teramo_stemmaTRATTO DA “NON C’E’ FEDE SENZA LOTTA” N°23

Niente di nuovo, il solito brodo di perbenisti e specialisti del “buon vivere altrui”, pronti a puntare il dito sempre nel luogo indicato dall’alto e, come spesso accade, il luogo è il nostro mondo, quello delle nostre curve. In un paese come l’Italia, dove il 10% della popolazione detiene più della metà della ricchezza nazionale e il resto annaspa nella povertà, qui, nel “civilissimo” belpaese, dove chi viene a cercare un’esistenza migliore (se non crepa in mare) viene rinchiuso in recinti paragonabili a canili, qui dove i carcerati vivono in disumane condizioni, qui dove negli ospedali si muore a 18 anni per un’appendicite, qui dove nelle scuole pubbliche non ci sono neanche i soldi per comprare la carta per pulirsi il culo, qui dove si è costretti a scegliere fra un posto di lavoro o l’opportunità di avere un cancro grazie all’azienda che “crea” lavoro, qui dove si sotterrano rifiuti tossici nelle campagne davanti agli occhi di tutti, qui dove se sei sopravvissuto ad un terremoto nel 1980 vivi ancora in una baracca, qui dove se a uno sbirro gli girano i coglioni e ti uccide o, nella migliore delle ipotesi, ti massacra, non riesci, non solo a non avere giustizia, ma neanche a sapere come si chiama, qui in questa “meravigliosa” pattumiera d’Europa dove la discriminazione nei confronti dei cittadini, soprattutto quelli appartenenti ai ceti più deboli, è radicata in ogni ambito della cosiddetta “società civile”. Ebbene, qui, in questo paese cosa si fa? Si chiudono le curve degli stadi per discriminazione territoriale, per dei cori di sfottò, offensivi oltremodo per la sensibilità di questi viscidi personaggi, nuovi educatori sociali, pronti a plasmare le coscienze con il proprio moralismo. La discriminazione, diciamo noi, è impedire a qualcuno di fare qualcosa che è nel suo diritto, perché cittadino uguale agli altri; la discriminazione territoriale la fanno coloro che non ci permettono di mettere piede in uno stadio, perché residenti nello stesso luogo della nostra squadra del cuore, quando gioca in trasferta. Niente di nuovo dicevamo all’inizio, nonostante passino gli anni e la situazione in questo paese è ormai sull’orlo del baratro, l’Ultras è ancora un ottimo antidoto del potere per distrarre il popolino televisivo e pilotare l’indignazione generale sulle cazzate, per spostare lo sguardo dai problemi reali e gravi che affliggono questo paese. E comunque, non per inutile spirito emulativo, ma per una reale coscienza d’appartenenza, come hanno già espresso altre tifoserie in queste settimane anche per noi, non poter più sentire dalla curva opposta un “teramano pezzo di merda”, significa sentirsi meno “vezzeggiati”, perdere d’autostima, per certi versi, esistere un po’ meno. Per noi, è la tifoseria a guadagnarsi il numero ed il peso specifico dei cori ostili, non il posto dal quale si viene. Per fare un esempio: pensate che quelli del Chievo a Roma, Milano o Napoli prendono gli stessi cori di quelli dell’Hellas? Eppure, anche loro sono di Verona. Oppure, i chietini tesserati presenti un paio di settimane fa, perchè non hanno meritato neanche un coro di sfottò? Perché non c’erano gli Ultras pronti a dimostrare fuori di tenere ai propri colori tanto quanto erano disposti a dimostrarlo dentro. Altro che discriminazione! Un coro di sfottò rappresenta un’indiretta forma di rispetto e considerazione, concetti che chi annaspa la propria esistenza nell’ipocrisia del giudizio di quella altrui, senza mai guardare la propria, non può neanche immaginare. Guai a non ricevere più cori di sfottò, non siamo mica i giuliesi! E poiché siamo in tema d’ipocrisie e d’ipocriti, ci togliamo qualche sassolino dalle scarpe anche per quanto concerne la nostra città. Spesso il nostro “amatissimo” sindaco rimembra alla parte (purtroppo la maggioranza) “educata”, proba e silente della popolazione di come il “decoro” della città venga “offeso” da scritte e volantinaggi abusivi. Il podestà cittadino e il suo stuolo di deficienti, hanno l’obiettivo di porre l’accento sul decoro “visivo” della città, oltre che per distogliere il pensiero comune dai messaggi che quei volantini e quelle scritte vogliono far passare, anche per distrarre la cittadinanza dalla percezione reale di quello che invece è il decoro morale che una comunità dovrebbe avere, cioè quello di offrire dei servizi a tutti e soprattutto di aiutare i più deboli. Un esempio su tutti: fatevi un giro con un disabile nella nostra amatissima Teramo e vedrete che “decoro”. E tantissimi altri sono gli esempi della totale assenza di decoro vero, reale. Per loro l’importante é che la vetrina sia bella e luccicante, poi non fa niente se dentro c’è muffa e merda ovunque, per loro quello che conta è apparire, per noi no. Per questo, che continuino anche tutti a indignarsi, noi non c’indigniamo, noi siamo incazzati neri! E quando questa rabbia raggiungerà picchi tali (e fidatevi succederà) da trasformare anche gli agnelli in lupi, questi moralizzatori, moderni inquisitori, saranno spazzati via con la loro ipocrisia, come foglie al vento.