Ludentes Vivendi Perdiscimus Artes (giocando apprendiamo l’arte del vivere). La LVPA Frascati è stata una vera e propria istituzione del football regionale e fino a un paio di lustri fa nessuno avrebbe immaginato il suo divenire “tristemente” celebre nel calcio dilettantistico e non solo. Perché? Il prefisso Lupa ha rappresentato negli ultimi dieci anni uno degli esperimenti peggio riusciti nel calcio laziale. Con titoli spostati da una città all’altra, nomi cambiati con una facilità imbarazzante e la tradizione calcistica frascatana di fatto completamente calpestata. Era il 2013 quando il presidente della vecchia LVPA Frascati, Alberto Cerrai, spostò la sede del club nel quartiere romano dell’Axa, mutando il nome in Lupa Roma e cambiando i colori sociali in giallorosso e biancoceleste (con il bislacco intento di volerla tramutare in un polo sportivo che attirasse le simpatie di romanisti e laziali, sic!). Nel frattempo, per colmare il vuoto sportivo creatosi a Frascati, venne fondata la Lupa Castelli Romani (acquisendo il titolo del Real Torbellamonaca Zagarolo, altra opera d’arte del calcio laziale!), successivamente rilevata da Antonio Pezone e rinominata Racing Club (altra mina vagante con un trascorso in Serie C e l’immancabile girovagare per i più disparati campi di Roma e del Lazio).

Dunque, continuando la narrazione di questa storiella alquanto ingarbugliata, va ricordato l’eterno peregrinare della Lupa Roma che, in ordine cronologico, ha giocato rispettivamente a: Fiumicino, Aprilia, al Francesca Gianni di San Basilio (Roma), Tivoli e Rocca Priora. Con una sede sociale – va ricordato – che è sempre rimasta nella Capitale. E con l’intento, neanche troppo celato, di rappresentare il terzo polo calcistico dell’Urbe. La riuscita di questo esperimento sta tutta nel lento declino dopo la retrocessione dai professionisti nel 2017 e nella cessazione di ogni attività con relativo scioglimento del sodalizio datata 2019.

Ora, è chiaro che sia difficile raccogliere il testimone di quella LVPA Frascati che sul finire degli anni ’70 fu capace di conquistare la Serie C2 infiammando il vecchio stadio Mamilio. È chiaro che le vicende sportive di questo paesone che affaccia su Roma siano state infangate e oltraggiate da chi ha ben pensato di trattare il suo titolo sportivo come la più svergognata delle prostitute del calcio dilettantistico, ma è pur vero che a questa società (che nasce dalla fusione dell’ASD Frascati Calcio e del Gioc Cocciano, un po’ come la vecchia LVPA che nacque nel 1974 dall’unione dell’AS Frascati e dell’OMI Roma) va comunque dato atto di star provando a ripristinare una continuità sportiva interrotta ormai da diversi anni. Sebbene il titolo sportivo non sia quello della società storica e sebbene per la città sia ora difficile ricreare un feeling con la squadra che ne porta il nome.

Lo stadio VIII Settembre (che da qualche anno ha ormai preso posto del vecchio impianto e per il quale è stato scelto un nome che rimandi a quella funesta data del 1943, quando gli americani bombardarono il paese sventrandolo) non presenta esattamente un colpo d’occhio indimenticabile – malgrado il primo posto e il big match di giornata – e questo, purtroppo, è il risultato di tutte le vicende succitate. Non è dato sapere se da qui al futuro prossimo questo club riuscirà a far nuovamente breccia nel cuore dei frascatani. Il momento storico non coincide esattamente con il ritorno delle folle sulle gradinate e il recente passato ha lasciato una ferita ancora aperta e sanguinolenta.

Venendo all’incontro odierno, il Sora si gioca buona parte delle possibilità di avvicinare seriamente la vetta. I dirimpettai prima del match hanno cinque punti di vantaggio e per i bianconeri l’imperativo è solo uno: vincere e rosicchiare punti. Impresa non facile considerato un campionato che ha visto gli ospiti partire in sordina e recuperare terreno solo nella seconda parte, cadendo però senza appello negli scontri diretti.

Quando arrivo nei pressi dello stadio non posso far a meno di notare un discreto spiegamento di forze dell’ordine, con un blindato piazzato esattamente di fronte all’ingresso. Il grosso del contingente sorano arriva in corteo, annunciandosi con un paio di bombe carta e diversi cori. All’interno saranno circa duecento, assiepati sullo striscione da casa e con le classiche pezze e bandiere al seguito. Da segnalare anche la presenza dei ragazzi di Velletri, uniti ai sorani da un’amicizia ormai consolidata.

La partita è in linea con gli altri scontri diretti dei bianconeri, che appaiono un po’ molli e claudicanti. Così alla fine la LVPA riesce a spuntarla grazie a un calcio di rigore realizzato da Costantini nel primo tempo, mettendo una seria ipoteca sulla promozione. La performance tutt’altro che stimolante del Sora si riflette parzialmente anche sugli spalti: gli ultras ospiti infatti, dopo un primo tempo di tutto rispetto, stentano un po’ nella ripresa, seguendo la gara con una comprensibile dose di rabbia mista a delusione, che lentamente diventa sempre più grande con l’avvicinarsi del triplice fischio.

Ciononostante va detto che i sorani negli ultimi anni rappresentano sempre un’ottima realtà da vedere: materiale ben curato, sciarpata fissa ad ogni partita, discreto uso della pirotecnica e un bel modo di tifare che ricalca appieno lo stile italiano con un’occhio ai “tempi moderni”. Tanti giovani a tirare avanti la carretta, il che dimostra un riuscito cambio generazionale. Cosa per nulla scontata nelle grandi piazze, figuriamoci in una piccola realtà come la loro, che per giunta non vede gioie calcistiche ormai da diverso tempo.

Dopo il classico confronto tra squadra e tifoseria, i supporter bianconeri abbandonano l’impianto. Faccio altrettanto, faticando e non poco sotto al caldo sole primaverile che cozza appieno con il mio abbigliamento invernale. Da Frascati per tornare a Roma è tutta discesa. Breve e piacevole. La percorro interpretandola come un paradigma per questa ultima domenica di marzo.

Simone Meloni