Il Catania batte il Vicenza. Seconda vittoria stagionale. Lascia l’ultimo posto della classifica, ma questo non basta a fermare la contestazione dei tifosi verso squadra e dirigenza.
Alla vigilia della partita aveva parlato l’allenatore, Sannino. Come di consueto. Aveva parlato anche la curva però. E questo, consueto lo è meno. Con un comunicato diramato nelle ore precedenti la partita contro il Vicenza, la Curva Nord Catania era stata chiara. In settima s’era vociferato circa la possibilità che i gruppi organizzati, per protesta verso il rendimento della squadra e la condotta della dirigenza, non entrassero allo stadio. Ipotesi smentita dalle parole e poi dai fatti.
“La maglia si sostiene, sempre. Non si abbandona. Ma chi non si impegna per onorarla, dentro e fuori dal campo, va contestato. A prescindere dal risultato”. Non le parole esatte, ma il senso del messaggio lanciato dai gruppi organizzati della Curva Nord Catania questo è. Ribadito a gran voce anche ad inizio partita, nel consueto “discorso” che apre i 90’ e più di tifo. Tant’è che i rossazzurri, già al riscaldamento, vengono fischiati preventivamente dal settore più caldo del Massimino.
L’inizio gara dà ragione ai motivi della contestazione. La gara, definita “spartiacque” dall’allenatore Sannino, viene interpretata tutt’altro che a tono dai suoi giocatori. C’è più Vicenza in campo. Molto di più. Una sorpresa? Ponderabile solo misurando la delusione dei tifosi rossazzurri che, dopo i primi minuti di astenia, sbottano all’arrembaggio dei biancorossi verso la porta dell’ex, Frison. Strali diretti verso tutto e tutti. Dal gioco ai giocatori, dal presidente all’amministratore delegato.
Sannino manda all’esordio il 4-4-2. La riposta è: “Ma come giocate? Non si capisce”. Oltre al gioco, paiono mancare – e da tempo – anche gli uomini giusti al posto giusto. Difetto indipendente dai tanti, troppi infortuni. Problemi, entrambi, determinati dalle scelte di chi? “Cosentino, vattene a casa”. Messaggio all’amministratore delegato del Catania. “Pulvirenti, dov’è?”, c’è anche l’ironia per il ritardato ritorno allo stadio del presidente del Catania dopo mesi di lontananza.
Stando a quel che accade in campo, per la dozzina circa di tifosi ospiti, provenienti (encomiabili) da Vicenza, pare prospettarsi un’ottima giornata. Nessuno striscione riferibile a gruppi organizzati. Poco colore ma la ferma volontà di seguire la propria squadra anche nella trasferta più a “Sud” della stagione. L’amicizia col Messina però, a Catania impone il pedaggio. Citare non è opportuno laddove l’immaginazione supplisce benissimo. Reciprocamente, non sono “Salve, bentrovati”.
Chiuso il primo tempo senza, miracolosamente, prendere gol, il Catania della ripresa mostra come i destini di una squadra li decida principalmente la squadra stessa. Con un pizzico di fortuna. Quella che rende la rovescia sbilenca di Calaiò un assist perfetto per la prima rete di Cani con la maglia del Catania. Sbloccata la partita il Vicenza lentamente sparisce dal campo. Pesano gli sforzi profusi nel primo tempo. Il Catania viene fuori e, presto, chiuderà la partita. Senza fretta però.
Primo rigore, giù Martinho in area. Fallo da ultimo uomo, Vicenza in dieci. Sul dischetto va Rosina. Sannino va dietro la panchina. Non serve: l’attaccante sbaglia (seconda volta di fila). Risultato in bilico, ma Vicenza alle corde. Qualche minuto dopo è Rosina ad andar giù in area. Stavolta è Calaiò a posare il pallone sul dischetto. Sannino beve. Funziona: rete, 2-0. Due rigori, un rosso e… la presenza in tribuna di Luciano Moggi, ospite del Catania, accendono l’ironia dei tifosi.
Gara ormai decisa, che tuttavia riserva ancora sorprese. Terza rete del Catania, con Martinho. Nel finale, 3-1 del Vicenza con rete di testa di Tena. Seconda vittoria stagionale per il Catania, che lascia così il fondo della classifica. Per una squadra ‘candidata’ alla vetta, non basta. A fine gara, i giocatori rossazzurri che applaudono anche verso la Curva Nord vengono fischiati ed invitati a rientrare negli spogliatoi. Vincere, non c’è tempo per le smancerie: “Amiamo solo la maglia”.
Giuseppe Puglisi