Gli anni Trenta sono stati sicuramente un decennio di svolta nel ventesimo secolo. Il crollo della borsa di Wall Street dell’ottobre 1929 frantumò letteralmente le finanze delle potenze planetarie, indebolendo in particolar modo gli Stati dalle mire imperialiste, costretti a difendersi dalle istanze di indipendenza. Nel febbraio del 1930 difatti, il Mahatma Gandhi aveva iniziato il suo pacifico confronto con la Corona Britannica per regalare all’India la libertà, mentre in Germania trionfava il partito nazionalsocialista di Adolf Hitler. In Sud America, invece, il comandante Luis Sanchez Cerro stava progettando il golpe nei confronti del governo di Leguia, mentre in Brasile il potere di Pereira de Sousa veniva ribaltato dal colpo di mano dell’avvocato Getulio Vargas, così come in Argentina dove il generale Uriburu inaugurava il “Decennio infame” rovesciando il presidente Irigoyen e iniziando un periodo di arresti, torture ed esecuzioni.

L’estate del 1930 sarà però ricordata anche per un momento di primaria importanza nell’ambito dell’attività ludica, ovvero la nascita della Coppa del Mondo di calcio, l’unica ad inviti, che si disputò in Uruguay sotto l’impulso del presidente della FIFA Jules Rimet. Il viaggio estenuante – ai tempi il nuovo Continente si poteva raggiungere soltanto tramite l’Oceano – non consentì a molte compagini europee di raggiungere il Sud America, tanto che delle tredici partecipanti solo quattro selezioni arrivarono dalle terre dei conquistatori, ossia: Belgio, Francia, Romania e Jugoslavia. Ancora oscuro il motivo della mancata partecipazione dell’Italia, mentre Inghilterra e Scozia rifiutarono di disputare la prima edizione in quanto ritenevano che, essendo il football nato in terra anglosassone, solo essi avevano il diritto di ospitare tale evento planetario.

“Trascorremmo due settimane in mare per raggiungere il Sud America. Gli esercizi di base li facevamo di sotto e ci allenavamo sulla coperta della nave. Il nostro allenatore non ci parlò mai di tattica”, il racconto di un calciatore transalpino che esprime l’innocenza calcistica del primo Mondiale di sempre. Le partite si disputarono quasi interamente a Montevideo, negli impianti Pocitos, Gran Parque Central e nel monumentale Estadio Centenario, costruito in meno di sei mesi grazie a giornate no-stop di lavoro favorite da un impianto di illuminazione che aveva permesso una divisione della giornata in tre turni da otto ore. Con una capacità di oltre 90mila spettatori e una conformazione innovativa per il tempo, ideata dall’architetto Juan Scasso, il Centenario era il più grande stadio non europeo al mondo – portando tale nome per omaggiare i cento anni della Costituzione uruguaiana – tanto da essere ribattezzato da Rimet stesso come il “Tempio del calcio”.

Le tredici partecipanti – Uruguay, Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay, Perù, Messico, Stati Uniti oltre alle quattro europee – furono divise in quattro gironi all’italiana, con l’assegnazione di due punti per la vittoria e uno per il pareggio e possibilità di spareggio in caso di arrivo a pari punti.

Il 13 luglio del 1930 alle ore 15:00 si disputarono così le prime due sfide di sempre della maggiore rassegna calcistica, in campo Francia-Messico e Stati Uniti-Belgio, fischio d’inizio in contemporanea dei direttori di gara Domingo Lombardi e Almeida Rego, rispettivamente delle federazioni uruguaiana e brasiliana.

Al Pocitos di Montevideo i francesi allenati da Jacques Caudron trovano il vantaggio al 19esimo grazie alle rete del centrocampista del Sochaux Lucien Laurent, tuttavia nel giro di alcuni minuti la nazionale transalpina perse il portiere Thépot per infortunio – costringendo l’ala Chantrel ad indossare i guanti (non esistevano le sostituzioni). Nonostante l’inferiorità numerica la Francia realizzò altre due reti prima del fischio di metà gara, prima con Langiller poi con Maschinot, imbeccato magistralmente da un claudicante Delfour, il quale precedentemente aveva preso un colpo piuttosto violento da un avversario. Nella seconda frazione di gioco il Messico accorciò le distanze con Carreno, ma a tre minuti dal triplice fischio è ancora Maschinot a finire nel referto arbitrale, siglando la prima doppietta della Coppa del Mondo.

“Nevicava incessantemente, considerando che nell’emisfero meridionale era inverno. Un mio compagno crossò al centro e io seguii con lo sguardo la sfera prima di insaccarla in rete con un preciso destro al volo. Una veloce stretta di mano e riportammo la palla al centro del terreno di gioco”, il racconto del centrocampista transalpino Lucien Laurent, autore della prima e storica rete nella storia dei Mondiali di calcio.

Al Gran Parque Central invece, a sorpresa sono gli Stati Uniti ad aver nettamente la meglio sul quotatissimo Belgio. Ad aprire le marcature è McGhee, a cui attribuiscono la gloria della prima realizzazione del torneo in quanto allo scuro del gol siglato alcuni minuti prima dai francesi; quindi è ancora il centravanti dei New York Nationals a trovare la rete del raddoppio prima del 3-0 definitivo di Florie. Aveva così preso il via ufficialmente la prima edizione della Coppa del Mondo di calcio, un torneo destinato ad entrare prepotentemente nella storia e la cui partecipazione sarà sogno proibito di milioni di bambini di tutte le generazioni e a tutte le latitudini.

Gianvittorio De Gennaro.