In occasione della sfida di campionato tra la Lazio ed il Chievo Verona, la società biancoceleste ha deciso di lanciare un’iniziativa speciale dedicata al popolo cinese che, il 28 gennaio di quest’anno, festeggia il capodanno. Per celebrare questa festa, ed evidentemente per accattivarsi le simpatie e le attenzioni del mercato cinese che, da alcuni anni ormai, risulta particolarmente interessato al mondo del calcio, Lotito ha ritenuto di far accedere allo stadio Olimpico, in Tribuna Tevere, i tifosi e gli appassionati (ma anche i semplici curiosi), provenienti dalla Cina, alla modica cifra di cinque euro. Un’iniziativa lanciata in pompa magna, con tanto di conferenza stampa congiunta unitamente all’ambasciatore cinese in Italia.

Ma non tutto è andato come previsto.

Arrivo allo stadio un’oretta prima del fischio d’inizio e mi rendo conto, dall’enorme dispiegamento di forze tutto intorno all’impianto sportivo capitolino, che la sfida tra la Lazio ed il Chievo deve essere rientrata nel novero delle sfide ad alta pericolosità: non si spiegherebbero altrimenti tutti questi uomini in divisa schierati e bardati di tutto punto, le camionette delle forze dell’ordine vicino ad ogni varco di accesso, e addirittura i carabinieri a cavallo che perlustrano la zona circostante. E’ vero che a causa del mio lavoro sono lontano da Roma ormai da parecchio tempo, ma non avevo avuto modo di percepire, neanche lontanamente, l’accesa rivalità tra la tifoseria laziale e quella clivense, unico motivo che potrebbe giustificare, seppur parzialmente, tutti gli uomini in uniforme in servizio questa sera allo stadio.

Ad aumentare le mie perplessità sulla situazione generale di questa sera, ci sarebbe poi da raccontare il simpatico siparietto nel quale mi trovo coinvolto, mio malgrado, quando supero i tornelli della tribuna Tevere e vengo fermato per la seconda, accuratissima, perquisizione di rito prima di poter guadagnare finalmente gli spalti dello stadio. In questa occasione, infatti, lo steward preposto ai controlli, mi fa aprire la custodia della mia macchina fotografica per verificare cosa ci fosse al suo interno. Alla vista della mia Canon (una semplicissima macchina fotografica, senza obiettivo e senza accessori strani a corredo) fa una strana smorfia, e mugugna, quasi in maniera impercettibile: “non penso che questa possa entrare”. Gli chiedo il perché, visto che non è la prima volta che la porto con me allo stadio, e lui mi risponde, ermeticamente, “è troppo grossa”, per poi voltarsi e richiedere le attenzioni di due agenti in borghese alle sue spalle. Questi si avvicinano e cominciano a disquisire tra di loro, sulla falsariga del più classico “poliziotto buono e poliziotto cattivo”, sulle dimensioni della mia macchina fotografica. “In  effetti è grossa” fa il primo, “ma non poi così tanto; e poi non vedo il problema perché non possa entrare”, risponde il secondo. E vanno avanti così per diverso tempo, mentre io me li guardo incredulo e basito. Alla fine decidono di farmi passare (e ci mancherebbe altro, anche se al giorno d’oggi non mi stupirei più di nulla), ma lo fanno quasi con l’atteggiamento di chi mi sta concedendo un qualcosa che non potrei e non dovrei avere: con quello sguardo severo ma compassionevole, come a dire “va beh, per questa volta ti facciamo passare, ma giusto perché siamo buoni”.

E la serata era, sostanzialmente, appena iniziata.

Entrato finalmente in tribuna mi comincio a guardare intorno. La tanto auspicata (dai vertici societari della squadra capitolina) invasione cinese risulta essere l’ennesimo buco nell’acqua. Sono presenti diversi gruppetti di sostenitori con gli occhi a mandorla, alcuni dei quali vengono addirittura accompagnati ai propri posti dagli steward, manco fossimo a La Scala di Milano in occasione della “prima” della stagione lirica, ma tutto sommato lo stadio risulta vuoto, così come da molti mesi a questa parte, oramai.

A rendere il tutto ancora più ridicolo poi, ci sono i mega-schermi posizionati nella parte alta delle due curve, che, periodicamente, trasmettono un video con alcune scritte in cinese e con diversi giocatori della Lazio impegnati, molto faticosamente, a ripetere una frase in quella difficilissima lingua, evidentemente per fare gli auguri per il capodanno. Auguri che vengono poi replicati tramite uno striscione (sempre realizzato dalla società biancoazzurra) che fa il giro di campo prima della partita e che viene accolto dagli applausi del (poco) pubblico orientale presente questa sera e che, tra l’altro, per sottolineare il proprio entusiasmo in merito, sventola anche alcune bandierine rosse della Cina.

Personalmente, comunque, ritengo sia davvero assurdo il voler tentare di coccolare e di arruffianarsi a tutti i costi un popolo sostanzialmente così lontano, quando poi non si riesce neanche a tenersi vicini i sostenitori e i tifosi di sempre.

In tutti i casi, pochi minuti prima dell’inizio della partita, viene trasmesso anche un video per ricordare Giorgio Chinaglia, nato il 24 gennaio del 1947, accolto dagli applausi del pubblico presente. Dopo il consueto volo dell’aquila Olimpia e la lettura delle formazioni, le squadre fanno il loro ingresso in campo mentre l’altoparlante spara a tutto volume la canzone “So già du ore”, cantata da tutti i tifosi laziali. Ma proprio quando sta per iniziare l’ultima strofa della canzone, quella dedicata al “Maestro” (Tommaso Maestrelli, l’allenatore della Lazio nella stagione 1973/1974), viene interrotta bruscamente per dare spazio all’inno della Lega di Serie A: quella “O Generosa”, brano composto da Giovanni Allevi e che, bisogna dire sinceramente, non ha mai riscontrato i favori della stragrande maggioranza del pubblico negli stadi italiani. Oggi più che mai, poi, proprio a causa della brusca interruzione dell’inno precedente, viene subissato dai fischi dei sostenitori biancocelesti presenti questa sera sugli spalti dello Stadio Olimpico.

Infine, prima del fischio d’inizio, verrà osservato un minuto di silenzio in ricordo delle vittime di Rigopiano.

Nel settore ospiti, alla mia sinistra, sono presenti una quindicina di tifosi del Chievo Verona. Affiggono i propri drappi nella parte bassa del settore e provano a compattarsi subito dietro. Lanceranno qualche sporadico coro nel corso della partita ed effettueranno anche alcuni battimani, ma visto anche l’esiguo numero, si sentiranno davvero molto poco. Ad inizio partita intenderanno sottolineare il loro essere al fianco della squadra al di là dei risultati e della distanza da casa e, sul finire del match, sulle ali dell’entusiasmo, visto il risultato in campo a loro favore, riusciranno a farsi sentire maggiormente.

In Curva Nord invece, sono presenti i soliti due drappi “Diffidati vanto nostro” e “Questa curva non si divide”. Quest’ultimo però, a differenza delle ultime due partite della Lazio in casa, è affisso nello spicchio di curva vicino ai dintinti Nord-Est e dietro di esso si sistema un gruppetto di ultras laziali che sventolerà un paio di bei bandieroni e cercherà di coinvolgere anche la parte di curva con meno gente. Nell’altro spicchio invece, dove il numero di sostenitori è sicuramente maggiore, le bandiere, tra le quali spicca quella della Palestina, e i bandieroni sventolati nel corso della serata saranno davvero molti, e tutti di ottima fattura. Durante la partita verranno effettuate anche alcune discrete sciarpate e verranno lanciati alcuni cori contro le forze dell’ordine. L’apporto vocale, caratterizzato da numerosi cori a rispondere e battimani, risulta comunque continuo e costante, e spesso riuscirà anche a coinvolgere il resto dello stadio. Sul finire della partita, con l’incredibile svantaggio della propria compagine acquisito sul campo, partiranno anche alcuni cori contro il presidente Lotito.

Sul rettangolo di gioco la partita è davvero particolare. La squadra di casa domina, sostanzialmente, per tutta la durata della sfida, e solo la bravura dell’estremo difensore ospite, insieme ad alcuni difensori che erigono, di fatto, un muro davanti alla propria porta, consentono al Chievo di restare a galla. Sostanzialmente la Lazio, questa sera, al posto di trovare il muro giallo (cinese) sugli spalti, si è dovuta scontrare, invece, contro il muro giallo (clivense) in mezzo al campo. Il risultato poi assume i contorni di una vera e propria beffa quando, al novantesimo, mentre la squadra laziale è totalmente protesa in avanti alla ricerca del gol vittoria, è il Chievo a portarsi incredibilmente in vantaggio approfittando dello sbilanciamento offensivo degli avversari. Il gol scatena, ovviamente l’entusiasmo dei sostenitori veronesi giunti quest’oggi allo stadio Olimpico, mentre in Curva Nord partono numerosi cori di contestazione.

Al triplice fischio i giocatori del Chievo andranno a salutare e a ringraziare i propri sostenitori, che verranno omaggiati anche di una maglietta lanciata da uno dei calciatori del Chievo. Dalla parte opposta i calciatori laziali, dopo aver comunque ringraziato la tifoseria laziale per l’impegno profuso nel sostegno vocale, abbandoneranno il campo a testa bassa tra i fischi e i cori di disapprovazione.

Daniele Caroleo.