“Se tu segui la tua stella,
non puoi fallire a glorioso Porto”
XV 55

Portogruaro è una ridente cittadina dal glorioso passato ai tempi della Serenissima, dista da Mestre 60 km. Vuol dire che per il Mestre certe trasferte saranno più vicine che le partite in casa, perché e lì che giocherà la sua ritrovata Serie C dopo 35 anni colmi di oblio, fallimenti, rinascite, tradimenti e di nuovo speranze.

I mestrini lo sanno: tutto ciò che riguarda Mestre è difficile e sofferto e così è stata anche la prima partita della squadra contro il Teramo, esiguamente ma onorevolmente sostenuto nel settore ospiti. L’importante distanza che li separava da Portogruaro, il periodo ancora vacanziero e il fatto che parte della tifoseria sia inibita da pesante repressione e dal rifiuto della tessera, rendono ulteriormente degni di lode quanti di loro hanno deciso di sobbarcarsi questa non agevole trasferta.

Il viaggio in pullman, festante e chiassoso come una gita delle medie è talvolta attraversato da alcuni foschi pensieri. La fanciullesca gioia di giocare in categorie superiori è inibita dalle molte e nuove regole che queste comportano. Nonostante i “protocolli”, la tessera serve, eccome. Molti sono i controlli, si passa per i tornelli, sinistro presagio di efficienza e ci si accomoda scortati e controllati sino al settore. La goliardia spontanea ed evanescente dei fumogeni è esclusa, i tempi si dilatano, il controllo delle bandiere e delle pezze è meticoloso e gli uomini con distintivo della Digos sono numerosi e inquisitori.

Sembra tutto strano e surreale, lo è lo stadio di Porto che è anche un velodromo in cui le curve corrispondono alle sponde della pista: le tribune sono l’una diversa dall’altra, erette quando la stella del Porto ha brillato in serie B, fugace come una cometa. Lo sono soprattutto i tifosi e giocatori, imbambolati ed emozionati dalla prima nei Pro. Gli ospiti sembrano invece aver consapevolezza di questo e sembrano a loro agio e consci di tutte le accortezze e “scorrettezze” del mestiere che caratterizzano le serie maggiori.

Alla fine del primo tempo il Mestre passa in vantaggio e finalmente la squadra si scioglie e gli spalti si infuocano, entusiasmo. I supporter del Teramo indefessi continuano a sbatacchiare l’impalcatura di tubi innocenti sul quale stanno appollaiati come Aquile del Gran Sasso.

Al 94 il Teramo pareggia e lì le anime candide di tifosi idealisti e leali si scontrano con la dura realtà della serie C, in cui si intersecano le storie di nobili stelle decadute, tenaci galoppatori dai calcagni rotti e anche quelle di stelle fioche che però accendono l’ira dei tifosi quando, dopo aver pareggiato trascinano tutta la squadra avversaria sotto il settore di casa, sbeffeggiandolo.

Ancora durante tutto il viaggio di ritorno si discute come di un sinistro stradale: “Avevamo ragione noi, torto loro. Incivili ignoranti, gratuiti, antisportivi”. Qualcuno crede che se fossimo stati al sud, in alcune piazze quei giocatori maliziosi come i diavoli delle Malebolge non sarebbero usciti vivi, oppure che se avessero una società più seria questa impedirebbe loro certi atteggiamenti. La realtà è un’altra: si è imparato più oggi in una partita che in anni di serie E o D.

È finta la pacchia al Mecchia di Porto.

I mestrini seguono la loro stella e ancora in futuro giungeranno a un glorioso Porto ma già a qualcuno stanotte è cresciuta la coda.

Testo di Angelo Dolce.
Foto di Marco de Toni.