Monza-Triestina era destinato ad essere il match clou della giornata, vuoi perché ad affrontarsi sono le prime della classe del Girone A di Serie C e vuoi perché l’orario alle 19.00 profuma di notti magiche. In più, quale migliore occasione per celebrare un gemellaggio tra le tifoserie che raggiunge il traguardo dei 35 anni?
Figuriamoci poi dopo che Silvio Berlusconi annuncia il debutto al Brianteo nella veste di nuovo patron della storica società brianzola, il cui pacchetto azionario è stato acquisito dal Gruppo Finivest al termine di serrate trattative. Pubblico delle grandi occasioni e selva di telecamere e taccuini, quindi, per seguire un evento a suo modo già storico e che lascia liberi i sostenitori monzesi di tornare a sognare quel paradiso del calcio che negli anni Settanta fu più volte sfiorato ma mai raggiunto.

Non ci sono gli elicotteri e la “Cavalcata delle Valchirie” che segnarono il primo raduno (un po’ più da bauscia, mi si lasci dire, che da casciavitt… ) all’Arena Civica del Milan berlusconiano ma, fatte le debite proporzioni, il corteo di auto blu che accompagna l’arrivo del Cavaliere allo stadio, a suo modo clamoroso, rompe gli schemi. In mezzo ai tanti occasionali che si accalcano ai cancelli, si leva però anche la voce critica (definirla stonata sarebbe ingeneroso) di qualche tifoso di lungo corso al quale, tutto considerato, questo chiasso dà un po’ noia. Come a dire che lui c’è stato per anni e – a Dio piacendo – intende esserci ancora, per puro amore dei propri colori, e non perché il futuro si è improvvisamente caricato di sogni di gloria.

Potremmo interrogarci se è più bello innamorarsi per un colpo di fulmine oppure dopo un lungo corteggiamento, ma forse non troveremmo mai la risposta giusta. Limitiamoci quindi a dire che se oggi qualcuno può promettere, e con buone possibilità di riuscirci, di fare battere forte i cuori brianzoli è perché il Monza Calcio ha sempre avuto al fianco, nella gioia e nel dolore, qualcuno che lo ha amato e sostenuto, preferendolo a quei seducenti palcoscenici del “calcio che conta” che distano appena una manciata di chilometri. È a chi c’era, c’è e ci sarà (comunque vada) che deve andare soprattutto il nostro rispetto, ancora prima che l’augurio di un futuro ad alti livelli.

Dato che alcuni cari amici non li vedevo da anni ci siamo dilungati in ciance e francamente non ho chiesto quale sia lo stato d’animo prevalente tra i ragazzi della curva: certo è che una rivoluzione di questo tipo presenta tante luci e speranze ma anche qualche ombra. Non sia mai, ad esempio, che a qualcuno passi per la mente di creare un ambiente artificiale e superfighetto come quello che è successo a Salisburgo con l’approdo della Red Bull. Comunque vada… avanti ultras!

Una volta dentro lo stadio Silvio, ad 82 anni suonati, è capace di tenere la scena in modo perfetto: è il carisma fatto persona, e lo dice uno che, politicamente, ha sempre bazzicato altri ambienti. Soprassediamo su quei genitori che gli portano i bimbi per una carezza, ma per il resto si muove magistralmente in tribuna tra flash, richieste di selfie ed applausi. Certo il fisico non è più quello di un giovanotto, e lo si capisce facilmente, ma gli uomini della scorta lo seguono come un’ombra e prevengono anche possibili inciampi. A poca distanza il fratello Paolo, come di prassi ignorato dai più.

L’accoglienza da parte della curva monzese è degna dell’occasione ma senza eccessi: una linea di condotta, o di pensiero se preferite, che, a parere di chi scrive, mescola saggezza, dignità ed un pizzico di disincanto. Ben vengano infatti i danee che si porta in dote il fondatore di Fininvest, ma nessuna cambiale firmata in bianco. Il meglio della serata viene quindi riservato alla squadra, accolta in campo con una coreografia di bandierine biancorosse, e, da un punto di vista strettamente ultras, al gemellaggio in campo tra le due fazioni. Le vicende societarie trovano spazio solo in due striscioni, in uno si ringraziano insieme la proprietà uscente e quella entrante, l’altro è dedicato ad Adriano Galliani, che non poteva naturalmente mancare in questa nuova avventura del “Capo”.

L’incitamento vocale dei Brianzoli è di buon livello, continuo e capace di coinvolgere la quasi totalità di coloro che, per la giusta somma di dieci euro, hanno deciso di prendere posto nella curva dedicata a Davide Pieri che, tra l’altro, ospita l’esordio del nuovo striscione dei SAB. Battimani e manate si susseguono, incalzati dai colpi precisi di un tamburo, sia nei primi 45’ di gioco che nella seconda frazione, ravvivata anche da una sciarpata.

Sul fronte opposto, il contingente giuliano ammonta ad un centinaio di unità, alle quali è giusto aggiungere la presenza di chi, pur diffidato, ha raggiunto la città della Corona Ferrea per il semplice piacere di stare con gli amici, sapendo di non poter vedere la partita come avrebbe invece voluto. Massimo rispetto anche per loro. Il tifo vocale degli ospiti è abbastanza continuo nel primo tempo mentre cala di netto nella ripresa. Incoraggiante vedere che le nuove leve alabardate, oltre ad essere in buon numero, reggono le redini del tifo.

Sul campo le due compagini offrono un gioco agonisticamente valido ma ancora da rodare a pieno: sono pochi gli sprazzi di bel calcio, ma l’ossatura sembra solida e lascia intravedere buone possibilità di miglioramento da un punto di vista tecnico e tattico. La principale occasione se la guadagnano i padroni di casa, ma il pallone si infrange sulla traversa: il “NOOO!” del Brianteo è un ruggito potente, con corollario di madonne, santi e citazioni delle più svariate parti anatomiche del corpo umano.

Nel secondo tempo il risultato si sblocca proprio a favore dei brianzoli, poi però colpevoli di non sapere gestire con la giusta esperienza il vantaggio e facendosi rimontare, su calcio di rigore, a pochi minuti dal termine. “Cribbio!” avrà detto mister B…

Lele Viganò