La notizia che sta facendo il giro del web in queste ore riguarda una lite avvenuta durante Inter-Fiorentina. Un tifoso, recatosi allo stadio con la propria famiglia, e che aveva scelto la Curva evidentemente per ragioni economiche trascurando gli usi di chi in quel settore ci va per tifare, ha dato vita ad un battibecco con i tifosi sotto di lui per via di un bandierone che ne copriva la visuale. L’avrà forse chiesto in modi perentori, sarà stato il suo interlocutore poco incline alla comprensione, fatto sta che ne è nata una lite in cui il tifoso che aveva chiesto di abbassare la bandiera è stato colpito a pugni. Medicato nell’infermeria dello stadio, il medico ha rilevato contusioni guaribili in 12 giorni. Nel parapiglia, è rimasta contusa anche la figlia di 10 anni al ginocchio, non si capisce come, anche se la maggior parte dei giornali dà per assodato che il tifoso abbia aggredito anche lei, seppur la cosa sembri un po’ inverosimile e più strumentale ad attirare qualche click e vendita in più con un po’ di sensazionalismo, senza troppi approfondimenti.
Sotto l’occhio delle telecamere a circuito chiuso di “San Siro”, l’aggressore è stato riconosciuto nella persona di un 19enne – tra l’altro già daspato nel 2015 ma per “semplice” detenzione di fumogeni – ed ovviamente interdetto dagli stadi con Daspo di 5 anni. Alla famiglia protagonista dello spiacevole evento, la dirigenza ha sostituito il loro abbonamento con pari titolo della “Tribuna Family”, settore preposto a chi non vuole essere “disturbato” da tifo e bandiere; attenzione che forse andava usata a priori per dare ad ogni tipologia di tifoso un settore adatto e limitare così le conflittualità. Non che la cosa possa essere ritenuta una scusante o una attenuante dell’aggressione riprorevole ma, come dice il noto motto della pubblicità, prevenire e sempre meglio che curare.