Locri è un piccolo centro adagiato sulla costa calabrese del Mar Jonio. Conta 12.000 abitanti, anche se la sensazione è che di inverno il numero diminuisca ulteriormente.

Quando arrivo, alle 8:30, non c’è quasi nessuno in giro. E questa sarà una costante per tutta la giornata. Salvo – ovviamente – le due ore allo stadio. Questa zona della Calabria riserva sempre un fascino particolare. È un lembo di terra che funge da cesura con le antiche civiltà che l’hanno popolato, nonché un fiero tratto di Magna Grecia trafitto dalla Statale 106.

Non è un caso che il suo nome (mutuato negli anni ’30, in sostituzione della vecchia dicitura di Gerace Marina) derivi dall’antico centro ellenico posto un paio di chilometri più a Sud: Locri Epizefiri, di cui oggi rimangono sontuose rovine incastonate nell’omonimo e bellissimo parco archeologico.

Lo Jonio è un mare che non si incazza neanche quando è incazzato. Tossisce svogliatamente, ma riflette sempre un colore blu profondo. A tratti malinconico. Che a guardarlo in pieno febbraio mette un po’ di soggezione. Forse anche per le spiagge vuote dalla sabbia dolce e giallognola e per le barche ancorate sulla battigia che sembrano aver perso ogni voglia di gettarsi in acqua.

Perché Locri-Bari? Una sfida inedita. Un confronto in grado di mettermi di fronte a una realtà che a grandi linee ho sempre visto presente (quella amaranto) e a un’altra che si trova alle prese con una trasferta tutt’altro che agevole. I 430 chilometri che dividono le due città sono infatti da percorrere per gran parte sulla mitica 106, cosa che porta i tempi di viaggio ben oltre le cinque ore.

Dalla Puglia alla Calabria. Passando per la Basilicata. Una “mangiata” di Sud che meriterebbe di esser narrata a prescindere dalla partita.

Ricordo con una certa nostalgia adolescenziale le foto dei Pessimi Elementi, gruppo storico della compagine locrese spesso presente sulle pagine di Supertifo. Oggi l’insegna principale del tifo calabrese è invece rappresentata dalla Nuova Guardia, mentre i vecchi P.E. si riconoscono dietro la pezza 1992.

Sebbene siano cambiate generazioni e modi di vivere lo stadio, gli ultras del Locri possono vantare una certa continuità, non comune a questi livelli e a queste categorie.

Mi avvicino allo stadio quando manca un’oretta al fischio d’inizio. Si intuisce che quest’oggi, sugli spalti del Macrì, si registrerà il tutto esaurito.

Se spesso sono critico nei confronti delle società, oggi debbo spezzare una lancia in favore del club casalingo. Vedere la presidentessa impegnata ai cancelli nel regolare l’afflusso della stampa e sentirla dare spiegazioni sul dove posizionarsi per non intralciare la coreografia degli ultras, mi rimanda a una dimensione sicuramente più casereccia e umana rispetto ai palcoscenici della massima categoria.

Prendo la mia pettorina attraversando con una certa curiosità il corridoio che porta all’ingresso in campo. Decine di foto del calcio locrese sono appese al muro, così come gagliardetti ed effigi di numerosi club meridionali che hanno scritto importanti pezzi di storia del calcio minore italiano. Credo che passeggiare in questi luoghi – comuni praticamente a tutte le società medio/piccole – sia quasi sempre come entrare in un vero e proprio museo. Corredato da figure mitiche come magazzinieri e segretari che da queste parti ancora imperversano fieri e spavaldi, rivolgendoti quasi sempre parola…in dialetto!

Quando entro sul manto verde noto immediatamente tutti gli striscioni amaranto rigirati. La tifoseria è in aperta contestazione nei confronti della squadra, reduce da prestazioni alquanto altalenanti. Tuttavia gli ultras non faranno mancare il supporto “per la nostra storia e per il Locri Calcio”, come tengono a sottolineare.

Non è un caso che la coreografia realizzata sia proprio per i 110 anni del club. L’effetto finale è sicuramente d’impatto e merita si essere evidenziato soprattutto se si pensa all’onanismo esistente nei confronti di tedeschi o polacchi – indubbiamente ottimi coreografi – che spesso porta a dimenticare la fantasia e l’estro che il nostro movimento conserva tutt’oggi dalla Serie A alla Terza Categoria.

Sul fronte ospite il contingente pugliese fa il suo integrale ingresso pochi minuti prima del fischio d’inizio. In totale saranno circa 300 i baresi presenti, di cui 200 compatti nel centro del settore a fare il tifo.

Che quella biancorossa sia una tifoseria storicamente in grado di macinare buon tifo non lo scopro certo io. Mi preme però sottolineare una mia impressione dopo averli visti all’opera un paio di volte quest’anno: l’essersi scrollati di dosso molti tifosi “occasionali” ha certamente giovato alla loro causa. I gruppi mostrano una maggiore coesione e la performance che ne risulta è francamente maiuscola.

Mani, colore, bandieroni, torce e tamburo: what else?

Il bello di questa sfida è proprio il confronto metropoli/cittadina. Un faccia a faccia che rende onore ad entrambi. Perché se i baresi sono in grande forma altrettanto si deve dire dei ragazzi di Locri. Un bel tifo lungo tutti i 90′, malgrado un match che nel secondo tempo li veda soccombere per 3-0.

Bandieroni sempre al vento e voce tenuta in alto. Mi pare evidente che alle spalle ci sia un lavoro che vada ben oltre questa singola domenica. Riuscire a fare aggregazione in una città così piccola, che soffre tremendamente l’emigrazione verso Nord e all’estero, è un dato da rispettare e non sottovalutare.

L’unica considerazione “negativa” che mi sento di fare è di carattere generalista: venti anni di campagne “terroristiche” nei confronti dei tifosi e di folle repressione anche a queste categorie, hanno ormai intaccato il modus vivendi dei tifosi italiani.

È innegabile che, soprattutto in queste categorie, un tempo si faceva fatica a tenere a bada i supporter anche in occasione di una decisione avversa del direttore di gara. Il pubblico italiano, ahinoi, “ha messo giudizio”, così come gli ultras. E concordando quasi tutti sull’inopportunità di rovinarsi la vita per un fumogeno o una bottiglietta in campo, l’ambiente ne è andato giocoforza a risentire.

Ma a parte ciò queste continuano a essere giornate che ti riconciliano con il movimento ultras e in parte anche con il calcio. Se non fosse per l’asfissiante presenza di DAZN e di tutte le smancerie ad esso correlate.

Come detto in campo finisce 0-3 per il Bari. Ma alla fine ci sono applausi d’incoraggiamento anche per il Locri, autore comunque di un’ottima gara.

Un bel sole illumina ancora la costa e c’è persino il tempo per vederlo tramontare dietro le montagne. Pensando idealmente di vederlo emergere dallo Jonio al mattino per immergersi nel Tirreno alla sera.

Da Locri è tutto.

Simone Meloni