Quando il blasone supera la categoria di appartenenza? E poi, soprattutto, di questi tempi, ha ancora senso fare discorsi tradizionalisti sulla gloria e sulla storia dei tanti club malamente relegati nei bassifondi calcistici nazionali? Per noi, ovviamente, la risposta è retorica. Anzi, è quasi d’obbligo. E aggiungiamo anche che spesso le cadute verso il basso, pur se rovinose e foriere di ferite profonde, costituiscono basi solide da cui ripartire e migliorarsi.
Di certo un discorso del genere è quasi anacronistico per la Sambenedettese. Una delle squadre meno fortunate del calcio italiano. Come volete definire una realtà che anche in un momento di festa, dopo un promozione in Serie C, riesce a scivolare nel dramma, conoscendo l’onta dell’ennesimo fallimento con annessa ripartenza dall’Eccellenza. Dovevano essere a Pisa, o a Ferrara, e invece si sono ritrovati nuovamente nei campetti dell’hinterland. A dover tessere ancora quel filo della rinascita. San Benedetto non è un caso unico nel suo genere, ma è uno dei più belli, coerenti e veraci. È un alcova di passione che ci dice a chiare lettere: “In Italia il pallone si vive ancora come si deve, alla faccia di chi ci fa credere che tifare al di là dei risultati sportivi sia esclusiva prerogativa per chi alloggia ben oltre le Alpi”.
Poi c’è Parma. Il Parma. I parmigiani. Su di loro potrei dire tanto da osservatore esterno. Ho cominciato ad andare allo stadio, da piccolo, che già frequentavano i salotti buoni della Serie A. Da qualche anno. Il loro striscione Boys è una delle poche cose rimaste invariate da quando seguo il pallone e, oggi, vederlo da così vicino, direttamente in campo, mi fa tornare indietro di qualche anno. Ci sono stato al Tardini, diverse volte. Nel settore ospiti. Mi è sempre piaciuto. Uno stadio pensato per il calcio, con una tifoseria coscienziosa e intelligente, in grado, negli anni, di apprendere, crescere e divenire meritevole dell’importante e prestigioso palcoscenico del tifo che fu la massima categoria italiana.
Certo, già so che il mio tessere le lodi ai tifosi crociati, farà storcere il naso a qualcuno. “Eh ma senza i Tanzi, senza la Parmalat, senza tutto ciò che questo ha comportato”. Indubbiamente. Infatti mi limito a parlare di ultras. Mi limito, inoltre, a considerare sicuramente poco onorevole quanto inscenato dalla famiglia Tanzi, ma devo anche sottolineare, per onestà intellettuale, come grandi piazze dedite al non rispetto della benché minima regola legale ed economica, siano state ancor più tutelate. Tra debiti spalmati per decenni, e strizzatine d’occhio, soltanto perché magari le squadre rappresentavano metropoli come Roma e Milano. Insomma, ci fa schifo lo scandalo Parmalat. Ma, compiendo un ragionamento scevro da logiche legate all’appartenenza curvaiola, ci dovrebbe far schifo anche tutto ciò che lo ha circondato e che, tutt’oggi, continua a esser parte integrante del pallone.
Ma torniamo a parlare di questa partita. Il girone di Poule Scudetto non ha certo l’appeal di una gara di campionato. Eppure si trovano di fronte due realtà a dir poco interessanti. Milleduecento, sono i tifosi sambenedettesi che hanno acquisto i biglietti in prevendita. Un’enormità, se si pensa, appunto, alla scarsa rilevanza della partita. Ma per loro lo stadio Tardini evoca ricordi a dir poco dolci. Lo spareggio col Brescello, la promozione in Serie C1, l’esodo dei 7.000. La città adriatica vive di calcio e non può perdersi un simile palcoscenico.
Fa caldo. Molto caldo. Dalla stazione occorre intersecare la città per arrivare in zona stadio. Il bel centro cittadino di Parma offre tanta gente in giro, bambini che giocano a calcio tra le strade e qualche turista impegnato nel sempreverde tour dei capoluoghi di provincia emiliani (un toccasana per il palato e per la cultura).
La presenza dei supporter rossoblu è facilmente tangibile da sciarpette che si notano un po’ ovunque e arrivato di fronte agli ingressi della Curva Nord non posso far a meno di “ammirare” l’assenza dei cancelloni che costituivano i prefiltraggi ai tempi della Serie A (e che certamente torneranno dal prossimo anno). Altro aspetto fondamentale sono le biglietterie aperte e la possibilità per tutti, fino a un minuto prima del fischio d’inizio, di poter acquistare i tagliandi. E, scusate se è poco, questo, assieme a una politica dei prezzi veramente popolare, ha permesso agli emiliani di avere un’ottima media stagionale. Tenetelo sempre a mente quando ci parlano di programmi di fidelizzazione, tessere, modelli inglesi e divieti per ragioni di sicurezza. La passione c’è, basta evitare di arginarla con metodi proibizionisti.
Finalmente arriva il momento di metter piede sul manto verde del Tardini. Se sei amante di questo sport è quasi inevitabile emozionarsi al pensiero che i tuoi miseri piedini stiano camminando laddove, ai tempi che furono, sono passati gli scarpini di Roberto Baggio, Francesco Totti, Roberto Mancini, Alessandro Del Piero, Zinedine Zidane, Fabio Cannavaro, Gigi Buffon, Thomas Brolin, Faustino Aprilla, Luigi Apolloni, Hernan Crespo, Gianfranco Zola. E troppi ne potrei citare. Un vero e proprio mantra.
Poi alzo gli occhi, e le curve si stanno riempiendo. In realtà è già pulsante quella marchigiana, con il grande striscione Ultras che campeggia al centro, sovrastato da quelli dei gemellati di Rimini, Civitanova Marche e Friburgo. Dall’altra parte i ducali fanno bella mostra di tutte le classiche pezze e, qualche minuti prima del fischio d’inizio, si compattano al centro del settore. Certo, forse per quanto riguarda i numeri, ci si poteva aspettare qualcosa di più, ma anche la sconfitta nel precedente turno col Gubbio ha quasi azzerato il valore sportivo della contesa. Resta comunque un buon colpo d’occhio all’interno dello stadio.
Le due squadre fanno il loro ingresso in campo, il settore ospiti è un tripudio di colori, torce e fumogeni, con la sincronia visiva composta dalle manate che produce un effetto molto bello. Anche su fronte parmigiano la curva apre le danze con alcune torce e diverse manate. Può cominciare la sfida sportiva, che per noi forse fa da corollario a ciò che più ci incuriosisce: quella degli spalti. I marchigiani sono in forma smagliante e fanno sentire forte la loro voce. Massicci, compatti, continui e coinvolgenti. Non serve molto altro per descrivere la loro prestazione, forse una delle migliori a cui ho assistito. Si capisce chiaramente che chi ha deciso di passare questa calda domenica in terra emiliana lo ha fatto innanzitutto per tornare in riva al Tronto senza voce.
In campo la prima frazione è contraddistinta dalla sfuriata del Parma che, in breve tempo, riesce a portarsi sul 2-0. La prestazione esalta il pubblico, con la Curva Nord che sin da subito aveva dato l’impressione di non voler sfigurare di fronte all’avversario di rango. Del resto, dopo un anno passato a cercare tifoserie in un girone relativamente anonimo, trovarsi di fronte i rossoblu è forse il più bel premio assieme alla vittoria del torneo. I parmigiani sono tifoseria rodata, con meccanismi ben oleati e un composizione anagrafica importante. Tanti “vecchi” infatti si affannano in balaustra, aiutati dai più giovani. Un mix che aiuta a creare indispensabili gerarchie e tramandare usi e costumi della propria tifoseria. Questo si ripercuote ovviamente sul tifo, che risulta sempre ben compatto e colorato. L’unico lieve calo si avverte nel finale di secondo tempo.
Su di loro voglio anche sottolineare un aspetto: li ricordo a Roma lo scorso anno, con la squadra praticamente retrocessa. Tifarono senza indugi e senza sosta. Stessa cosa quest’anno. Senza puzza sotto al naso si sono calati in una realtà che avevano abbandonato da oltre vent’anni, ricordandosi perfettamente rivalità e modus vivendi del contesto. Questo vuol dire usare il cervello e avere senso di appartenenza in ciò che si crede.
Nella ripresa l’andamento della gara finisce con l’aiutare gli ospiti. La Samb, infatti, prima trova il gol che dimezza lo svantaggio e poi, in pieno recupero, raggiunge i crociati grazie a un calcio di rigore. Esultanza smodata e decibel che salgono ancor più al cielo. Ovviamente dopo il triplice fischio ci sono applausi per ambo le squadre, protagoniste di una stagione positiva che le ha riportate nel calcio professionistico. Storie e vita vissuta differenti, ma voglia di vincere che non si differenzia poi molto.
Per me è ora di togliere il disturbo. La coincidenza con il pullman a Bologna non mi permette ampi margini di movimento. Così la corsa verso la stazione, caratterizzata dal feroce solleone, è a dir poco stremante. Ma poco male, vale comunque la pena raccontarla.
Simone Meloni