Avete presente i preparativi per il primo appuntamento con quella ragazza un po’ snob convinta per sfinimento, le riflessioni sull’abbigliamento adatto a mo’ di una celebre statua di Rodin e ancora il ristorante dove portarla a cena e il dilemma dei dilemmi: me li porto o no i preservativi?
Bene, ora immaginate il suo discorso iniziale non appena seduta in macchina, precedentemente pedinata dal portone alla portiera:
“Guarda, io sono fidanzata e non ho la minima intenzione di far nulla con te. Volevo essere schietta e non prenderti troppo in giro. Però possiamo essere amici”.
Ecco, questa che sto per raccontarvi è la storia di una speranza fiorita nel cuore e appassita in men che non si dica.
La sveglia rintoccando, vibrava senza sosta, mentre il Sole si era levato alto su Monte Mario illuminando le sue verdi colline. Nonostante le poche ore di sonno e la nausea mattutina, acuita dal caffè a stomaco vuoto con l’immancabile bionda fumante fra le dita, pensavo che i bruciori di stomaco fossero destinati a svanire in quel della Garbatella. Alle ore 10 di un usuale lunedì romano di scioperi e traffico selvaggio, si sarebbe tenuta una riunione aperta al pubblico della Commissione Sport della giunta di Roma.
Nel cuore della Garbatella, “il quartiere che mi piace più di tutti” citando Nanni Moretti, teatro del romanzo pasoliniano “Una vita violenta“, tanti secoli or sono sorgeva un piccolo e antico mulino che a partire dal 1500 fu l’unico della zona a godere dell’autorizzazione della Camera apostolica a macinare le crusche. Via della Moletta ne prende tuttora il nome, ma al posto dei sacchi di farina sorgono case, negozi, ristoranti e una enorme struttura in vetro inaugurata da un paio d’anni per volontà dell’allora sindaco Ignazio Marino. La “Casa della Città” con le sue facciate splendenti baciate da Apollo, mi ha accolto in tutta la sua maestosità e trasparenza, facendomi immaginare un’altrettanta limpidezza negli animi dei partecipanti.
Parcheggiato lo scooter tra una vettura e l’altra a causa dell’assenza di appositi stalli, considerando la presenza di motocicli occupanti il marciapiede antistante l’ingresso (della serie: i parcheggi selvaggi sono puniti, ma solo allo Stadio Olimpico, ndA), e dopo aver depositato un valido documento di riconoscimento, senza perquisizione, mi sedevo bellamente nelle prime file in attesa trepidante e buona compagnia.
Dopo aver preso la parola per ringraziare i presenti, il Presidente della Commissione, Angelo Diario – esponente del Movimento 5 Stelle – esordiva con queste parole (le sintetizzo per non tediarvi troppo):
“La sicurezza all’interno dello stadio e la viabilità sono le due principali questioni sollevate da Fratelli d’Italia (nelle persone dei Consiglieri Andrea De Priamo e Fabrizio Ghera).
Al momento stiamo raccogliendo informazioni, anche perché i responsabili sono la Questura e la Prefettura, per la quale il numero degli incidenti nelle curve si sarebbe drasticamente ridotto in seguito all’utilizzo di tali misure di sicurezza. L’Olimpico, tra l’altro, essendo di proprietà del Coni non è un impianto sul quale il Comune ha una diretta competenza. Per quanto riguarda le barriere però, il solo fatto di averle rimosse in occasione della partita di rugby tra Italia e Nuova Zelanda andata in scena lo scorso sabato, dimostra quanto non ci sia una chiusura ideologica a priori“.
Penso di aver assunto un’espressione simile ad un perplesso Carlo Ancelotti, con il sopracciglio a baciare l’attaccatura dei capelli. Tristemente difatti assistevo ad un’autentica proclamazione di uno stato di diritto letteralmente violato, in quanto, a detta dello stesso presidente della Commissione più autorevole in materia di sport, l’amministrazione eletta dai cittadini non avrebbe alcun potere in merito ad eventi capaci di convogliare decine di migliaia di persone. In pratica ci stanno dicendo che loro, pur partecipando alla cena, non hanno facoltà di ordinare dal menù. Le perplessità sono però superate dallo stupore. Dovrei essere abbastanza certo della presenza di barriere durante il test-match degli Azzurri della palla ovale.
(Andando con lo sguardo oltre i temibili uomini di nero vestiti, potrete notare l’assenza di barriere in curva)
Ma andiamo oltre, altro giro altro discorso: prende la parola Marco Cardilli, neo delegato alla sicurezza del Comune di Roma.
“Va fatta una premessa: pur sedendo nel Comitato per l’Ordine e la Sicurezza pubblica, noi abbiamo un ruolo secondario. Detto questo ho parlato con i colleghi del Gabinetto della Questura che mi hanno confermato l’utilità degli interventi attuati dall’allora Prefetto Franco Gabrielli, misure peraltro previste in uno dei tre decreti ministeriali del 2008 la cui attuazione era necessaria per omologare lo stadio in un circuito internazionale. A detta della Questura l’incidenza dei reati è diminuita, ma non è compito mio o del sindaco dar indicazioni specifiche sul ripensamento. Da quello che mi risulta, però, le barriere divisorie non impediscono in alcun modo la fruibilità dello stadio né tantomeno hanno diminuito la capienza del settore. Va detto quindi che esse non rappresentano un impedimento per il tifo organizzato“.
Una sfilza di inesattezze degne delle mie peggiori performance liceali alle prese con le tanto temute interrogazioni di greco (2 fisso, ma mai in trasferta).
Oltre ad aver ribadito il ruolo marginale del Comune di Roma, come se questo fosse un organo di scarso valore decisionale, il delegato ha pensato bene di emulare l’ex Prefetto romano, attuale Capo della Polizia e profondo conoscitore del calcio europeo tutto. Il “circuito internazionale”, riprendendo le stesse parole, dovrebbe essere quello di paesi come Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, Olanda. Paesi in cui di barriere non vi è ombra, né tantomeno di assurde multe – seguite da vere e proprie diffide – per aver osato cambiar seggiolino. Gli spalti europei pullulano di tifosi affacciati sul terreno di gioco, senza recinzioni alcune e in molti casi inseriti in apposite standing area in cui muoversi liberamente. Misure di sicurezza deplorevoli che consentono ai sostenitori di espletare il loro dovere. O forse il delegato si riferiva al regime militare del Myanmar e allora sì, ci stiamo adattando anche noi al circuito internazionale.
Sulla mancata diminuzione della capienza i numeri parlano chiaro, ma probabilmente quei fogli sono stati fantozzianamente dimenticati in qualche cassetto impolverato o son stati utilizzati per creare aeroplanini dall’impeccabile aerodinamica, testando nuove strategie di punizione. In fondo le diffide non eliminano il problema, ma lo rimandano.
La discussione, se così possiamo chiamare un contraddittorio con un abete secolare, proseguiva con la spiegazione delle reali problematiche – quelle di tutti gli amanti del tifo folkloristico, razza ormai a rischio estinzione – da parte dei Consiglieri comunali di Fratelli d’Italia, Andrea De Priamo e Fabrizio Ghera e della vice Presidente Svetlana Celli del Partito Democratico. Parole che son sembrate svolazzare nell’aria senza giungere nelle orecchie dell’uditore supremo, mentre un attonito rappresentante della AS Roma assisteva all’ennesimo colpo d’ascia all’ipotesi di una risoluzione del problema. Assente la SS Lazio, mai operativa a favore della sua curva in questi lunghi mesi come ripicca del Presidentissimo nei confronti della sua tifoseria organizzata, e assente soprattutto il CONI.
Maliziosamente, mi vien da pensare, per render pan per focaccia dopo il mancato appuntamento in occasione della decisione della Giunta Raggi di opporsi alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024.
Però almeno, in base a quanto appreso nel corso della riunione, il Comitato Olimpico Nazionale avrebbe proposto di sostituire le barriere con dei nastri colorati. Idea assolutamente geniale in vista delle gare di limbo ai prossimi Giochi Olimpici. Niente niente qualche pericoloso ultrà si potrà dimostrare maestro assoluto del ballo originario di Trinidad.
Volgeva così al termine l’incontro nell’immenso edificio trasparente di Via della Moletta, da cui è emersa una triste realtà: le barriere resteranno lì al loro posto e, nonostante inizino ad alzarsi anche altre voci autorevoli fra i membri del Campidoglio, lo spiraglio per un dibattito civile sembra essersi improvvisamente ridotto ad una cruna di ago. E fin quando la posizione delle Istituzioni assomiglierà sempre più ad un capriccio da scuola elementare, rimarrà più facile far passare un cammello per la cruna di un suddetto piuttosto che rivedere lo spettacolo nelle curve nostrane.
Dulcis in fundo vorrei riportarvi le parole di una persona a me cara, colui dal quale prendo il cognome per farvela breve, che ha assistito allo spettacolo degli All Black neozelandesi, circondato dalla crème de la crème capitolina.
“Mi hanno fatto parcheggiare ad un paio di chilometri dallo stadio, costringendomi a camminare a lungo per raggiungere la Tribuna Monte Mario. Pensavo fosse diverso il trattamento verso chi ha i biglietti più cari di tutti, e invece. Ma da voi, quando gioca la Roma, è sempre così?”
È molto peggio, mi verrebbe da dire. Ma mio padre da buon sostenitore degli Azzurri della palla ovale, non è un assiduo frequentatore dell’impianto capitolino e mi dispiace che, seppur dal fisico gagliardo e roccioso nonostante gli anni che passano, una persona di quasi sessantasei anni, con due protesi alle ginocchia, sia costretta a questo trattamento.
Non penso che possa alleviare la sua delusione il raccontargli come, in base a quanto affermato fieramente dal Presidente della Commissione Sport, ben cinquanta (50) persone abbiano parcheggiato le fiammanti biciclette nella nuova zona creata per aspiranti Quintana.
Troppo spesso i tifosi della palla ovale sono privilegiati rispetto ai colleghi della rotonda sfera in base all’assunto mai dimostrato di purezza di tifo, ma sabato spero che alcuni di loro si siano resi conto che in fondo l’incapacità gestionale li rende vittime, seppure a metà.
Badate bene, il rugby e il calcio sono due sport completamente diversi, con modi di vivere la contesa diametralmente opposti. Eppure, avendo speso più di metà della mia esistenza fra mischie e touche, attese spasmodiche in mezzo ai pali, placcaggi e botte da orbi, penso che a questi fautori di uno sport diventato gagliardetto del distorto radical chic romano, sia sfuggito qualcosa.
Il rugby difatti non è più sport olimpico a causa di una maxi rissa scoppiata in occasione della finale di Parigi 1924, per cominciare col passo giusto. Il mese scorso in Inghilterra, precisamente nella contea di West Yorkshire, durante l’incontro tra i Red Devils Salford e gli Huddersfield Giants, le due tifoserie si son rese protagoniste del lancio di un razzo e di un’accesissima rissa che ha coinvolto anche i giocatori in campo. Episodi verificatisi negli scorsi mesi anche a Bristol (Inghilterra), Rostov (Russia) nel 2006, Francia – in occasione della sfida fra Biarritz e Beziers – e nel 2013 nel nostro Belpaese durante il derby toscano tra Marbec Pistoia e Etruschi Livorno.
Non per screditare lo sport che ha mi formato corpo e mente, ma per citare alcuni esempi di come la violenza non si avulsa da uno sport sì nobile, ma anche i nobili ogni tanto peccano e si fanno prendere dagli istinti viscerali e ancestrali della razza umana.
Una menzogna è pur sempre una menzogna e quando lor Signori mentono, rubano il diritto a qualcuno di dire la verità.
Gianvittorio De Gennaro.