In principio doveva essere Angri-Scafatese e San Giorgio a Cremano-Giugliano. La prima, giocata a porte aperte e con la presenza di ambo le tifoserie all’andata, non lasciava presagire nessun tipo di divieto neanche al ritorno. Tuttavia, ad inizio settimana, comincia a profilarsi la possibilità che l’incontro si giochi in totale assenza di pubblico a causa di carenze strutturali del settore ospiti dello stadio angrese. Come l’esperienza mi ha ormai insegnato, basta che anche una sola voce circoli a tal merito per avere la quasi totale certezza che almeno il divieto di trasferta scatterà. Ed infatti arriva, tutt’altro che puntuale, il venerdì pomeriggio.
Teoricamente mi rimane almeno l’interessante sfida di Eccellenza Campana in programma domenica mattina. Mi informo e non ci sono divieti fino al sabato mattina. Peccato che, quando sembra essere tutto apposto, mi arrivi la notizia che la Questura di Napoli ha emesso una bella nota con la quale si decreta che a San Giorgio a Cremano la gara si disputi a porte chiuse.
Ok, manteniamo la calma. In fondo c’è sempre Fondi-Terracina. Derby pontino tutt’altro che da buttar via. Però, c’è sempre un però. Anche qui la Questura, stavolta di Latina, ha ben pensato di inibire la trasferta ai Terracinesi proprio di sabato. Insomma, anche la mia testardaggine sta per svanire e comincio a pensare che forse sia meglio rimanere a casa con la ragazza. Eppure mi brucia, e so che a L’Aquila c’è una partita che tutto sommato non è neanche la peggiore. Ammetto che riservo alla Serie C sempre il ruolo di ripiego in occasioni come queste. Una volta smaltita l’irritazione decido di andare. Sui giornali si parla di tutto esaurito al Fattori e di una massiccia presenza umbra. Inoltre qui, essendoci la tessera, so che non potranno vietare nulla (le assurdità di questo sistema).
Di raggiungere il capoluogo abruzzese con i mezzi non se ne parla, vista la scarsezza dei pullman di domenica, quindi, convinto da un altro “partitellaro” che aveva programmato questa partita da tempo, scelgo la macchina, fruendo quantomeno della comodità che essa comporta, vale a dire partire quasi a mezzogiorno. Una bella giornata di sole bacia il Centro Italia ed i chilometri, in realtà non molti, che dividono Roma da L’Aquila scorrono veloci. Da segnalare come, appena superato il confine che delimita Lazio ed Abruzzo, ogni display luminoso che incontriamo sulla nostra strada inviti i sostenitori perugini ad utilizzare l’uscita di L’Aquila Est, dove probabilmente è disposto il solito, ed ingente, schieramento di polizia, manco fossimo in guerra. In poco più di un’ora siamo a destinazione, ed uscendo a L’Aquila Ovest non v’è traccia di polizia o carabinieri.
Una volta entrati in città, davanti a noi, si apre il solito scenario fatto di gru, costruzioni diroccate, ruspe e calcinacci gettati un po’ ovunque. Per buona pace di chi decanta la ricostruzione della città aquilana ed il ritorno ad una vita normale, sembra essere davvero cambiato poco dai giorni del sisma ad oggi. Una bella signora attempata, mettendo in mostra tutta la sua parlantina dialettale, ci indica la strada più veloce per raggiungere lo stadio, ed in pochi minuti individuiamo i riflettori che, da sempre, sono la vera e propria bussola dei frequentatori di partite in giro per lo Stivale.
Parcheggiamo dietro la Tribuna Coperta, assieme a decine di macchine provenienti da Perugia sulle quali sono già assiepate decine di tifosi biancorossi che banchettano con panini, vino, Borghetti e birra. Manca un’ora al fischio d’inizio e possiamo prendercela comoda. Facciamo il giro dello stadio per raggiungere l’ingresso accrediti; girato l’angolo della tribuna un cordone composto da celerini e agenti graduati con radioline, distintivi e Rayban alla Terminator, ci squadra sin da lontano. Ci guardiamo ridendo come a dire “Quanto scommetti che ci fermano?”. Come volevasi dimostrare. “Ragazzi dove andate?
Di dove siete? Avete il biglietto?”. Ci viene da ridere, diciamo che siamo fotografi. Lo sceriffo di turno vuole vederci chiaro e ci chiede di mostrargli le macchinette insistendo sul nostro luogo di provenienza. Accentuiamo il nostro accento romano e lui, forse non un antropologo specializzato in linguaggi regionali diffusi in Italia, finalmente capisce e ci lascia andare. La psicosi è ormai totale, dura, se non impossibile, da debellare.
Davanti al settore di casa, gli ultras rossoblu stazionano bevendo, cantando ed esplodendo un paio di bomboni. L’ambiente sembra carico ed io, che ho dovuto praticamente rinunciare a qualsiasi partita opzionata in settimana, mi sento un pochino rinfrancato. Visto l’alto numero di fotografi, decidiamo di anticipare di qualche minuto il nostro ingresso. Così, dopo aver superato i due controlli degli steward (siamo in Serie C, tanto per ricordarlo) entriamo in tribuna dirigendoci verso la porticina che dà l’accesso al campo. Ritirate le pettorine eccoci finalmente sul terreno di gioco.
Una macchia rossa occupa il settore ospiti, i giornali parlavano di 700 Perugini ma, ad occhio e croce, saranno realisticamente 500. Comunque un buon numero, visto i tempi di magra che attraversiamo. Gli Umbri mostrano subito entusiasmo, incitando la squadra che in campo effettua il riscaldamento con battimani e belle sbandierate. Sono molti i bandieroni, tra cui spicca quello davvero affascinante che raffigura gli “Invincibili” della stagione ’78-’79, l’armata guidata da Ilario Castagner che concluse il campionato al secondo posto, a tre punti dal Milan, imbattuta.
Dall’altra parte la curva rossoblu entra alla spicciolata e, quando le due squadre stanno per fare il loro ingresso in campo, la parte attiva del tifo abruzzese sarà individuabile in un bel quadrato composto da almeno 250 persone più i lati della curva che, a sprazzi, seguiranno il gruppone. Da segnalare, da ambo le parti, la presenza di un tamburo che accompagnerà costantemente i cori delle due tifoserie. A volte ritornano, potremmo dire.
Biancorossi e rossoblu iniziano a calcare il terreno di gioco. Il settore perugino si colora con diverse bandiere, bandieroni e sciarpe. Il fatto poi che tutti, o quasi, indossino una maglia della squadra, dà davvero un bellissimo colpo d’occhio. In un periodo in cui negli stadi di colore se ne vede davvero poco, almeno visivamente è sembrato di tornare indietro di qualche anno. Degna di nota anche l’accoglienza alle due squadre riservata dalla curva di casa. Sciarpe al cielo ed un paio di torce e fumogeni accesi.
Dovendo stazionare dietro all’una o all’altra porta, opto per quella vicina al settore rossoblu. Il sole batte con insistenza ed il primo caldo stagionale mi costringe a rimanere a maniche corte. Meglio di me fanno senza dubbio i ragazzi di L’Aquila, che mostrano quasi tutti il petto nudo e cominciano a tifare davvero alla grande. Numerosi, e tutti di pregevole fattura, sono i bandieroni che non smetteranno un istante di sventolare, mentre il lanciacori sprona con vigore la curva, che produce un effetto canoro davvero meritevole d’attenzione. Diamo a Cesare ciò che è di Cesare. Gli Aquilani, negli ultimi anni, sono migliorati molto qualitativamente e quantitativamente. La prova di oggi ritengo sia pressoché perfetta. Battimani stilisticamente impeccabili, bandiere sempre al vento, un paio di sciarpate fitte ed intense, ed un tifo che non è mai sceso sotto la sufficienza. Vista la situazione attuale della Serie B, possiamo dire tranquillamente che non sfigurerebbero tra i cadetti.
I Perugini di oggi risentono fortemente la massiccia presenza di tifosi occasionali, arrivati in Abruzzo più per fare una gitarella domenicale che altro. Il primo tempo degli Umbri è tuttavia molto buono. Tifo costante, ben ritmato dal tamburo e colorato dalle tante bandiere. È nel secondo tempo che il “brucaccione” (tifoso dedito a girare in macchina con il bruco riportante i colori della propria squadra) biancorosso prende il sopravvento e per i gruppi diventa davvero impresa ardua coordinare con costanza il tifo. Ennesima dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, di come la quantità non faccia quasi mai la qualità.
Tra le due tifoserie regna totale indifferenza, mentre in campo la partita si svolge abbastanza noiosa. Il match-ball ce l’avrebbero i padroni di casa nel secondo tempo, quando il direttore di gara assegna loro un calcio di rigore ineccepibile. Dal dischetto va Pià, ma l’estremo difensore perugino intuisce respingendo la sfera e facendo esplodere il settore ospiti. Galvanizzati dall’errore avversario, i biancorossi spingono sull’acceleratore senza comunque riuscire a produrre nulla di realmente pericoloso.
Finisce così in parità e, mentre gli Aquilani raccolgono gli applausi dei propri tifosi, dal settore ospiti partono dei cori di contestazione nei confronti della squadra. Ora, lungi da me esprimere facili giudizi, ma qualche domanda me la sono fatta. Con il Perugia secondo, a cinque punti dal Frosinone ma con una partita in meno, è cosa normale contestare? Nel mio piccolo e modesto gruppo, ai tempi belli, serpeggiava un motto lasciato da chi aveva vissuto gli anni più belli del nostro movimento “Si contesta solamente con la squadra ultima ed a 15 punti dalla penultima”. Se questo può apparire esagerato, lo è anche il contrario e mi lascia alquanto basito. Comunque ognuno fa le sue scelte.
Detto ciò, è arrivato il momento di tornare a casa. Dopo aver riconsegnato la pettorina possiamo uscire dallo stadio e raggiungere nuovamente la macchina. Rimaniamo per un po’ invischiati nel traffico del deflusso e riusciamo poi a riconquistare il casello della famigerata A24. Fino a Tivoli la strada corre veloce poi, come di consueto, si intravedono i primi rallentamenti. C’è da dire però che, nonostante una minuta coda
al casello, e qualche incolonnamento di tanto in tanto sulla Tangenziale, il ritorno è tutto sommato agevole (se si considera lo stato generale di questa arteria, da anni sottoposta ad infiniti lavori che spesso ne rendono l’utilizzo un vero e proprio inferno. Nonostante sia tra le più care d’Italia). Dopo gli ultimi moccoli per l’arretramento dell’uscita Palmiro Togliatti, con conseguente errore e gincana per ritrovare la retta via, il viaggio termina ed ognuno va per la sua strada. Una volta tanto la Serie C non ha lasciato l’amaro in bocca. E questa è giù una notizia.
Testo e foto di Simone Meloni.