Una delle partite più interessanti della trentunesima giornata del girone F del campionato di Serie D è lo scontro salvezza tra il Matese e il Termoli. L’obiettivo di entrambe le compagini è la permanenza nella categoria, anche se le situazioni delle due squadre sono differenti: se i molisani mirano a evitare i play-out, per i campani l’ultimo lumicino di speranza è rappresentato dall’accesso proprio agli spareggi di fine stagione.

Decido di assistere al match del “Pasqualino Ferrante” di Piedimonte Matese non essendo mai stato nel centro campano. Torno, così, ai piedi del Matese dopo qualche mese: a gennaio sono stato a Bojano, un centro della provincia di Campobasso situato nel fondovalle bifernino, nel versante opposto, dove ho avuto modo di vedere la divertente sfida dell’Eccellenza molisana tra il Bojano e il Guglionesi. Il Matese, chiamato dagli antichi Tifernus Mons, è un rilievo calcareo dell’Appennino meridionale e separa il Molise dalla Campania. I 2.050 metri di altitudine del Monte Miletto, la sua vetta più elevata, rappresentano il culmine di questo gruppo montuoso, che si presenta ricco di faggete e di laghi in quota. Piedimonte si trova nel lato casertano e insieme a Bojano rappresenta l’unico centro aggrappato a questa montagna ad aver raggiunto la Serie D.

Arrivo, dunque, a Piedimonte nella tarda mattinata di una fresca domenica d’aprile, caratterizzata da un abbassamento delle temperature che ha riportato la neve sui pendii dell’Italia centro-meridionale. Per raggiungere la mia meta percorro la Telesina, una strada di fondamentale importanza che collega Caianello con Benevento e, soprattutto, l’Autostrada del Sole con l’A16. È chiamata così perché passa per le rovine di Telesia, città sannita e romana abbandonata nel Medioevo. Esco a Dragoni e mi ritrovo nella piana alifana (da Alliphae, importantissima città romana posta nelle vicinanze di Piedimonte): i miei occhi posso finalmente seguire il profilo del Matese. Da queste parti scorre il fiume più lungo dell’Italia meridionale, il Volturno, che si getta nel Tirreno a 175 km di distanza dalle sue sorgenti.

Entro a Piedimonte e la mia prima tappa è la stazione dei treni, capolinea della Ferrovia Alifana, una strada ferrata che inizia a Napoli, in Piazza Carlo III, e termina, appunto, nella parte settentrionale della regione, passando per Giugliano, Aversa, Santa Maria Capua Vetere, Caiazzo e Alvignano. Successivamente mi inoltro nel bellissimo centro storico, attorniato da boschi meravigliosi, molto frequentati nel Neolitico. Piedimonte è un centro vivo, abitato da circa 10.000 persone. Il suo aspetto urbanistico mostra un’evidente impronta medievale. Al tempo dei Longobardi la località matesina fece parte della contea di Alife, poi fu feudo di varie famiglie. Gli abitanti di Piedimonte dovettero affrontare, nel corso della storia, numerosi attacchi: nel 1229 l’esercito assediante fu quello pontificio, impegnato contro Federico II; nel 1437 si affacciarono alle loro porte le milizie del cardinale Vitelleschi, nemico di Alfonso d’Aragona. Il centro pedemontano fu poi costretto a difendersi dagli assalti dei baroni ribellatisi a Ferrante d’Aragona, quindi dagli spagnoli, infine dai francesi. In Età moderna quest’area fu un florido polo industriale, legato alla lavorazione della lana, tanto che Piedimonte si guadagnò l’appellativo di città. Qui nacque Ercole d’Agnese, un giurista noto per essere stato presidente della Repubblica Partenopea, istituita nel 1799 sull’esempio delle altre repubbliche giacobine che si erano costitute nell’Italia centro-settentrionale in seguito alla prima Campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte (1796-1797). Nella mia passeggiata osservo monumenti molto interessanti, come il Convento dei Domenicani del 1414, il Palazzo ducale dei Gaetani d’Aragona e tante chiese graziose. Noto ovunque affascinanti portali, stemmi nobiliari e colonne antiche. Nel dedalo dei vicoli in pietra, poi, si aprono spesso favolose viste sul Matese e sul comprensorio alifano.

Il tempo scorre troppo velocemente, per cui, dopo aver scattato le ultime foto nel centro storico, mi reco al “Ferrante”. All’esterno vedo una facciata monumentale, dei bei murales e alcune foto molto interessanti della Pro Piedimonte, club polisportivo fondato nel 1928. Come sempre mi accade quando sono in un posto nuovo, non vedo l’ora di entrare nella pancia dell’impianto dedicato a Pasqualino Ferrante, un indimenticato amministratore locale celebrato in un’epigrafe posta all’interno della struttura. Ritiro senza problemi l’accredito e mi ritrovo, finalmente, sul manto verde della casa dei matesini, formata da una bella tribuna coperta, dotata di seggiolini, ai cui lati si osservano ancora le vecchie gradinate. Le squadre stanno effettuando il riscaldamento e vedo disegnata sui volti degli atleti la massima concentrazione in vista di questa sfida dalla posta in palio altissima.

Proprio quando estraggo la macchinetta dallo zaino sento dei cori provenire dall’esterno: le due tifoserie si scambiano attestati di rispetto reciproco, che poi verranno scanditi nel corso della partita e anche dopo il triplice fischio. Mi accorgo che la vicendevole stima è rafforzata dalla comune rivalità con Vasto, ribadita in varie occasioni dai due gruppi durante il match. Ormai manca poco, però, all’inizio della gara, quindi per i matesini e per i termolesi arriva il momento di sistemarsi sugli spalti. I sostenitori biancoverdi sono alla mia sinistra, quelli giallorossi alla mia destra.

All’ingresso in campo delle squadre gli ultras ospiti srotolano uno striscione (“Per Termoli combatterem”). La squadra basso-molisana può contare, in questa delicata partita, sul sostegno praticamente perfetto della propria tifoseria, autrice di una prestazione senza sbavature: i termolesi tifano dal primo all’ultimo minuto non risparmiandosi mai nel supporto vocale, suonano costantemente il tamburo, effettuano battimani in grande quantità, colorano sempre il settore con i bandieroni e gli stendardi, accendono di tanto in tanto qualche luminaria ed effettuano una fittissima sciarpata sulle note di “Gente di mare”. I ragazzi di Termoli si fanno notare per il proposito di colorare il proprio spazio di giallorosso, dimostrando di riconoscersi totalmente nelle note cromatiche della loro squadra. Il sostegno termolese si basa su due elementi semplici ma che rappresentano, in fondo, l’essenza del tifo italiano: voce e tantissimo colore.

Dall’altro lato i matesini si sistemano dietro un gran numero di pezze di ottima fattura, formando un quadrato compatto intorno ad esse. Finalmente ho l’opportunità di fotografarli, non avendoli mai visti dal vivo. Gli ultras locali si fanno apprezzare per l’impegno con cui provano a creare aggregazione in un centro piccolo come Piedimonte. Anche loro sventolano due bandieroni, usano il tamburo ed effettuano diversi battimani. Per il Matese la partita odierna è una sorta di ultima spiaggia: la tensione sportiva condiziona inevitabilmente il tifo locale, caratterizzato da qualche pausa.

Il Termoli passa in vantaggio al 46’ della prima frazione con Gabrielli: ciò provoca malumore nel pubblico di casa, che immancabilmente intona cori di insoddisfazione. Nella ripresa il Matese non riesce ad agguantare il pareggio e al 93’ subisce la rete della (quasi) condanna alla retrocessione: la seconda marcatura adriatica getta nello sconforto i locali e regala una gioia immensa ai sostenitori ospiti, che sentono la salvezza più vicina.

A fine partita gli umori sono diametralmente opposti: è festa grande per i termolesi, mentre una forte delusione serpeggia tra i tifosi di casa. Le due tifoserie, nonostante gli stati d’animo contrapposti, non mancano di scambiarsi gli ultimi attestati di stima. Per me arriva il momento di sistemare la macchinetta nello zaino, pronto ad affrontare due ore alla guida per rientrare a casa: da solo, come sempre, ma felice per aver messo in archivio un nuovo stadio e un’altra bellissima esperienza.

Testo e foto di Andrea Calabrese