Arrivo sul tardo nella sede degli Allentati, verso le 14, ma dopo avermi salutato e contemporaneamente messo una birra in mano, la prima domanda che mi fanno è se ho già mangiato.
Sì, perché da queste parti usa così, è il loro modo per farti capire che ci tengono a te, preoccupandosi che tu non rimanga a stomaco vuoto.
Infatti, alla mia risposta affermativa, cioè che sì, ho già pranzato e sono a posto così, mi ritrovo con un piatto di orecchiette e “brasciole” sotto il naso ed un’altra domanda: dopo, gradisco anche delle polpette? Appunto.
Accetto volentieri, anche perché, diciamocela tutta, sfido chiunque sia mai venuto in Puglia almeno una volta a rinunciare ad un piatto di orecchiette con le “brasciole”.
E mentre consumo il mio secondo pranzo della giornata, scopro che questo fine settimana a Fasano ci sono degli ospiti speciali, arrivati da lontano, addirittura dal sud della Francia.
Si tratta dei ragazzi dei Gladiators del Nimes, ultras dell’omonima squadra di calcio che milita nella serie B francese, invitati a Fasano per la festa anti-razzista organizzata dagli Allentati.
A prima vista, mi sembrano abbastanza provati da questa due giorni di bagordi fasanesi, ma con una luce di allegria negli occhi da cui si capisce chiaramente che, malgrado la stanchezza cominci ormai a farsi sentire, hanno ancora energie da spendere e tanta voglia di godersi fino all’ultimo secondo l’ospitalità fasanese.
Tra un boccone e l’altro si susseguono i saluti e gli abbracci con tutti i ragazzi e le ragazze che conosco, così come si susseguono le birre che mi ritrovo in mano.
L’ora della partita si avvicina e così, come da tradizione, non appena arrivano anche tutti i ragazzi della Fasano Ultras, ci si raggruppa e si sfila tutti insieme in corteo per le strade che separano la sede degli Allentati dallo stadio.
Un corteo allegro, rumoroso e colorato di bianco e azzurro, a cui la gente che abita nelle case intorno sembra essere abituata e ben disposta, visto che sono in diversi ad affacciarsi ai balconi per gridare un saluto oppure un “Forza Fasano!” .
Il tempo di entrare in curva, di proseguire con i saluti a tutti quei ragazzi e ragazze che non avevo ancora incontrato fuori e, per un attimo, decido di mettermi in disparte.
Giusto il tempo di guardarmi intorno, godermi la bellezza dei murales che sono presenti in Curva Sud ed il clima di festa che si respira in questo angolo di mondo dove, tra i gradoni di cemento e la baita in legno che funge da bar, più tipica dell’Alto Adige che non della Valle d’Itria, è tutto un viavai di ragazzi e ragazze che indossano i colori sociali, che sia una sciarpa, una maglietta o una felpa biancoazzurra.
C’è gente di tutte le età, qui in Curva Sud.
I padri con i figli, alcuni davvero molto piccoli che assisteranno alla partita stando in braccio ai genitori o dormendo nei passeggini, gli amici del bar, i compagni di scuola, i colleghi di lavoro, i fidanzati, i quarantenni e i tredicenni.
E mi ritrovo a pensare che, in trent’anni che giro gli stadi, dovrei ormai essermi abituato a quell’atmosfera speciale che si respira in curva, anzi dovrei addirittura esserne talmente assuefatto da non accorgermene nemmeno più.
Invece, non so perché, stare qui oggi mi rimanda indietro nel tempo, ai miei primi anni di stadio, quando da ragazzino mi emozionavo ancora prima di entrare in curva.
Una bella sensazione, di leggerezza, che per due ore e poco più riesce a farmi vivere senza pensieri e preoccupazioni, prima di tornare alla realtà di tutti i giorni.
E forse, in fondo, è proprio questo il bello del calcio, che ce lo fa amare così tanto, al punto da non riuscire a capire come caspita si fa a farne a meno.
Come si possa preferire una partita alla tv alle sensazioni che si provano allo stadio.
Quel luogo che, in fondo, ci anestetizza dalle brutture del mondo e dalle storture della vita quotidiana.
Che ci lascia sospesi per qualche ora in una sorta di bolla di felicità e spensieratezza che riesce, seppure per poco, a farci ritornare bambini.
Ma forse, proprio per questo, è sempre meglio non abusarne.
Il rischio è quello di finire per dissociarsi dalla realtà e non riuscire più a vedere cosa veramente ci succede intorno, cosa ci vogliono fare e fin dove ci vorrebbero far arrivare.
Malgrado tutti questi pensieri (in birra veritas!), il mio momento di estraniamento dura davvero poco e ben presto i saluti e gli abbracci riprendono a susseguirsi, così come le birre fresche che rallegrano il pomeriggio.
I gruppi ultras, Allentati e Fasano Ultras, si compattano al centro della curva. Dietro gli striscioni, si accendono i fumogeni colorati e cala il telone realizzato per celebrare le giornate anti-razziste “made in Allentati”, a sottolineare una delle caratteristiche principali della Curva Sud Fasanese, quella che da sempre li contraddistingue rispetto alla stragrande maggioranza delle curve pugliesi.
Comincia la partita, le braccia si alzano al cielo, i cori della curva si levano alti tra le colline della vicina Selva, le bandiere sventolano fiere e le birre continuano ad arrivare copiose per rinfrescare le gole messe a dura prova dal sostegno continuo ed incessante della Curva Sud.
In campo, lo spettacolo non è certo dei migliori, del resto siamo pur sempre in Promozione, dove il tasso tecnico è quello che è.
I cori si susseguono, incessanti, così come i battimani e, da questo punto di vista, sembra ancora di essere ai tempi della serie C.
Finalmente, gli assalti ripetuti alla porta del Castellaneta portano i biancazzurri di casa al tanto agognato goal, che oltre alla vittoria regala anche un bel po’ di buonumore e, soprattutto, una buona dose di ottimismo in previsione del big match della settimana successiva in casa del Brindisi.
Una partita sempre molto sentita da queste parti, contro i massimi esponenti di quella provincia che i Fasanesi da sempre rifiutano, a cui non sentono di appartenere.
Storicamente, culturalmente e linguisticamente legati all’antica Terra di Bari, piuttosto che ad un improbabile Alto Salento, ipotetica microregione che qualche politico si è inventato negli ultimi anni, nel tentativo di cavalcare l’onda lunga del fashion.
Finisce la partita, 1 a 0 per il Fasano, e dopo aver ricevuto la squadra sotto la curva per i saluti di rito, dopo aver rivolto pensieri e cori a quei ragazzi che vivono ogni giorno nei cuori degli ultras ed un boato di incoraggiamento per i diffidati, ci si rilassa un po’, in attesa che tutte le bandiere e gli striscioni vengano ripiegati e messi via.
Prima di ripartire tutti assieme alla volta della sede degli Allentati per i doverosi commenti post-partita, qualche altra birra in compagnia e gli immancabili “cicchetti” di Caffè Sport Borghetti, giunge la visita in curva di alcuni ex componenti storici degli Allentati, che assieme agli ultras più giovani si soffermano ad analizzare le prestazioni della squadra e della curva, oltre a fare un primo briefing in vista della prossima trasferta nel capoluogo brindisino.
Segno evidente che, a Fasano, il parere dei “vecchi” è non soltanto ascoltato e rispettato ma addirittura espressamente richiesto.
Ormai è sera e sarebbe ora di rientrare a casa.
Infatti, i ragazzi di Nimes riprendono la via di casa, non dopo interminabili e sofferti saluti. 1600 km. sono un bel pezzo di strada ma sono certo che il ricordo delle tante emozioni vissute in questi due giorni renderanno il loro viaggio un po’ meno pesante.
Ed in effetti, anche per me è giunta l’ora di andar via, solo che i ragazzi della Fasano Ultras non sono del mio stesso parere. È ora di cena, mi dicono, e non vorrai mica metterti in macchina senza aver mangiato qualcosa in sede.
L’ho detto. Da queste parti usa così. Quando ci tengono a qualcuno, non glielo dicono.
Semplicemente, lo mettono a tavola.
Testo di Giangiuseppe Gassi.
Foto di Uccio “Fasanboy” Laguardia.