Ore 18:30 di una freddissima domenica di dicembre. I lampioni del Guido Angelini sono accesi, la gente intorno a me freme, il tempo passa tra abbracci, “ben rivisti” e tante birre. L’atmosfera è quella che si vivrebbe prima di ogni buon match di cartello che si rispetti, e invece. Invece no, nessuna squadra scenderà in campo, non ci saranno casacche da sostenere ma solo un viscerale amore, incredibilmente radicato da esternare.

Hanno “ammazzato” il calcio a Chieti, ancora una volta. Di nuovo, avventurieri di fortuna, sciacalli di professione hanno fatto di tutto per provare a spegnere una passione, infangando il glorioso nome della Chieti Calcio, solo ed esclusivamente in nome dei propri interessi. Forse ci sono riusciti, o forse no, perché certe cose non puoi “ucciderle”.

E così non è stato un triste e mesto funerale ma una vera e propria festa, una spettacolare dimostrazione d’amore.

Ore 19:22 (con richiamo all’anno di fondazione, 1922 appunto) la curva Volpi e tutto il popolo teatino si esibiscono in una splendida coreografia con richiamo al simbolo, al nome, e alla data di fondazione. Tutto intorno decine di torce a colorare la curva Volpi illuminata a festa come nelle serate migliori del passato.

Cori, battimani bandieroni e torce, sciarpate e giù lacrime ed incredulità. La gente sembra non voler andare più via, non voler mollare la presa su un qualcosa che per troppo tempo gli era stato sottratto.

Una bella dimostrazione di quanto viscerale sia la passione che la Città di Chieti prova per la sua squadra. Un sentimento che va al di là dell’aspetto calcistico, oltre ogni successo (pochissimi tra l’altro). Un amore fortemente identitario, spesso tramandato di padre in figlio, che unisce la parte alta e quella nuova della città.

L’augurio di tutti, dunque è, che il prima possibile i lampioni dell’Angelini possano tornare ad accendersi per illuminare nuovamente le casacche Neroverdi protagoniste su un prato verde.

Marco Santovito.