Trovandosi di fronte all’ignoranza conclamata e al più becero e meschino degli opportunismi, uno ha due possibilità: far finta di nulla e andare avanti, fermarsi e tentare di ricomporre le migliaia di cocci intellettualmente onesti che una menzogna ha creato. La prima opzione è, francamente, la più saggia. Almeno nella maggior parte dei casi. Eppure ci sono volte in cui qualcuno dovrà pur prendere scopa e raccoglitore, quanto meno per togliere di mezzo i cocci di cui sopra.

Non fosse bastata la triste faccenda di Fermo, ancora tutta da chiarire nella sua dinamica, all’indomani ciò che più ha turbato l’opinione pubblica italiana sono stati i racconti sulla vita di curva del presunto colpevole. La parola ultrà usata in ogni dove: solo ieri, sfogliando tutti i quotidiani italiani, l’avrò letta, senza esagerare, almeno cento volte. “L’ultrà della Fermana ha fatto”, “L’ultrà della Fermana che ha detto”. Un po’ come quando si parla di un mafioso e per rafforzarne il contorno spregevole si scrive “Il latitante Mattia Messina Denaro”. A chi fa informazione in questo Paese interessa più sottolineare un aspetto della vita privata del ragazzo coinvolto, che analizzare e cercare di approfondire la vicenda. Facendo addirittura passare in secondo piano la morte di un uomo, pur di fare dello sciacallaggio, mentire e parlare di cose e luoghi mai visti in vita propria. Ma questo già lo abbiamo approfondito ieri, inutile tornarci, anche se repetita juvant.

Sulla scorta di ciò, ovviamente, non poteva mancare la solita “inchiesta” fasulla sul mondo ultras. Stavolta è l’ineffabile Mattino di Napoli a salire sullo scranno dei saccenti patentati (http://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/curve_ostaggio_85_gruppi_xenofobia_credo_stadio-1844102.html), con delle banalità e delle vere e proprie stupidaggini che oltre a far inorridire, farebbero addirittura sorridere, se la faccenda non fosse sintomatica di come il mondo dell’informazione sia ridotto in Italia. È allucinante come a nessuno sia venuto in mente di alzare la manina e chiedersi, in tutta sincerità, in questa vicenda cosa c’entrino il calcio, le tifoserie e la storia del movimento ultras.

Eppure immagino la risposta: “Essendo un’accozzaglia di manigoldi cafoni, tendenti alla perversione e alla criminalità facile, questa è l’ennesima dimostrazione di come questo movimento vada cancellato dalla faccia della terra”. Off-topic: è chiaro che tutto ciò è abilmente orchestrato nelle redazioni, dove elefantiaci signorotti ordinano: “Dato che c’è ben poco di cui parlare, battiamo su questo, gonfiamo gli stereotipi e saremo sicuri che i pecoroni del web e della carta stampata ci seguiranno come i devoti fanno con Nostro Signore”.

Oggi voglio farmi male. E allora analizziamo le sibilline righe del quotidiano. Si comincia con un “Eppure, A. M. l’assassino dell’immigrato nigeriano, viene identificato dalla polizia come uno degli ultrà della Fermana, sottoposto al Daspo”. Ok, e quindi? Lor signori, quando parlano di Daspo, e peraltro lo fanno diffondendo in maniera inappropriata un dato sensibile, come del resto fanno mettendo il nome per intero, sanno almeno di cosa parlano e come funziona questa sanzione amministrativa? Ma soprattutto, quale ruolo recita una sanzione presa a margini di un evento sportivo in un delitto avvenuto in tutt’altro contesto? Volete rimarcare che i destinatari di tale interdizione siano le metastasi pronte a schizzare per riversare il loro cancro in tutto il Paese? Beh, sarebbe alquanto tendenzioso e riduttivo.

Andiamo avanti. Vengono presi come metro di giudizio i dati dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive. Organo, ricordiamo, che avrebbe solo ed esclusivamente un ruolo consultivo e che, nonostante sia a spese del contribuente, spesso e volentieri elargisce dati a dir poco mendaci (basta consultare l’approfondimento dell’avvocato Lorenzo Contucci http://www.asromaultras.org/osservatorionazionale.html), sciorinando numeri che suddividono i tifosi per credo politico. Come sia possibile fare una ricerca del genere resta misterioso. Così come misteriosa resta proprio la natura della stessa. Basterebbe capire minimamente cosa è il tifo e chi sono i tifosi, non solo gli ultras, per comprendere che spesso dietro presunti atteggiamenti di stampo politico c’è solo ed esclusivamente la voglia di contrapporsi all’avversario. Una sorta di messinscena, che si sposa perfettamente col fare guascone e da contrada che anima il mondo delle curve. Il senso d’appartenenza che le porta a essere composite da migliaia di persone, con credi politici differenti ed estrazioni sociali quasi sempre agli antipodi. Ma chiedere ai sommi dottori del Mattino, così come ai loro colleghi, di generare una simile riflessione, equivale probabilmente a pretendere l’acqua nel deserto. Tuttavia viene citata una frase, ripresa proprio dal Viminale, che paradossalmente basterebbe per smontare tutto l’articolo: “Tra i gruppi ultras politicizzati, solo alcuni antepongono l’ideologia al sostegno della propria squadra, mentre nella maggior parte dei casi l’elemento di coesione prevalente rimane la fede calcistica”. Esattamente il contrario e la smentita di quanto fin lì sostenuto.

Eppure la favoletta continua, guai ad abbandonare l’imperioso incedere dell’inettitudine. E spunta una sorta di Carboneria dei giorni d’oggi: “Sedici anni fa, in segreto si riunirono a Verona gruppi di ultras di quella città con quelli della Triestina, dell’Udinese, del Treviso, gli Irriducibili della Lazio e alcuni della Roma per creare un’unica sigla di intransigenti tifosi della Nazionale sul modello degli hooligans inglesi. L’episodio fu al centro di un’inchiesta della procura di Livorno perché, nelle intenzioni, l’iniziativa doveva mettere insieme adesioni politiche di estrema destra. La simbologia prese a prestito messaggi legati all’italianità pura, contrapposta ad una Nazionale multietnica in polemica con le convocazioni di Balotelli o Ledesma. Il gruppo riuscì a raggiungere 700 adesioni fino a scomparire poco più di un anno fa. Ma tra gli ultras nelle tifoserie di tutt’Italia prevale l’orientamento ideologico di destra”. Immaginiamo che l’estensore dell’articolo in quei giorni si trovasse all’ombra dell’Arena e, tra uno spritz e l’altro, abbia origliato i movimenti mazziniani delle tifoserie succitate. Se poi si fa riferimento a “Ultras Italia”, non è nemmeno del tutto corretto parlare di “gruppo” visto che la struttura era più che altro informale, una sorta di coordinamento fra chi, dalle varie città d’Italia, seguiva la Nazionale. C’erano tante altre realtà cittadine oltre a quelle menzionate, in molte la componente politica era davvero irrilevante, interessava più che altro seguire la Nazionale. In egual misura ed in estrema sintesi, il livello di conflittualità e di disordini posti in essere dagli “Ultras Italiana” è quantitativamente e qualitativamente irrilevante se paragonato a quanto avveniva in seno ai club. E last but not least, lo scioglimento non è certo avvenuto l’anno scorso.

Le storielle ovviamente non si placano qui. L’articolo continua con l’elenco di diversi esponenti di spicco delle tifoserie nostrane, di cui viene elencata la presunta appartenenza politica. Un infinito copia e incolla in cui non può non rientrare il Bocia, che Di Fiore colloca tra i più destrorsi d’Italia. A noi di entrare nel contesto politico interessa davvero poco, ma chiunque abbia mai messo piede in uno stadio italiano conosce abbastanza bene questa figura, e di certo non la collocherebbe a destra. Anzi, francamente, non sarebbe da collocare in nessuna posizione dell’arco costituzionale. La cosa triste è che nel copia e incolla che ha caratterizzato questo articolo, evidentemente il buon estensore non ha avuto neanche voglia di perdere cinque secondi in più su Google.

Ma il meglio deve ancora venire, come cantava Ligabue anni or sono. Dopo il classico reminder su quanto le curve siano razziste e su quanto l’Osservatorio abbia fornito dati precisi in base ai cori “che spesso si concludevano con il tipico «uh-uh» rivolto ai giocatori di colore” (poi qualcuno ci spieghi come si faccia a stilare un’analisi su un coro eseguito da migliaia di persone, con l’emozionalità dell’evento e con un orecchio non abituato alle curve, che spesso, come dimostrò la squalifica ai romanisti dopo il coro di San Siro “Rossoneri carabinieri” travisato per “Rossoneri squadra di neri”, scambia lucciole per lanterne ), arriva la suddivisione politica dei gruppi italiani. Presi a caso, nel mucchio. Senza un a vera logica.

Dopo aver fatto leva sul classico stereotipo secondo cui “i gruppi di ultras dalla più radicata ideologia razzistica di destra sono concentrati nel Triveneto e nel Friuli Venezia Giulia” finalmente apprendiamo che “anche regioni «rosse» come l’Emilia Romagna non sono estranee al fenomeno, come a Cesena con i Viking e la Weisschwarz Brigaden”. Se uno non avesse girato abbastanza lo Stivale e non conoscesse quasi caso per caso, rimarrebbe pure interdetto. Non si sa quali ricerche abbiano partorito questi dati, ma di sicuro un dubbio plausibile resta. Il nome Weisschwarz Brigaden, per radical chic vogliosi di vetrine ipocrite, richiama sicuramente il nazismo, il Terzo Reich e, perché no, l’invasione della Polonia. E invece, caro Di Fiore, sarebbe bastato un semplice click in più, al posto di consultare vecchi articoli nell’archivio del tuo giornale, per non scrivere una corbelleria. Conosci Walter Schachner? Spero di sì, altrimenti oltre che di tifosi, mi viene il dubbio che tu abbia difficoltà a parlare anche di calcio. I ragazzi della Curva Mare decisero di dare quel nome al gruppo, proprio in onore alle origini austriache dello storico centravanti cesenate degli anni ’80. Ah, se non lo sapessi, la Curva Mare non è uno stabilimento della riviera romagnola, ma il cuore del tifo bianconero.

L’articolo continua con un risibile nonsense minestraro: “A Perugia, Foggia e Carpi convivono invece gruppi di ideologie diverse. In questo magma fluido, si avvicendano anche alleanze e patti tra gruppi ultras di città diverse cementati da vicinanza ideologica”. Perugia, Foggia e Carpi. Ma perché? Voglio dire, c’è un senso nel prendere queste tre tifoserie? Un po’ come andare al ferramenta per comprare un trapano e chiedere una pizza, un’Aspirina e una busta da lettera. Complimenti per la grande visione introspettiva e antropologica della faccenda.

Del resto la chiosa è, di fatto, un’altra smentita a tutto l’articolo. E non viene da questo sito o dalla fanzine di una curva, bensì sempre dal Viminale. “Anche se l’affinità politica è alla base di molti gemellaggi, l’appartenenza alla stessa area politica non agisce normalmente da deterrente per gli scontri tra club rivali quando c’è una conflittualità campanilistica particolarmente radicata”. Quindi ci state dicendo che alla fine della fiera, neanche le violenze sono generate dalla contrapposizione politica? Ma allora, di cosa abbiamo parlato per tutte queste righe?

Il problema è proprio questo. Lo scrivere tanto per il dovere di farlo. Senza informarsi. Sparando a zero su un mondo che non si conosce, prendendo spunto da un episodio di cronaca nera. Il movimento ultras, come ogni cosa in questo mondo, ha le sue pecche e i suoi difetti, ma è ben altro da quello descritto da questa massa di scrittori e sociologi opportunisti e misconoscenti. Prima di scrivere e criticare qualcosa bisognerebbe viverla e conoscerla, almeno in misura minima. Invece, come sempre, ci si è limitati a demonizzarla e usarla come mostro da sbattere in prima pagina. Sputando sulla faccia di tutti quei ragazzi che da quarant’anni regalano all’Italia uno dei pochi contesti aggregativi liberi. E forse è proprio questo a far paura e a suscitare un senso di rivalsa nei Robespierre nostrani. Che in fondo, non aspettavano altro che i fatti di Fermo. Per sfregarsi le mani e riempire i loro giornali di bugie. E se questo avviene per argomenti fondamentalmente marginali, come il pallone e i tifosi, immaginate cosa può succedere per la politica e la cronaca di tutti i giorni.

Simone Meloni.