Alla fine arriva l’ufficialità, era già nell’aria da settimane in realtà: non si gioca. Con amarezza nella giornata di giovedì leggo il comunicato della Lega Calcio, la partita alla quale quella domenica avrei dovuto assistere in quel gioiello di stadio che è il Braglia non verrà disputata: il Modena è escluso dal campionato, un pezzo di storia del calcio italiano sta per sprofondare nell’oblio, non è il primo e ho il fondato timore che non sarà, ahinoi, l’ultimo.

I miei pensieri non possono che condurmi rapidamente a Modena, e alla sofferenza di una città intera, di una comunità, delusa, derubata (solo per il momento mi auguro) di un patrimonio ultracentenario; e a chi in un pomeriggio di fine Ottobre ha avuto la certezza di non avere più un impiego e ai tifosi tutti, sicuro però del fatto che sapranno rialzarsi e che indipendentemente dalla categoria seguiranno quella maglia, quei colori, e questo non può che strapparmi un sorriso.

Tornato alla realtà, in modo piuttosto brusco realizzo che quello che mi si prospetta è un comodo e rilassante weekend senza calcio dal vivo, senza stadio, senza cori, senza pioggia né vento in faccia… no non fa per me.

La voglia di football dal vivo è tanta, troppa, bisogna trovare una soluzione, scopro così che il monday night di Serie A sarà una delle sfide più iconiche e rappresentative del nostro calcio, Hellas Verona-Inter, un’occasione da non perdere, troppi gli stimoli e la curiosità nel vedere due grandi tifoserie a confronto.

Nella serata di domenica acquisto quindi con la mia controparte, due tagliandi a ottimo prezzo per il parterre dello stadio veronese: è fatta, anche questa volta riuscirò ad evitare la monotonia della vita del tifoso da salotto.

È la mia prima volta al Bentegodi e dopo qualche intoppo ai tornelli riesco a prendere posto esattamente al fischio di inizio: la cornice di pubblico è d’altri tempi, più di ventottomila anime affollano le gradinate dello storico impianto, lasciando veramente pochi spazi vuoti. I presupposti per una grande serata, in campo e fuori, ci sono tutti.

Curva veronese ovviamente strapiena, la rivalità con i meneghini è sentita e si sa, poco importa se gli scaligeri in classifica navigano in acque poco tranquille e il bel gioco latiti, c’è da vincere la sfida del tifo.

Numeri importanti anche da parte degli ultras neroazzurri, che si presenteranno in quasi tremila unità a coronare un ottimo e forse, per i meno previdenti, inatteso inizio di stagione da parte del Biscione, che staziona stabilmente nelle zone nobili della graduatoria grazie a un centrocampo di livello assoluto, che giostra e viene fatto giostrare dal “cerebro” Borja Valero, che risulterà decisivo pure nella notte veronese.

Il match è di buona intensità come il tifo, costanti e molto incisivi da ambo le parti i cori secchi, non mancheranno nel corso dei novanta minuti le occasioni per gli scambi di “convenevoli”. I gialloblù tengono bene il campo mettendo in difficoltà la creatura “spallettiana” che non riesce ad incidere, ad aumentare i decibel del Bentegodi ci penserà, dopo qualche minuto dall’inizio, anche un tamburo nel settore ospite, che avrà il merito di scandire il ritmo del tifo milanese ma che in alcuni tratti lo sovrasterà.

Prima dello scoccare della mezz’ora, mi godo letteralmente quello che da sempre reputo uno dei migliori “cori” che si possano udire, cioè il riadattamento a tinte gialloblù dello storico pezzo di John Denver: “Take Me Home, Country Roads”.

Vengo attraversato da un brivido, e il frastuono è davvero notevole, con buona parte dei presenti, compreso il sottoscritto, che lo canta a squarciagola, se in video è emozionante dal vivo ti fa desiderare che non finisca più.

Al 36’ anche il campo regala il primo sussulto, con il vantaggio interista su inserimento dello splendido Borja Valero: curva ospite in delirio e partita in discesa, almeno all’apparenza. Gol che fa esultare però anche qualche centinaia di interisti sparsi nei settori destinati ai tifosi di casa, con ovvi attimi di tensione, tensione che si avvertirà fino al fischio finale.

Alla ripresa delle ostilità l’incitamento si mantiene su buoni livelli, seppur con una varietà di cori non esaltante né da parte veronese né da parte interista, ma comunque apprezzabile, fino a quando, uno stranamente poco sicuro Handanovic travolge in uscita un furbo Cerci: ci vorranno degli interminabili minuti per confermare ciò che a tutti (terna arbitrale esclusa) era apparso piuttosto netto. Lo stadio freme, il VAR emette la sentenza: è rigore, dagli undici metri il neoentrato Pazzini sigla il più classico dei gol dell’ex, 1-1 e Bentegodi frana, volano bicchieri, è una bolgia.

Il clima si scalda, sia in campo che sugli spalti, l’Inter però non si scompone, assorbe l’urto e ricomincia a giocare palla a terra, senza frenesia. Infatti, meno di dieci giri di lancette dopo, è di nuovo avanti grazie al gran destro dal limite di Perisic. Nuovo vantaggio ospite, nuova esultanza in curva e non, nuove tensioni, ma tutto nella norma: è pur sempre Hellas-Inter.

Risultato che non cambierà per i restanti ventitre minuti di gioco, pronostico rispettato, sia in campo che sugli spalti, Curva Nord che chiama i ragazzi sotto il settore a loro dedicato: è una buona Inter e gli ultras apprezzano.

Dall’altra parte del campo situazione diametralmente opposta con i Butei che espongono un eloquente quanto prevedibile striscione recitante: “Pecchia vattene”; il catino veronese si svuota rapidamente e dopo qualche foto di rito mi allontano più che soddisfatto, convinto del fatto che poche formazioni in Italia possano contare su tifoserie di questa caratura, tifoserie che senza dubbio accompagneranno i loro giocatori agli obiettivi prefissati, scudetto o salvezza che sia.

Mentre mi perdo fra le vie adiacenti allo stadio, mi ritengo fortunato, sono sazio, era ciò di cui avevo voglia, Voglia di calcio, voglia di Serie A.

Testo di Nicolò Palmiotta.
Foto di Matteo Papini, Fototifo.it