ed il Fronte del Porto, seguono altri gruppi come il Reparto Neuro ed i Li Lip’ che diventano dei punti di riferimento. Emergono ulteriori sigle come Fedayn, Blasco, Gruppo Etilico, Torcida e Cervelli Konfusi. Nel 1998 c’è la costituzione di un gruppo unico con un megastriscione: Ultras Giulianova. L’avventura durerà purtroppo solo qualche anno, finendo nel 2002 quando Pirates e Colletivo Blasco prendono le redini della Ovest per tenere viva la fiamma. Nel 2007 si sciolgono i Pirates a seguito di una repressione altissima in un po’ tutto lo Stivale. Un altro progetto unitario viene creato nel 2008 con Curva Ovest Giulianova 1924, che si riconosce anche dietro la pezza Ultras 1924 con lo stemma della città. Nel 2017 però un manipolo di ragazzi più anziani decide di uscirne e di riunirsi dietro lo stendardo Vecchio Stile. Da qui in poi quelli rimasti nel progetto Curva Ovest, si riconoscono nella sigla Ultras 1924.

Al giorno d’oggi sono le due anime del tifo giallorosso. Bisogna comunque dire che queste due entità hanno sempre seguito il Giulianova, nel punto più basso della sua storia calcistica e nonostante una repressione pesante, a costo di ritrovarsi in 30 nella Ovest nei periodi più duri. Vedere la curva piena in quest’occasione è il miglior premio per il loro lavoro di questi anni, merito non solo del buon momento della squadra ma anche di chi ci ha sempre creduto. Tanto di capello a chi ha portato avanti la barca nonostante i venti contrari e che sono quelli che, più di tutti, possono godere dell’atmosfera di un derby in un tale contesto.

Quando i giocatori tornano nello spogliatoio si capisce subito che aria tira. È la partita della stagione e tutti la vogliono vincere. Specie le due tifoserie organizzate che hanno spronato e sostenuto i loro beniamini già durante l’intero riscaldamento, una cosa che non vedevo da tempo immemore. Son quasi le 15.00 quando le squadre entrano definitivamente in campo sotto un bel sole. La curva di casa propone dei fumogeni gialli e rossi sui lati, quel nuovo tipo di fumogeno che in pochi secondi sparano in alto un fumo che altrettanto velocemente sparisce. Non mi convincono per niente, a dirla tutta: molto più bella la classica torciata a tutta curva che segue a stretto giro. Gli ospiti non propongono niente di particolare, tranne qualche bandiera ed una torcia che finisce sul manto verde ma qualche minuto dopo, sfoggiano una bellissima sciarpata biancorossa, un classico del panorama ultras italiano sempre gradito. Nell’era dell’omologazione e del total black, vedere questo mai banale retaggio del passato è più che apprezzato. Dovrebbe essere la norma in tutte le curve.

Il tifo inizia bene nel settore ospite, ma devo dire che concentrarmi è difficile, perché non c’è posto per i fotografi nella catino che è lo stadio Fadini. Tra gli spalti e la linea del bordo campo non c’è nemmeno un metro. Alle spalle ho la tribuna che è gremita all’inverosimile, con gente che sputa e insulta i giocatori ospiti: non so proprio come il mister del Teramo sia riuscito a rimanere calmo nonostante questa ostilissima accoglienza. Bisogna anche aggiungere che nessuno resta seduto in tribuna, tutti in piedi non solo per provare a vedere la partita ma come segno di partecipazione emotiva. La Curva Ovest ci mette un po’ per fare salire i decibel, ma ci riesce eccome. Ha un solo lanciacori ma ci son altri ragazzi sulla ringhiera a coordinare il tifo con lui. Con tutti gli immancabili occasionali convenuti in una partita del genere, si intuisce che ai lati la partecipazione è meno forte, ma compensa la tribuna che spesso riprende e accompagna i ritmi della curva, con persino un ragazzo che si presta a far da lanciacori, di tanto in tanto.

La partita è un vero derby, i padroni di casa sono obbligati a vincere tenere vive le speranze di promozione diretta. Al ventesimo proprio il Giulianova si porta in vantaggio per la gioia della sua tifoseria che esplode in un boato liberatorio. Sul campo il Teramo è meno incisivo, il primo tempo si conclude con il vantaggio giallorosso ma con le due sponde che hanno entrambe cantato a squarciagola, senza risparmiarsi. La pausa permette loro di riprendere fiato per tentare poi essere ancora più rabbiose nel secondo tempo. Il tifo riprende invece su ritmi leggermente più bassi, questo perché la partita è davvero sentita e questo è il bello di un paese dove anche il calcio è amato, non è solo uno specchio in cui ammirare i propri muscoli o il proprio robotico sostegno, quasi senza emozioni.

Bello è anche vedere diverse torce e fumogeni accesi durante tutta la partita. Prevalentemente dal lato della Ovest ma anche il settore ospite ogni tanto ne fa uso. Nel secondo tempo viene esposto un vecchio vessillo di un gruppo giallorosso nel settore ospite che poi sarà bruciato. Sul campo il Giulianova sembra credere di più in questa vittoria, ma il settore ospite ha saputo alzare i decibel nonostante la vittoria andasse sempre più attestandosi sulla parte opposta, grazie anche alla Ovest che ha sempre aiutato la propria squadra a mantenere la tensione agonistica e il risultato con un tifo veramente bello.

Quando l’arbitro fischia la fine della partita, la tribuna e la curva Ovest esplodono. Un urlo liberatorio che si percepisce come tale anche dal campo. Il derby è così sentito che anche i giocatori giuliesi corrono sotto la curva e recuperano fumogeni gialli e rossi per festeggiare. Immagine stupenda che fa capire quanto sia necessario legalizzare la pirotecnica negli stadi. La compagine teramana va a sua volta a salutare i propri tifosi mentre tutto il Giulianova, squadra e staff, vanno a cantare e salutare la tribuna e la Curva Ovest. Il popolo giallorosso ha vinto non solo una partita importante per la classifica per provare a tornare in serie D, ma ha vinto soprattutto il suo derby più sentito di sempre. Degli spalti non posso dire proprio niente: le due tifoserie hanno fatto onore a questa partita, l’unica cosa che mi è mancata – se mi posso permettere una piccola critica – è l’assenza di striscioni, soprattutto in una partita che non si giocava al Fadini da 17 anni, con gli argomenti di sfottò che non mancavano.

È un piccolo dettaglio, nonostante tutto la mia scelta è stata ampiamente ripagata: valeva assolutamente la pena fare centinaia di chilometri per vedere questo incontro particolare. Credo sempre di più che il movimento ultras nelle serie minori sia più genuino, più autentico e restituisca una grande ritorno d’immagine a questi campionati. Altro che serie A, con le televisioni che l’hanno trasformata in un’industria del tempo libero e creato un prodotto di marketing per potenziali clienti nel mondo, senza più spazio per la passione dei tifosi. Qua invece tutto “puzza” di calcio vecchio stampo, basta solo andare nello spogliatoio e negli uffici del Giulianova calcio per capirlo. È tempo per me di lasciare la città abruzzese, proprio mentre cala il buio. Esco dello stadio e noto un fuoco d’artificio improvvisato con cui congedarmi. Questo 4 febbraio rimarrà sicuramente nella mente della tifoseria locale, dimostrando che il pallone sia ancora capace di far sognare migliaia di persone, perfino nelle categorie più basse. Un altro calcio è ancora possibile? Forse sì!

Testo di Sébastien Louis
Foto di Sébastien Louis e Simone Meloni