Timişoara, poco più di 300mila abitanti, città simbolo del multiculturale Banato, città simbolo della rivoluzione dell’ottantanove, proprio da qui infatti partirono le prime violenze che fecero cadere il regime di Ceauşescu circa 25 anni fa.
Ma Timişoara, oltre a tutto ciò, da tre anni si può fregiare anche del titolo di città simbolo di una nuova rivoluzione, quella calcistica, quella che vuole dare fastidio a tutti i padroni che hanno trasformato nella loro industria quello che era lo sport più amato e popolare del vecchio continente.
Sono dei tifosi, quelli del Poli Timişoara, che non hanno mai avuto la fortuna dalla loro parte: pur sostenendo la squadra di una delle più grandi città rumene, non hanno mai visto approdare in riva al Timiş il tanto agognato titolo nazionale e possono vantare soltanto (in proporzione all’importanza economica e sociale della città) due coppe di Romania, datate 1958 e 1980. Penso però che la sfortuna sportiva, seppur tanta, sia poca se confrontata alle “violenze psicologiche” che i tifosi viola hanno subito dalla fondazione del loro club, datata 4 dicembre 1921, violenze che hanno toccato il loro apice nel corso del decennio che va da inizio millennio al 2011, ma che se vogliamo dirla tutta continuano tuttora.
Come tante volte si è già detto e scritto a riguardo, in Romania, sportivamente parlando, gli anni che vanno dal secondo dopoguerra al 1989 sono stati appannaggio (seppur con qualche eccezione) di Steaua e Dinamo; ma per i viola la storia non è che sia cambiata poi così tanto nel post-rivoluzione.
Proprio un italiano, tale Claudio Zambon, prima ha portato il club in quarta serie, dove non era mai stato relegato, e successivamente ha privato una città del suo simbolo e dei suoi colori.
Questa storia merita un rapido excursus: siamo nel 2002, Claudio Zambon, in seguito a dei contrasti con le autorità locali, decide di non finanziare più il club. Un anno più tardi addirittura, in seguito a una nuova retrocessione, l’affarista italiano decide di spostare il titolo sportivo a Bucarest… mantenendo il nome Timişoara! Tutto ciò mentre l’AEK Bucarest, club neopromosso nella massima divisione nazionale rumena e diretto da tale Marian Iancu, decide di intraprendere il percorso opposto.
Qui inizia una diatriba fra le due società durata quasi 10 anni, che ha visto approdare la causa in molte aule di tribunale con doveroso passaggio da Losanna e dal suo “massimo” tribunale sportivo.
La causa naturalmente era fra Zambon, che sosteneva di essere l’unico proprietario con il diritto di usare nome, colori e palmares della gloriosa Poli Timişoara e il club di Iancu, sostenuto dalla città, costretto a giocare per qualche anno in “viola-bianco-nero” e a cambiare diverse volte denominazione fino a divenire Fc Timisoara.
Negli anni che precedettero la retrocessione “a tavolino” del 2011, il club di Iancu ha vissuto sportivamente parlando un lustro maledetto: arrivarono in quegli anni due secondi posti in campionato (2009 e 2011) e due sconfitte in finale di coppa nazionale, la prima datata 2007 in casa contro il Rapid Bucarest (persa 0-2) e l’altra persa col Cfr Cluj a Pandurii nel 2009 (0-3). Finale, quest’ultima, divenuta celebre per gli incidenti fra tifosi viola e polizia scoppiati cinque minuti prima della fine della partita, probabilmente una delle più grandi battaglie da stadio che la Romania abbia mai visto, soprattutto in diretta nazionale e in prima serata.
Degno di nota ciò che successe nelle due settimane trascorse dal 31 maggio 2009 al 13 giugno dello stesso anno, degno di nota se vogliamo dare una spiegazione alla rabbia che si scatenò il giorno della finale persa col Cfr: il 31 maggio 2009 si giocò a Timişoara la partita fra il Poli, che vincendo un ricorso che era sicura di aggiudicarsi una settimana più tardi avrebbe avuto 67 punti e il primo posto in classifica, e l’Unirea Urziceni (ora scomparsa), 66 punti e secondo posto in classifica. La partita era valida per la 33esima e penultima giornata del campionato nazionale rumeno. Con una vittoria i viola sarebbero divenuti per la prima volta nella loro storia campioni nazionali e dopo 27 minuti dal calcio d’inizio erano già in vantaggio; credo che a quel punto tutti i 40mila presenti al Paltinişanu avranno iniziato a pensare alla lunga notte di festeggiamenti che li avrebbe attesi, magari non avrebbero avuto l’ufficialità del titolo quel sabato, ma sarebbe mancato veramente molto poco… però il calcio è strano, stranissimo a volte, e così due gol nella ripresa spezzarono definitivamente il sogno di una città, che mai come allora era stato toccato con mano.
Gli scontri di due settimane dopo, molto probabilmente, furono la conseguenza naturale di tutto ciò, della tensione e della rabbia che viveva la città: la diatriba con Zambon, la finale di coppa persa in casa, il titolo perso solo due settimane prima e che molto probabilmente non sarebbe stato mai più così vicino e infine l’ennesima delusione, l’ennesimo trofeo sfuggito negli ultimi novanta minuti.
Insomma, ve lo avevo anticipato, così fortunati i tifosi viola non sono mai stati.
Ma non finisce qui, infatti soli due anni dopo arrivò un nuovo secondo posto in campionato, sicuramente meno clamoroso, anzi a dirla tutta probabilmente in quella stagione non era nemmeno così sperato. Ma l’ennesima botta di fortuna era dietro l’angolo e fu così che ad agosto, il Poli, invece di guardare con ansia chi il sorteggio di Nyon gli avrebbe messo di fronte nei preliminari di Champions League, si ritrovò in serie B per debiti.
Il prosieguo di questa storia è quello naturale di chi è abituato a soffrire: vittoria del campionato in seconda divisione, ma i debiti accumulati a fine stagione erano troppo alti, il Fotbal Club Timisoara è costretto al fallimento.
Arriviamo dunque all’estate del 2012, l’estate che funse da spartiacque non solo per la storia dei viola, ma per l’intero panorama calcistico rumeno. Da questo momento abbiamo l’uscita definitiva di scena da parte dei vecchi “protagonisti”, che rispondono ai nomi di Zambon e di Iancu, e l’entrata in scena di un nuovo protagonista (“antagonista” sarà forse più appropriato?”) che risponde al nome di Nicolae Robu, vincitore fresco delle elezioni comunali di Timisoara con uno schiacciante 52% al primo turno.
Nicolae Robu, un tempo rettore dell’università Politecnica di Timisoara, era il candidato di un’alleanza, l’USL, che più che ad un’alleanza somigliava ad una “grande abbuffata”, era infatti l’unione fra il PSD, il PNL e il PC, come dire… PD, Forza Italia e Nuovo Centrodestra tutti insieme. Da degno rappresentante della nuova “grande abbuffata”, in campagna elettorale si professò salvatore della patria e cosciente di ciò che significasse per la città la sua squadra di calcio, si espose anche tanto in merito: “Timisoara ripartirà da 0, con un progetto lungimirante e non sarà più ostaggio di nessuno”, “Non sposteremo più nessun titolo sportivo, avremo la nostra matricola”.
Detto, non fatto: subito dopo la vittoria, il neo Sindaco acquistò il titolo della vicina cittadina di Recaş (Acs Recaş), neopromossa in seconda serie, cambiò la denominazione sociale in Acs Poli Timişoara, mantenne i vecchi colori bianconeri della cittadina derubata e praticamente divenne il nuovo padrone del club, finanziato quasi esclusivamente con fondi comunali.
Qui arrivò la svolta: i tifosi non approvarono questa manovra, molti furono già contrari allo spostamento del vecchio AEK Bucarest nella loro città e non erano disposti ad accettare un nuovo scippo, seppur ai danni di pochi cittadini di un paese di provincia. Il nuovo sindaco non è che si presentò poi così bene. Molti sostenitori iniziarono a riempire la città di scritte e manifesti (“ACS Recaş nu e Poli”), prendendo nettamente le distanze dall’iniziativa di Robu e mettendo in chiaro il fatto che il Recas non avrebbe mai potuto rappresentare la loro città.
Poi la proposta, un po’ shock, un po’ provocazione. Già mi sembra di vedere la scena in un’assemblea gremita di tifosi stanchi e disperati: “Ragazzi, perché non sosteniamo la squadra degli studenti dell’università Politecnica e ci prendiamo la responsabilità della sua gestione? Perché non ci liberiamo per sempre di ogni padrone, evitando di rimanere ostaggio di un qualsiasi folle affarista?”. Qui iniziò una nuova storia: tifosi, ultras e appassionati andarono a parlare col Decano (termine da queste parti utilizzato anche in contesti universitari), responsabile di quella squadra amatoriale : “Signor Decano, che ne dice se da oggi Lei rimane il presidente dell’unica Poli ancora in vita e noi ci impegniamo a reperire i fondi, gestire e portare più in alto possibile l’unico club che attualmente ci rappresenta?”.
Fu così che una sorta di azionariato popolare, composto da più di duecento uomini e sostenuto dall’intera città, si affiancò all’Asu Politehnica Timişoara, la sola squadra rimasta con questo nome e i colori bianco-viola in città, squadra che ha sempre giocato le sue partite interne allo “Ştiinţa” ovvero lo stadio dell’università Politecnica, nel bel mezzo dei dormitori studenteschi. Credo sia inutile specificare che questo fu il primo caso di tifosi che si misero al comando di una squadra di calcio in Romania.
Quote a prezzi popolari, chiunque abbia una quota ha potere decisionale, un direttivo scelto dagli “azionisti”, un’organizzazione da società di altre categorie, l’amore incondizionato di una città che preferisce seguire questa squadra gestita dal popolo piuttosto che la squadra creata dal sindaco, cioè quella che durante questa stagione, nella partita di promozione in massima serie, ha visto meno di 200 presenze sugli spalti del vecchio Paltinişanu, oramai rimasto tristemente vuoto.
Tanto per essere precisi e pignoli facciamo anche una breve cronistoria di questa squadra:
l’ASU ha militato sempre nella sesta divisione rumena, presente solo in Banato (le altre zone si fermano a 5 divisioni) come lega amatoriale. La squadra ha vinto più volte il titolo ma non ha mai avuto i fondi per iscriversi e disputare un campionato di quinta serie; arrivati i ragazzi, usufruirono del diritto sportivo precedentemente ottenuto dalla loro squadra e il nuovo Poli venne iscritto per la prima volta alla quinta divisione nazionale.
La prima stagione che vide protagonisti i tifosi “Polişti” nelle loro nuove vesti, fu una cavalcata trionfale, in cui venne subito conquistata la quarta divisione. La stagione successiva in quarta divisione, con Paul Codrea allenatore (vecchia conoscenza del calcio italiano), vide la squadra protagonista per tutto l’arco del campionato, ma a poche giornate dalla fine un clamoroso blackout fece perdere il primo posto al Poli, l’unico che dà il diritto di disputare i playoff promozione (assurdo). Pazienza, tutto rimandato.
Terza stagione, si sbaglia una sola volta: questa nuova cavalcata, passata anche attraverso il ritorno dei viola nel loro Paltinisanu per la partita contro il Ripensia Timisoara, altra squadra della città che gioca nel vecchio stadio i suoi incontri casalinghi, si conclude con il primo posto e la qualificazione ai playoff.
E ora eccomi per il ritorno della finale Playoff, che è già impregnata di aria di festa dopo il 5-1 casalingo dell’andata, davanti a 6.000 spettatori e nientepopodimeno che a Burleanu, presidente della Federcalcio Rumena, in non si sa quale missione pubblicitaria in Banato.
Decido di partire con un mio amico tedesco, essendo nell’ultimo periodo sprovvisto di macchina fotografica; anche lui vive da queste parti e vanta nel suo curriculum almeno una partita in quasi tutti gli stadi rumeni fino alla quinta divisione, gliene mancano veramente pochi all’appello.
La partenza è già un film: Venerdì 26 Giugno piove a dirotto in tutta la Romania e noi, non contenti di ciò, decidiamo di partire in autostop. Già, l’autostop, in Italia una pratica che non ha mai avuto le fortune che ha ottenuto nell’est d’Europa. Fortune così grandi che addirittura hanno indotto lo stato rumeno a vietarlo con una legge messa in vigore una settimana prima della nostra partenza; si sa, una volta che si ha un servizio pessimo a livello di trasporti pubblici e chi di competenza né sa e né vuole farlo funzionare, si aggira il problema, vietando una pratica ben radicata e “costringendo” i cittadini a viaggiare con treni e pullman inesistenti. Per fortuna questo divieto, a quanto pare, viene applicato in Romania nello stesso modo in cui in Italia viene applicato l’articolo 9…
Dopo sole 8 ore e 350 chilometri, riusciamo ad arrivare a Timisoara ed eviterò di prolungarmi nel racconto di una bella serata trascorsa insieme ai ragazzi, passerò direttamente al racconto del sabato della partita, segnato da un caldo che da queste parti è raramente così opprimente.
L’appuntamento per la trasferta è fissato alle 11 allo stadio “Stiinta”, l’atmosfera è quella tipica delle grandi occasioni, tanta gente, tanta gente in età con bambini al seguito e tanta gente venuta da fuori: sono presenti infatti anche i ragazzi di Mönchengladbach (Sottocultura), i ragazzi del Rapid Bucarest e quelli dell’Olimpia Satu Mare, tutti amici della curva timisoreana; non solo loro sono presenti, ma anche i ragazzi di Vaslui, che dopo il fallimento della scorsa estate, sulle orme dell’esempio “Politehnica” hanno deciso di diventare padroni del loro destino e fondare una nuova squadra, un’altra delle quattro auto-gestite in Romania: oltre alle due già citate ci sono anche il Voinţa Sibiu e il Fc Argeş Piteşti. Una volta arrivati a destinazione saranno presenti anche i ragazzi di Reşiţa, un’altra bella realtà di quelle zone relegata nelle serie inferiori.
Il luogo dove si svolge la partita è un pittoresco villaggio del Banato, Lupac, circondato dai Monti Dognecea, 120 chilometri distante da Timisoara, circa 3.000 anime, il 93% delle quali di etnia croata (addirittura il logo del municipio è a schacchi bianco rossi come la bandiera croata).
Lo “stadio” è composto da una sola tribuna, occupata interamente dai circa 300 tifosi locali, uno stand per i succhi di frutta (purtroppo da queste parti, nemmeno in quarta serie è permesso il consumo di alcolici durante una manifestazione sportiva) e infine un ponticello che permette, da un solo lato, di attraversare il fiumiciattolo che divide la strada dal terreno: dagli altri lati, per poter vedere la partita da vicino, si è costretti ad entrare con i piedi nel piccolo corso d’acqua… romanticismo a secchi!
L’atmosfera è superba, già durante il tragitto verso il piccolo villaggio mi ero accorto del gran numero di tifosi in corteo, alla fine gli ospiti saranno stati ad occhio 1.000-1.200 ed hanno occupato ogni angolo di verde che circondava il terreno di gioco.
Ad inizio partita, una bella fumogenata arancione da parte degli ultras accende il match. Molto curiosa la storia legata all’uso dell’arancione nelle curve rumene, ora poco utilizzato, fatta eccezione per Timisoara, ma un tempo una vera e propria mania, nata dai colori dei bomber che i ragazzi portavano negli anni novanta. A Timisoara viene utilizzato fin dal 1995 (a tal proposito, devo ricordare che un mese fa la “Peluza Sud” ha compiuto 20 anni di esistenza), cioè dall’apparizione del primo drappo ultras in città e in tutta la nazione, tra l’altro l’arancione fu anche usato più volte nelle prime sciarpe dei gruppi e su altro materiale in tutta la Romania.
Tornando alla partita, mi tocca dire che purtroppo il tifo non è stato di quella potenza che mi aspettavo e le cause credo siano state molteplici: la strana dispersione dei tifosi lungo i tre lati del terreno, il caldo opprimente e anche il risultato dell’andata che lasciava poche speranze di rimonta ai locali. Sono sicuro anzi, che le presenze da Timisoara sarebbero state ancora di più nel caso in cui la partita fosse rimasta ancora il bilico al ritorno.
Il secondo tempo invece si è aperto con una bella torciata dei ragazzi, seguita da uno striscione attaccato centralmente su cui era scritto “Timisoara olè, spre divizia C”, ovvero “Timisoarà olè, verso la terza divisione”. Il tifo è rimasto nuovamente sottotono anche durante la ripresa, eccezion fatta per qualche acuto soprattutto dopo la rete del vantaggio del Poli, che ha materializzato ancor di più, se possibile, la promozione.
Sul terreno, la partita terminerà due a uno per i locali, risultato inutile visto il perentorio 5-1 dello Stiinta; alla fine della partita, tutti gli ospiti in campo a ringraziare i loro ragazzi, resisi protagonisti di un altro passo importante verso categorie più consone al nome della città.
Di fatto Sabato 27 Giugno è stata scritta una pagina importante della storia calcistica timisoreana, dopo tre stagioni di campionati provinciali, il Poli è tornato in un campionato patrocinato da quei criminali della FRF. La città si lascia così definitivamente alle spalle tre anni di campetti, di pance d’altri tempi in campo e di grigliate vicino la panchina; ora c’è da aspettarsi che, al più presto, venga messo loro il bastone fra le ruote: il Sindaco e la Federazione sono sicuramente due gatte difficili da pelare, soprattutto in un edificio calcistico come quello rumeno, che mi lascia spesso attonito e perplesso. Edificio che ha reso la massima serie nazionale, il campionato dei sindaci: infatti nella prossima stagione, che inizierà a breve, solo quattro società possono vantare una certa storia e un certo sostegno a livello di tifo organizzato. Palazzo e padroni sono riusciti nell’ardua impresa di far scomparire, una dopo l’altra, le squadre che hanno fatto la storia del calcio rumeno. Mai come in questo paese ho avuto l’impressione che le cose si decidano nelle stanze dei bottoni e che tutto quello che la gente vede siano soltanto un’esecuzione teatrale, eseguita tra l’altro molto male: anche per questo al cittadino medio rumeno non gliene frega nulla di questo sport.
Tornando a parlare di Timisoara, la città, nonostante la gioia della vittoria, ha dovuto inghiottire un altro boccone amaro, ancora prima della fine di questa stagione sportiva: pochi giorni prima della promozione, il sindaco Nicolae Robu è riuscito a riottenere, per la sua creatura in massima serie, il nome e il palmares del vecchio Timisoara. Insomma, fine pena mai, oppure come dice un’espressione dialettale dalle mie parti: “Di nuovo i ladri a casa mia”.
Si torna a casa, contento di essere riuscito a vivere una pagina di storia, perché sono sicuro che non capiterà mai più di vedere il Poli impegnato su questi campetti, anche se, si sa, le gatte nere in questa città si nascondono dietro ogni angolo. Obligatoriu inainte, viitorul este făra patroni.
Testo di Alessandro Piccioni.
Foto di EmVau di Peoricestadion.eu.