Un cielo plumbeo in quel di Bergamo precede il match con l’Inter per una sfida che vede entrambe le formazioni nella parte destra della classifica del massimo campionato. Differente, tuttavia, è il modo con cui si arriva alla partita odierna: se gli uomini di Gasperini portano in dote una serie di tre risultati utili consecutivi, infatti, gli ambrosiani sono reduci dal tonfo interno con il Cagliari e, soprattutto, dalle polemiche legate alla biografia di Icardi.

C’è curiosità nel vedere la linea che i sostenitori del biscione terranno nei confronti della squadra e dell’argentino, al cospetto peraltro di una trasferta tra le più vicine ma anche tra le più calde.

Il prepartita non registra, per quanto ho potuto vedere, episodi di rilievo. Una parte rilevante dei tifosi ospiti giunge con largo anticipo allo stadio, i pullman arancioni entrano nel parcheggio e tutto finisce lì. Cellulari e camionette, tuttavia, restano al loro posto e non smobilitano, lasciando presagire che possano arrivare altri tifosi. Ad avvalorare l’ipotesi c’è la presenza di un elicottero che sorvola a più riprese l’area, così mi attardo fino alle 14.40 fuori dallo stadio, ma salvo due altri pullman mezzi vuoti, non vedo arrivare altro. Complice anche il fatto che comincia a piovere, mi rassegno e decido di entrare.

Il colpo d’occhio del Brumana è decisamente buono, benché si sia lontani dal tutto esaurito.

Nel settore ospite spicca lo striscione da trasferta della Curva Nord, al quale fanno da contorno alcuni drappi appesi alla vetrata e striscioni di club in ordine sparso. Sin da subito si alzano cori offensivi nei confronti dei rivali atalantini, ai quali i dirimpettai non rispondono immediatamente: prima portano a termine il “Devi sempre solo vincere” e poi ricambiano le cortesie. L’urlo “interista cane bastardo” infiamma e coinvolge l’intera Curva Pisani e provoca la controreplica dei milanesi con un “coniglio alza la voce”.

Si giunge così all’ingresso in campo delle due squadre: la Nord ripropone il telone già visto nella partita con il Napoli (saprò poi che era prevista una diversa coreografia, rimandata per il maltempo) mentre i Forever Atalanta prima fanno scendere il loro bandierone in stile vintage e poi si cimentano, inaspettatamente, in una fumogenata multicolore.  Un paio di grandi bandiere e due aste diffusi da parte dei sostenitori interisti.

Il match si mette subito bene per i padroni di casa e già al 10° arriva il vantaggio: sugli sviluppi di un corner dalla destra irrompe sul secondo palo Masiello che, abbastanza indisturbato, incorna e regala attimi di estasi alla Nord. Passano due minuti e potrebbe arrivare il raddoppio, ma Handanovic sventa il pericolo.

Se sul campo i milanesi appaiono del tutto disuniti ed incapaci di mettere a punto una controffensiva degna di tale nome, i propri sostenitori si riorganizzano e ricominciano nell’incitamento vocale, spesso accompagnato da manate e battimani. Non si può dire che sia un tifo da incorniciare, ma senz’altro lo si può definire generoso, visto e considerato che i propri beniamini non fanno nulla ma proprio nulla per scaldare il cuore e le ugole. Non conosco alla perfezione i riti e i miti dei sostenitori interisti, ma penso che il mettersi spalle al campo a metà primo tempo abbia qualcosa a che fare con l’inguardabile prestazione degli uomini di De Boer.  Totale indifferenza nei confronti di Icardi, che continua ad indossare la fascia di capitano.

Sul fronte opposto la Nord si conferma capace di un buon tifo vocale, senza tuttavia registrare acuti di particolare nota. Il Comunale mugugna rumorosamente in occasione di alcune sviste arbitrali, soprattutto dopo il diretto sinistro con cui Medel mette ko Kurtic a palla lontana. Il sig. Doveri di Roma ed i suoi assistenti nulla vedono di quello che, invece, con la prova televisiva costerà tre giornate di squalifica al sanguigno difensore cileno.

Il tempo si chiude con l’Atalanta che fraseggia e l’Inter che, sostanzialmente, sta a guardare. Mentre le squadre guadagnano gli spogliatoi dalle due fazioni, pure con animo diverso, si alza il medesimo coro “Forza ragazzi”.

Musica diversa nella ripresa: dopo solo cinque minuti Eder, con un gran tiro da palla inattiva, pareggia il conto e la partita pare riaprirsi, proprio mentre i Forever si prodigavano nella terza coreografia di giornata, fatta di bandierine neroblu.

Su entrambi i fronti sono dieci minuti di livello dal punto di vista vocale: da un lato i bergamaschi si cimentano nel classico “Forza Atalanta Vinci per Noi”, dall’altro i milanesi offrono l’altrettanto tradizionale “In ogni posto che andiamo…”. È un bel batti-e-ribatti sugli spalti ma anche sul rettangolo di gioco, dove le vere novità non sono le occasioni goal costruite dai padroni di casa ma quelle degli ospiti, che trovano però pronto Berisha, sempre più titolare inamovibile. Boys e compagnia azzardano perfino un “Noi vogliamo questa vittoria”: dopotutto, dalla “pazza Inter” ne hanno viste di tutti i colori.

Lascio un match con il finale incerto quando esco col solito anticipo anti-ingorghi, e proprio mentre raggiungo l’auto arriva l’eco di due boati: rispettivamente per la concessione e la successiva realizzazione del rigore concesso ai padroni di casa. Il rammarico non è tanto di essermi perso il definitivo vantaggio della Dea quanto soprattutto la performance di Pinilla, che dopo avere superato Handanovic, si proietta a grandi falcate sotto la Nord bergamasca, scavalca i cartelloni pubblicitari, si arrampica sulla vetrata ed infine ci si piazza a cavalcioni. Un’esultanza di altri tempi che i padroni di questo calcio disapprovano e talvolta sanzionano ma che piace, eccome se piace, a tutti noi cuori di cuoio.

Lele Viganò.