Dopo la vittoria dell’andata della squadra cilentana in pieno recupero, il Messina ha il vantaggio di giocarsi in casa il decisivo match della salvezza. Una partita senza appello da dentro o fuori.

La settimana vola via con parecchia ansia e tensioni in casa giallorossa e la possibilità di tornare nell’inferno della serie D, a causa dell’ennesima annata al piccolo trotto del presidente Sciotto, è una prospettiva concreta che innesca un concentrato di adrenalina ai massimi livelli. La risposta organica più naturale alla paura. Per sfidarla, per sconfiggerla ed uscirne ancora una volta in piedi da questa eterna battaglia.

Al  “Franco Scoglio” si ritrovano, in un uggioso sabato pomeriggio di Maggio che meteorologicamente non promette nulla di buono dopo la pioggia della mattinata, in almeno settemila spettatori, anche se i dati ufficiali parlano di qualcosa in meno ma chi conosce l’impianto peloritano sa che i numeri ufficiali spesso non coincidono con i dati reali…

Da Vallo della Lucania poco più di un centinaio gli ospiti, che cercheranno di farsi sentire nella bolgia messinese. Curva di casa che invece, per l’occasione, espone in vetrata uno striscione con una frase presa in prestito da Mr Rain, che racchiude uno stato d’animo generalizzato ma che di fatto dimostra, ancora una volta, che attraverso l’attaccamento ai colori e con un forte senso di appartenenza si può essere “invincibili”, prendendo per mano una squadra per condurla alla vittoria.

La Sud si presenta subito carica, colorata e vogliosa di spingere i calciatori ad una salvezza voluta da tutta la città.  All’ingresso in campo verranno accesi dei fumoni (quella parte sopravvissuta a vari controlli…) che ricreano un effetto molto vintage, con l’odore acre che inizialmente toglie il fiato ai più anche per cantare. Durante la gara viene esposto uno striscione per salutare la promozione in serie A dei ragazzi di Frosinone.

I minuti scorrono veloci, il risultato sembra inchiodato sullo 0-0 e via via che passa il tempo, nonostante la curva non smetta mai di incitare gli undici in campo, nubi sempre più fosche si addensano su Messina anche in senso metaforico. A meno di otto minuti dal termine arriva per fortuna la zampata vincente di Nino Ragusa, capitano, messinese d.o.c., uomo di punta del mercato invernale che per problemi fisici aveva un po’ deluso le attese, che manda in estasi l’intero stadio, facendolo letteralmente esplodere in un boato liberatorio. La corsa a tutto campo per andare sotto la sud con la squadra al completo, panchina compresa che lo segue, manda in visibilio tutti i presenti. È lui l’altro “supereroe” che, insieme allo zoccolo duro della curva, stringendosi per mano, salva il Messina.

I minuti che restano sono un susseguirsi di tentativi degli ospiti di pareggiare, sventati dal numero uno giallorosso, aiutato da uno stadio ai massimi livelli di esaltazione, con tantissimi tifosi assiepati sulla vetrata e che riproducono immagini di un calcio nostalgico.

Al fischio finale è una liberazione per tutti, per l’ennesima annata tribolata finita fortunatamente bene. La squadra viene ringraziata sotto il settore dei padroni di casa, che riservano ancora una volta cori ostili contro la proprietà, invitata a più riprese a passare la mano.

Sicuramente il giusto premio per chi non ha mai mollato, presenziando in gran numero in tutte le trasferte che hanno quasi sempre avuto un rientro amaro. All’inferno e ritorno. Un pomeriggio che nessuno a Messina dimenticherà facilmente.

Paolo Furrer