Sono poche le città dei Balcani dove la presenza della squadra di calcio si percepisce come a Podgorica. È difficile camminare per più di cinquecento metri senza imbattersi in un murales della squadra di casa: la Budućnost. Letteralmente la parola significa futuro, ma con i suoi quasi cento anni di storia (è nata nel 1925), rappresenta una delle pietre più solide su cui si basa la città e, in qualche modo, l’identità dell’intero paese.

La squadra partecipò per molti anni al massimo campionato jugoslavo, quando questo era uno dei tornei più competitivi del continente. Con la dissoluzione della federazione, ha disputato il campionato congiunto di Serbia e Montenegro, insieme alle squadre serbe, per poi, a partire dal 2006 giocare nella prima divisione montenegrina.

Attraversando il paese, la presenza delle squadre serbe è ancora del tutto percepibile: scritte sui muri che inneggiano ai Delije o ai Grobari, quando non addirittura veri e propri murales realizzati a regola d’arte e molte succursali dei due grandi gruppi. In tutto ciò Podgorica rappresenta quasi un’eccezione. Lì la presenza è solo quella della Budućnost e del suo gruppo ultras, i Varvari. Per questo motivo abbiamo scambiato due chiacchiere con un componente dei “barbari”, per farci raccontare un po’ che aria tira da quelle parti.

Come si suol dire, cominciamo dall’inizio, parlaci della Budućnost.

Inizierò dicendo qualcosa sulla storia della squadra e su quali sono stati i suoi maggiori successi. Il club è stato fondato nel lontano 1925 e i nostri colori sono il blu e il bianco. La città di Podgorica ha sempre seguito la Budućnost e ci sono state molte stagioni, durante il periodo jugoslavo, in cui lo stadio era sempre pieno, non solo nei derby.

I maggiori successi della squadra sono arrivati ai tempi della ex Jugoslavia: due finali di coppa nazionale. La prima nel 1965 contro la Dinamo, persa 2-1, e la seconda nel 1977 contro l’Hajduk, persa dopo i tempi supplementari per 2-0. Nelle competizioni europee, nell’allora Coppa Intertoto nel 2005, abbiamo battuto il grande Deportivo La Coruña per 2 a 1: era una squadra molto forte in quel periodo. Un’altra grande partita è stata nel 2016, ma non siamo stati fortunati e siamo stati eliminati dal Genk ai rigori. Per concludere possiamo dire che siamo stati sei volte campioni del Montenegro e quattro volte vincitori della coppa nazionale.

Parliamo adesso della nascita della scena ultras in città e sui vostri spalti.

Agli inizi del movimento ultras, la prima generazione dei Varvari era per lo più costituita dai punk della città. Ti posso garantire che non fu facile. Ebbero molte difficoltà affinché quel modo di vivere urbano attecchisse in un clima pieno di pregiudizi. La società in cui vivevano non li accettava, eppure loro si fecero strada e dobbiamo ringraziarli per quello che hanno fatto altrimenti non saremmo qui oggi!

Il gruppo è stato fondato ufficialmente nel 1987, in occasione di una partita contro i croati del Rijeka, anche se già in precedenza c’era un gruppo di ragazzi che sporadicamente e in modo non organizzato tifava per i bianco-blu. A Podgorica c’era un gran numero di persone che simpatizzavano e sostenevano le cosiddette “Quattro Grandi” (Stella Rossa, Partizan, Dinamo, Hajduk). Dopo la fondazione dei Varvari invece e grazie alla presenza del gruppo in città, il numero di quelle persone è diminuito, mentre la nostra base è cresciuta anno dopo anno.

Come hanno influito i fatti degli anni Novanta con lo sviluppo del gruppo?

Pochi anni dopo la fondazione, c’è stata la guerra e il nostro gruppo congelò le sue attività fino al 1994. A quel punto la seconda generazione dei Varvari ha ripreso le attività, continuando da dove tutto era stato lasciato.

Qual è il rapporto fra gruppo e squadra, o meglio club?

Club e gruppo significano tutto per noi. Siamo appassionati di calcio, ma seguiamo e sosteniamo anche il club nel basket, e in passato lo abbiamo fatto anche nella pallamano femminile, che è stata per due volte campione d’Europa. Abbiamo viaggiato in molti paesi europei, per elencarne solo alcuni: Norvegia, Germania, Francia, Grecia, Italia, Romania, Russia, Cipro, Spagna, Ungheria, Slovenia, Polonia, Islanda, San Marino e molti altri. Ci sarebbero storie ed eventi molto interessanti da raccontare, ma ne parleremo un’altra volta. Il nostro gruppo è andato ovunque il nostro club abbia giocato. Il nostro principio guida è che dobbiamo essere dove c’è la Budućnost e dargli supporto senza riserve, indipendentemente dalle circostanze e dalle situazioni in cui ci troviamo in quel momento.

Inoltre, è sempre un grande piacere per noi partecipare alle trasferte più pericolose, con tutta l’adrenalina che questo comporta. C’è da pensare come fare per partire ed essere là. Ogni volta troviamo il modo di stare con la squadra, ma anche per strada nel caso in cui ci fosse da incontrare gli avversari. E questa è una delle più grandi gioie del nostro essere ultras. La squadra vincerà in campo con il nostro supporto e noi faremo altrettanto per strada!

Hai ripetuto diverse volte il concetto di strada e l’importanza di essere presenti lì e non solo sugli spalti. Puoi parlarcene e parlarci del rapporto con il potere?

Per noi la strada è un fattore molto importante e le prestiamo grande attenzione. Ci ha permesso di accrescere la nostra reputazione. Siamo diventati un gruppo da rispettare, un gruppo con coraggio, lealtà e onore. I Varvari sono la priorità nella nostra vita, insieme alle nostre famiglie. Noi, come gruppo, siamo un punto di aggregazione e di comunità che non ha eguali in questa città. Nessuno è mai durato così a lungo in maniera continuativa.

La nostra testa ci riporta sempre lì e ogni secondo della settimana pensiamo a quello! Semplicemente, viviamo per la Budućnost! Basti dire che dalla nostra nascita sono cambiati prima tre stati (Jugoslavia Socialista, Jugoslavia, Serbia e Montenegro) e ora un quarto, il Montenegro. E non importa quanto ci abbiano avversato e diviso, con vari sotterfugi, leggi (che erano scritte proprio per noi), grandi repressioni e mandando in prigione i membri più importanti della nostra curva. Hanno cercato di indebolirci e addirittura di farci estinguere. Nonostante ciò, siamo diventati più forti, più pazzi e sempre meno controllabili per una società guidata dai soldi e dai profitti, con i quali poter comprare e comandare qualsiasi cosa volessero. L’unica cosa che non sono stati in grado di fare è stato comprare il nostro gruppo!

Nessuno potrà mai comprare la nostra passione e il nostro amore infinito. Siamo fermamente convinti che non li venderemo mai a nessuno. Per noi significano tutto e ci opporremo fermamente a chiunque tenti di rubarceli. Siamo tutti pronti a farlo, fino all’ultima persona che porta nel cuore i nostri ideali. Siamo pronti a fare sacrifici, costi quel che costi. Semplicemente sentiamo di essere persi quando viviamo un solo momento senza il nostro club, dal giorno in cui è entrato in noi da ragazzi, allora era già finita e sappiamo che ciò non uscirà mai da noi. Senza di lui noi non esistiamo!

Siamo rimasti coerenti con i valori che abbiamo coltivato fin dall’inizio, tranne alcune cose che sono cambiate in meglio con l’arrivo delle nuove generazioni e con la loro energia, abbiamo migliorato alcuni aspetti in cui eravamo un po’ carenti e che forse non curavamo nella giusta maniera.

Passeggiando per la città abbiamo visto diverse vostre scritte “No politica”, come si spiegano?

Nel nostro paese, per molte persone la politica è diventata quotidianità e si intreccia ad ogni nodo della società e – purtroppo – cerca di determinare tutto. A noi questo non sta bene e non lo abbiamo mai permesso. Resisteremo a qualsiasi regime voglia mettere sotto il suo controllo noi e i nostri ideali, che per noi significano tutto, sono praticamente la nostra vita.

Ogni individuo può credere in qualunque partito voglia, ma quando arriva alla partita della Budućnost sa che non può parlare di politica. Abbiamo cercato di essere un gruppo apolitico, perché questi sono temi delicati e la società montenegrina è diventata bipolare. Ecco perché nel nostro gruppo ci sono regole ferree che tutti dobbiamo rispettare senza eccezioni per preservare la pace, la gerarchia e il rispetto tra di noi.

Parliamo di amicizie e rivalità.

Abbiamo una vecchia e lunga amicizia di diverse generazioni con le Meraklije, il gruppo ultras del Radnički Niš. Altri contatti con gruppi esistono a livello personale, ad esempio con i tifosi dell’Iraklis (uno dei loro sottogruppi). Ci sono buoni rapporti e a maggio c’erano circa venti di loro che sono venuti da noi. Anche noi siamo andati a Salonicco un paio di volte, ma sempre in piccoli numeri. Alcuni dei nostri più anziani hanno un buon rapporto con la Plava Unija dell’Ofk Belgrado. Avevamo una fratellanza con i Delije ai tempi della Jugoslavia, ma fu di breve durata.

I nostri principali rivali sono stati dalla fondazione del gruppo e fino ad oggi i tifosi dei club di maggior successo dell’ex Jugoslavia (Delije della Stella Rossa, Grobari del Partizan, BBB della Dinamo Zagabria e Torcida dell’Hajduk). Inoltre dal 2016 è nata una nuova rivalità dopo il più grande scontro nella storia del nostro gruppo, dove eravamo nettamente in minoranza (80 di noi, più di 500 di loro). Adesso i nostri più grandi nemici sono i tifosi dello Shkendija (Ballistët).

E a livello montenegrino qual è la rivalità più sentita?

Per quanto riguarda il calcio, il più grande derby è con il Sutjeska del Nikšić, l’unico club del nostro paese che consideriamo come rivale. Quelle partite è come se fossero dei derby per noi, indipendentemente da dove siamo. in casa o in trasferta. È stato e rimane il vero derby montenegrino! Anche in un campionato piccolo come questo, cerchiamo di animare le persone per fare in modo che questi scontri/incontri abbiano l’atmosfera di un derby. Questo perché i media e vari esperti cercano di creare dei “derby artificiali” che per noi hanno nessun valore, né mai lo avranno.

Se volessimo parlare della scena ultras odierna del Montenegro?

L’unica città del nostro Paese “infettata dal tifo” è Podgorica. E a Podgorica esiste solo la nostra curva. Ne siamo orgogliosi perché sappiamo quali esperienze abbiamo vissuto nella vita per sopravvivere e compiere questo percorso. Tutti gli altri gruppi del Montenegro non hanno continuità. Quando giocano contro di noi, appaiono e poi spariscono di nuovo: questo è grave, soprattutto per gruppi che si definiscono ultras o si considerano appartenenti al mondo ultras. Esclusi noi, il livello è molto basso. Senza alcuna falsa modestia, penso che non dovremmo nemmeno menzionare altri gruppi, almeno fino a che non ci smentiranno e ci dimostreranno che vale la pena fare il loro nome e rispettarli.

E infine, come dice la nostra canzone: “La voce non scomparirà mai, tiferò fino alla morte, finché il club sarà con noi…”!

Intervista raccolta da Gianni Galleri
Traduzione Tobias Colangelo