Sono molto curioso di arrivare finalmente a Lecco per vedere una partita. Scoprire un campo nuovo e una tifoseria mai vista dal vivo è sempre affascinante. Lo è ancora di più essendo già stato nella città senza aver avuto occasione di vedere la sua tifoseria all’opera. Nonostante questa mancanza, ero già rimasto impressionato dalla bellezza del posto. Mi trovo a Bergamo e mi servono quaranta minuti di treno per raggiungere il capoluogo della vicina provincia. Qualche chilometro dopo avere lasciato la città orobica, la panoramica con le montagne mi rapisce . Vivendo nel Nord-Ovest dell’Europa, dove il paesaggio è molto più noioso, rimango colpito della bellezza della natura, poi oggi è una domenica stupenda, fredda ma con un cielo blu ed un bellissimo sole non propriamente invernale.

La stazione di Lecco è piccola ed è facile ritrovarmi con il collega e amico Simone. Sempre piacevole essere con un altro pazzo (o appassionato, mettetela come volete) di Sport People per scoprire un posto nuovo, soprattutto visto che abbiamo già girato insieme. La prima cosa da fare è ovviamente tornare sul lago. Forse per via dell’orario ci sono pochi turisti. Bisogna dire che la città ha inoltre il suo mercatino di Natale, cosa che finisce per attirare i turisti, ma per fortuna noi li odiamo e preferiamo godere del lungolago, nonostante un vento gelido che soffia.

La bellezza del posto convincerebbe qualsiasi persona che l’Italia è veramente un paese stupendo. Lo dimentichiamo troppo spesso, ci sembra scontato come il fatto di respirare, ma se ci fermiamo un po’ a pensare, non lo è affatto e faremmo meglio a ribadirlo. I monti che affondano nel lago sono non solo un incanto della natura ma anche parte dell’incipit del più famoso romanzo storico della letteratura italiana, I promessi sposi. E ritrovandosi sul posto si capisce in un attimo perché Alessandro Manzoni li abbia citati. Poi si nota la piccola statua dorata di San Nicolò a Punta Maddalena che vigila sulle onde e sui naviganti dal 1955. La stessa basilica in centro, il cui campanile domina la città, è dedicata a questo santo di cui purtroppo per poco ci siamo persi la festa, che ricorreva il 6 dicembre. Interessante notare come in questa città settentrionale, sia centrale la figura di un santo altrettanto legato al profondo sud, dove i più lo conoscono come San Nicola di Bari. Ma come si sa bene, questo santo viaggiatore veniva dell’attuale Turchia, precisamente da Myra ed ha finito per diventare fra le più importanti e venerate in Italia e non solo. La sua figura, per un motivo meno spirituale, piace anche a due giramondi come noi e quindi non potevamo esimerci dal portargli un saluto in nome della nostra fede molto più prosaica ma che alla stessa maniera ci porta ovunque.

Proviamo a cercare un posto per mangiare qualcosa, ovviamente senza aver prenotato ma sicuri che a Lecco, di domenica, una tavola e un pasto caldo l’avremmo trovato ugualmente. Purtroppo mi sbagliavo ed anche se piccola o forse proprio per questo, un’altra parte importante di ogni viaggio in Italia viene meno. La trattoria locale che avevo adocchiato a pochi passi dal lago è pienissima, nel centro invece i prezzi son molto più turistici e la qualità lascia un po’ a desiderare. Niente contro la pizza ma quella non la mangerei mai a Lecco. Perché viaggiare è anche qualcosa che si fa assaggiando i sapori locali. Il campanilismo in Italia non è solo una questione legata al territorio, al calcio ma anche e soprattutto alla gastronomia.

Il calcio d’inizio è fissato per le ore 14.30 con il Lecco che fin qui è stato protagonista di una buona stagione, in cui occupa il secondo posto nel girone A della serie C, ma nonostante questo ci sono pochissimi segnali di passione calcistica in giro ed è triste rilevarlo dato che parliamo comunque di una squadra storica del calcio nazionale. Solo in prossimità dello stadio notiamo gente col cuore che batte per i colori blucelesti e sono ovviamente gli ultras. Per i quali siamo venuti appositamente fin qua, Simone da Roma e io dal Lussemburgo, per vedere da vicino questi ragazzi ed anche ragazze. Allo stesso tempo incuriositi e stimolati anche dalla possibilità di vedere da vicino questo campo e la particolare maglia a strisce blucelesti.

Gli ultras del Lecco si muovono in corteo verso lo stadio. E ancora una volta è solo grazie ai loro canti e fumogeni che giungono le prime avvisaglie inequivocabili della partita imminente. Attorno all’impianto la presenza della polizia è discreta e non c’è la paranoia che possiamo avvertire in alcuni centri urbani del Bel paese. Quando arriviamo dietro la Curva Nord ci colpisce la biglietteria che è davvero “old school”. Tradizione che resiste a discapito dei maledetti biglietti on-line. A pochi passi si notano anche due targhe, la prima dedicata a Mario Ceppi, la seconda a Mario Rigamonti. Lo stadio si chiama appunto Stadio Rigamonti-Ceppi ed è stata inaugurato proprio un secolo fa, il 15 ottobre 1922. Anche se il calcio si giocava a Lecco già nel 1907, quando il Foot-Ball Club fu invitato alla Coppa Chiasso. Bisogna anche menzionare in quegli anni la sezione Foot-Ball dell’US Lecchese, l’Associazione del Calcio e la Società ginnastica Ghislanzoni che ci fanno capire la popolarità del gioco nei primi anni 1910. Dalla fusione di due di questi sodalizi nacque l’FC Lecco ma che si ritrovò poi a fare i conti con alcuni problemi finanziari.

Per questo motivo, il 22 dicembre 1913 (anche se ancora oggi la società si richiama al 1912 come anno di fondazione), grazie a Vico Signorelli, amministratore della Società Canottieri Lecco (costituita il 27 settembre 1895), viene proposto di creare una sezione football per «mantenere in allenamento la squadra di canottaggio nei mesi invernali». E se i colori della squadra lecchese son il blu ed il celeste lo si deve proprio alla divisa della Canottieri. La prima partita della nuova compagine viene disputata quattro mesi dopo, il 13 aprile 1914, e finisce con una sconfitta per 4 a 2. Ma bisogna aspettare il 22 dicembre 1914 per vedere l’Assemblea Generale sancire la nascita ufficiale della Canottieri Lecco Foot-Ball Club. Nei primi anni la squadra disputa solo partite amichevoli. Con l’Italia che entra nella prima guerra mondiale nel 1915, il calcio si interrompe e con esso la sua promettente ascesa. Quattro anni dopo, il il 18 maggio 1919, i calciatori blucelesti tornano finalemente in campo per un derby contro l’Associazione Lecchese.

Bisogna aspettare la stagione 1920/21 per vedere la Cannotieri prendere parte ad un torneo della FIGC, quello di promozione (al tempo il secondo livello del calcio italiano, cioè la serie B odierna). L’anno dopo, vede l’elezione di Eugenio Ceppi alla testa della Società Canottieri Lecco, il nuovo presidente mette a a disposizione della sezione calcistica un terreno di sua proprietà. Il campo sportivo di via Cantarelli viene inaugurato con una gara amichevole con la Trevigliese il 15 ottobre 1922 e vede una vittoria dei blucelesti per 5 a 2. Ma lo stadio vero e proprio sarà edificato solo nel 1924 con la costruzione di due tribune (una delle quali coperta). Il 2 giugno 1949 invece, l’amministrazione comunale intitola l’impianto alla memoria di Mario Rigamonti, difensore del Torino che perse la vita nella tragedia di Superga e che ha anche giocato nelle file del Lecco nel 1944/1945, con il quale ha disputato il torneo benefico Lombardo.

Nel 1931, la Canottieri decide di abbandonare l’attività sportiva e si scioglie. I gerarchi del Fascio locale nominano una commissione per ricreare una società calcistica e così, il 6 settembre 1931, l’Associazione Calcio Lecco fa il suo esordio in un’amichevole contro la Trevigliese in cui gli aquilotti perdono per 3 a 1. Il suo nuovo presidente è Gennaro Pensa, gerarca fascista locale e medico all’ospedale cittadino. Nel consiglio trova posto Mario Ceppi, figlio del compianto Eugenio Ceppi, scomparso nell’aprile 1931. Il suo ruolo nel sodalizio cresce fino a quando ne diviene commissario straordinario nel 1941 in un periodo di grande difficoltà economiche. Il 3 agosto 1948 Mario Ceppi viene nominato presidente dell’AC Lecco che, con lui, assurge a tutt’altra dimensione. Comincia una lenta ma inesorabile scalata che porta i blucelesti in serie A alla fine della stagione 1959-1960. Lo stadio Mario Rigamonti viene ampliato in concomitanza di questo traguardo. La sua capienza viene portata a 22.000 posti, mentre un impianto di illuminazione completa l’opera.

La prima vittoria nel massimo campionato avviene contro il Padova, il 9 ottobre 1960 per 2 a 1. Alla fine della stagione, la squadra si salva in extremis. L’anno dopo però arriva la retrocessione in serie B. L’AC Lecco tornerà nel gotha del calcio italiano una sola volta, durante la stagione 1966/67 la cui ultima partita si disputa nella Scala del calcio, allo stadio Giuseppe Meazza dove l’addio alla massima serie avviene a seguito di un pareggio per 1 a 1 contro il Milan. Il presidentissimo Mario Ceppi lascia la massima poltrona societaria nel 1967 per ritornare al proprio posto poco tempo dopo fino al 1974. Inizia poi il lento declino del Lecco Calcio, fatto di qualche anno nel campionato cadetto e di tante stagioni in serie C fino al 1980, quando retrocede in serie C2.

Il 1983 è un annus horribilis per i blucelesti, per via della retrocessione in Interregionale (al tempo il quinto livello del calcio italiano) e soprattutto per la morte di Mario Ceppi. Da lì diversi campionati anonimi e lo stadio che viene interessato da nuovi lavori, con la tribuna centrale che viene rasa al suolo e sostituita da una nuova gradinata nel 1987. Tre anni dopo, il Lecco ritrova i professionisti con la promozione in Serie C2. Nel 1993, in occasione del decimo anniversario della scomparsa del presidentissimo, l’impianto sportivo viene co-intitolato a Mario Ceppi e prende il nome col quale tuttora è conosciuto: Stadio Rigamonti-Ceppi. I blucelesti ritrovano la serie C1 ma come troppo spesso accade in Italia, nel 2002, nonostante un bel campionato, per via dei bilanci disastrosi, il Lecco Calcio viene escluso e deve ripartire dell’Eccellenza. Da qui prende le mosse l’ultima fase del calcio lecchese che, durante questi due decenni, si barcamena tra serie D e serie C mentre lo stadio, per via delle nuove norme di sicurezza e per evitare altri lavori, vede la sua capienza portata a 4.997 posti, sotto la soglia dei 5.000 posti che avrebbe richiesto appunto ulteriori interventi e adeguamenti. L’ultimo restyling avviene comunque col ritorno in serie C nel 2019, in ottemperanza alle norme di questo campionato, con la tribuna ed i distinti che vengono dotati di seggiolini.

Eccomi dunque dentro questo storico impianto, che vede da un secolo giocatori con la maglia bluceleste sfidare il proprio destino sportivo per tenere alto il nome di Lecco. Per me rappresenta uno dei monumenti più importanti della città, come lo può essere la statua di San Nicolò, la villa Manzoni o il palazzo delle Paure. Qua non ci sono tornelli e altri ammennicoli stupidi che creano più problemi di quelli che dovrebbero prevenire. Anche se due vie sono bloccate al traffico con delle recinzioni abbastanza approssimative, c’è un controllo molto tranquillo e non invadente che mi conferma di aver fatto la scelta giusta con questa partita dove l’atmosfera non sembra inquinata dall’isteria. Lo stadio non è solo un monumento cittadino ma racconta tante cose, compreso il territorio e di fatto il panorama dalla tribuna è spettacolare. Di fronte ai miei occhi, si staglia il Monte Resegone che si eleva a 1875 metri s.l.m. Questa montagna delle Prealpi Orobie delimita il confine tra la provincia di Bergamo e quella di Lecco. Poi oggi con la luce, appare nella sua bellezza semplice ma accattivante, con un po’ di neve sulle cime.

Purtroppo, all’interno dell’impianto non c’è altrettanta gioia per gli occhi, con solo 1.290 spettatori, dei quali 169 di Padova, buon numero viste le vicissitudini della compagine biancoscudata sul campo. La Curva Nord, sede del tifo bluceleste è ovviamente il settore più affollato e non può che farmi piacere perché significa che giovani e meno giovani hanno ancora voglia di calcio a Lecco e vogliono tramandare la leggenda dell’aquila e soprattutto il tifo per questi due colori. Poi, cresciuto con pane e Supertifo ricordo bene i vecchi striscioni nel loro settore: Mods su tutti, ma anche Brigate Blucelesti, Front, Viking o Der Adler. Oggi sono tre le insegne attive che portano avanti il discorso ultras a Lecco: i Cani Sciolti, attivi dal 1993, i più giovani UnoNoveUnoDue ed accanto a loro, ci sono i Veterani, nome che spiega già tutto. Menzione a parte anche per uno stendardo delle Brigate 1978 che è una sorta di filo rosso e di testimonianza del passato. L’unità d’intenti qui non è una parola vana e nonostante le varie anime del tifo, un solo corista ne coordina le attività canore ed è piacevole e tutt’altro che scontato, in un periodo storico in cui gli screzi e i personalismi sono all’ordine del giorno in ogni dove.

Di fronte, come detto, sono precisamente 169 i biglietti staccati da Padova. Un bel numero secondo me, non tanto per la distanza comunque non eccessiva tra i due centri (230 km li separano), ma perché essere tifoso dei biancoscudati mi appare come una via crucis da un decennio a questa parte. La squadra biancorossa, dopo un brillante inizio di campionato è ancora una volta in calo, e nonostante le velleità di promozione in Serie B, sembra più probabile una tranquilla salvezza nel destino del Padova per questa stagione. Non ultimi, non si possono dimenticare i problemi legati alla costruzione della curva attesa da 30 anni e che, come una maledizione sulla sorte dell’AC Padova e dei suoi fedeli seguaci, è stata dapprima rallentata da problemi di approvvigionamento del materiale di cantiere e poi posta sotto sequestro dalla Guardia di Finanza per irregolarità nell’appalto.

Quando le squadre entrano in campo, non si vede niente di particolare: bandiere e stendardi biancorossi nel settore ospite e tre bandieroni nella curva nord di casa. Devo dire che il bandierone nero con il punto interrogativo giallo dei Cani Sciolti fa sempre il suo effetto. La scelta cromatica del gruppo si nota anche sul loro materiale, dai cappellini alle felpe. Attivi come detto dal 1993, i Cani Sciolti festeggeranno fra poco i 30 anni di attività. Il tifo parte subito bene dalla Curva Nord, aiutato anche del gol del Lecco dopo 4 minuti. Il loro stile è molto asciutto, c’è un tamburo, tre bandieroni, una bandiera e basta. Se venite qua per cercare tanto colore non è la scelta giusta, ma come si dice in inglese, “less is more” e questo minimalismo è comunque interessante ed è tutt’altro che assenza quanto essenza e sostanza. Il tifo Padovano è più discreto ed anche se al 29° un’autorete di un giocatore bluceleste permette agli ospiti di pareggiare, questo non cambia niente ai decibel del settore ospite che restano piuttosto bassi.

Nel secondo tempo, la partita sul campo è sempre la stessa, con il Padova che fatica e il Lecco che prevedibilmente riesce a segnare il 2 a 1 al 55° minuto. Nonostante il risultato favorevole, che permette alla squadra bluceleste di agganciare il secondo posto in classifica, la curva locale si limita però ad una prestazione discreta, in cui hanno sempre spinto la formazione lecchese ma in cui potevano anche fare onestamente di più. Sul versante ospite, l’ennesima figuraccia in campo non ha aiutato gli ultras biancoscudati. Il tifo non è mai decollato ma almeno nel secondo tempo, ha visto una parte della tifoseria biancorossa tirare fuori l’orgoglio e la voce. Meglio invece la prestazione a livello di colore, con le solite pezze ma anche stendardi e bandiere sventolate per grande parte dell’incontro. Ed una piccola sciarpata sul finire del secondo tempo che ha offerto un piacevole tocco di colore. Niente offese tra le parti, ognuno ha guardato solo ai propri colori.

In chiusura bisogna menzionare anche la presenza di una delegazione monzese che, anche se non espone pezze o bandiere, si fa notare grazie alle sciarpe biancorosse che spiccano allorquando la Nord di casa realizza una sciarpata molto particolare, con diverse cinture aperte fra le sciarpe ed una scala aperta fra la gente e usata dal lanciacori per coordinare il tifo. In tal senso si segnala anche uno striscione per Davide Pieri, ultras del Monza morto 24 anni fa e a cui è dedicata anche la Curva Sud dello stadio brianzolo, che è una scelta dal significato molto profondo.

Quando l’arbitro fischia la fine dell’incontro, gli stati d’animo sono totalmente diversi: la squadra locale festeggia la vittoria sotto la Curva Nord, mentre nel settore ospite ci sono fischi per gli atleti del Padova Calcio che si intrattengono a discutere con i propri ultras. Bellezza e tristezza del calcio, riassunte in queste due immagini. È tempo anche per me di lasciare lo stadio Ceppi-Rigamonti. La luce è stupenda in questa fredda domenica ed il panorama del Resegone dietro i distinti fa capire come la natura, l’impianto e la città siano degli elementi diversi ma ognuno parte delle storie legate all’identità del posto. Eugenio Ceppi non poteva immaginare un secolo fa che, donando questo terreno alla sezione calcistica dei Canottieri, avrebbe contribuito a creare un altro monumento in cui sarebbero cresciuti sogni e speranze di generazioni di lecchesi dal passato al presente, in uno spazio che ha rappresentato un importante polo aggregativo e sociale per la città. E solo per questo, merita di essere ringraziato in eterno.

Testo di Sébastien Louis
Foto di Sébastien Louis e Simone Meloni