L’articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea così dispone: “È istituita una cittadinanza dell’Unione. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce”. Il comma 2 dello stesso articolo inoltre aggiunge che “i cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, tra l’altro il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”.

La libertà di circolazione e soggiorno delle persone all’interno dell’Unione europea è quindi il cardine della cittadinanza dell’UE; tutto ciò, insieme alle disposizioni dell’ Accordo di Schengen, ha comportato negli anni la graduale eliminazione dei controlli alle frontiere interne, garantendo a tutti i cittadini di uno degli Stati membri, l’esercizio del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nell’UE.

Dal 1992 insomma, andare in Germania, Francia o Belgio è diventato più facile, altrettanto però non può dirsi per i tedeschi che invece desiderano venire qui da noi, considerati i fatti di Napoli che hanno messo in dubbio i progressi fatti in materia di libera circolazione dei cittadini.

Il 7 novembre 2022, a seguito dei sorteggi di Champions, l’Eintracht Francoforte vincitore dell’ultima Europa League, pesca come avversario il Napoli di Spalletti, che dopo uno strepitoso girone di qualificazione sogna non solo di tornare a vincere il tricolore ma anche di ben figurare nella massima competizione continentale. Quando mancano ancora poco più di tre mesi all’evento, anche in Germania si mobilitano per la trasferta: molti sono infatti i tedeschi che prenotano aerei e alberghi. Nel frattempo il servizio di polizia dei due paesi in collaborazione, al fine di evitare incidenti, avvia un fitto dialogo per organizzare al meglio l’arrivo dei tifosi dell’Eintracht.

Succede però quello che nessuno, almeno da quelle parti, avrebbe mai immaginato potesse succedere: il prefetto di Napoli in data 9 marzo (6 giorni prima del ritorno degli ottavi di Champions) dando seguito ad un’informativa della Digos Italiana, decide di vietare la vendita dei biglietti a tutti i residenti in Germania, impedendo così indirettamente a circa 80 milioni di cittadini europei, prima ancora che cittadini tedeschi, di viaggiare alla volta di Napoli o in maniera più subdola di renderlo quanto meno vano, visto che pur potendo partire, non avrebbero potuto comunque accedere allo stadio. La società rossonera però, contrariamente a quanto avviene in Italia (la piacevole eccezione è stata l’US Lecce avversa al divieto di trasferta in casa dell’Inter), scende in campo al fianco dei propri sostenitori e affidandosi ad un pool di avvocati italiani tra l’altro molto noti al mondo delle Curve (Adami, Contucci, Reineri, Tuffali e Labbate) impugna il provvedimento dinanzi al TAR che decide di sospenderlo, ritenendolo non adeguatamente motivato e non proporzionato. Non solo ai rischi di incidenti che la partita avrebbe potuto comportare, o in relazione ai fatti dell’andata, ma anche in ragione della mancata valutazione di misure alternative e/o meno invasive. 

In ambito giuridico il diritto di proporzionalità, di derivazione europea, impone all’amministrazione pubblica, quindi anche al Prefetto, di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Che nel caso di specie era da una parte garantire l’ordine pubblico ma dall’altro permettere ai cittadini tedeschi, nonché cittadini dell’Unione europea, di assistere al match della propria squadra del cuore. In tal senso sarebbe però doveroso e corretto sottolineare che, giuridicamente, il concetto di cittadini non è in tutto sovrapponibile a quello di residenti, a cui più specificatamente la restrizione si rivolge. Con tutti i paradossi che ne conseguono e ne peggiorano le ricadute: fra i residenti della regione da cui origina la trasferta, per assurdo, ci potrebbero essere tanti tifosi napoletani emigrati in zona quindi la discriminazione è ancora maggiore, se vogliamo.

Nella sostanza dicevamo, il giudice amministrativo ha ritenuto sproporzionato il provvedimento, invitando di fatto le autorità competenti a rimodulare le proprie posizioni. La massima del Gattopardo “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, sembra la sintesi perfetta di quanto successo dopo. Il prefetto di Napoli, infatti, cerca sì di ricalibrare il tiro ma impedendo comunque allo stesso tempo ai tedeschi di venire in Italia: si passa dalle politiche dei divieti a quelle delle restrizioni. Le  limitazioni non sono dirette più a tutti i tedeschi, ma solo ai cittadini di Francoforte: cambiare strategia per ottenere lo stesso e identico risultato, impedire ai tifosi ospiti di venire in Italia. 

Questo secondo provvedimento viene nuovamente impugnato innanzi al tribunale amministrativo che però lo ritiene adeguato. Poco male: la tifoseria dell’Eintracht si compone infatti largamente di tifosi provenienti da fuori Francoforte anche se, a sorpresa, la società decide di rinunciare ai biglietti, lasciando le sbugiardate autorità italiane a fare i conti con la propria inutile ipocrisia e una brutta gatta da pelare. Nell’immediata vigilia del match infatti, converge su Napoli un ampio manipolo di ultras e hooligans tedeschi (perché questa infatti è la composizione della loro tifoseria, anche se è un distinguo troppo sottile per una stampa grossolana come la nostra…) che crea da subito tutta una serie di criticità, poi esacerbatesi soprattutto l’indomani, giorno della gara. Centinaia di (per comodità, da qui in poi detti…) ultras vengono radunati in Piazza del Gesù, l’idea del servizio d’ordine è quella di circoscriverli in un’area facilmente controllabile, dimenticando però i disagi per le attività e gli abitanti del centro. Sarebbe stata più semplice da controllare l’isolata, ampia, paventata fan zone al porto, anziché rischiare (come poi è successo) che gli ultras locali scendessero a “difendere” il territorio cercando un contatto con gli ospiti. Si potrebbe gridare al complotto o al “trappolone”, come lo chiama qualcuno, ma di fronte ad una tale sequela di inadempienze e incompetenze, palesatesi in questo come in altri eventi simili, diventa arduo persino ipotizzare di trovarsi al cospetto di menti così raffinate da ordire una tale trama.

Diventa più plausibile vedere in tutto ciò un comune denominatore con la repressione che domenicalmente affligge le due curve del tifo partenopeo e che le stesse considerano commissionato dalla proprietà del club, con la quale ormai da tempo è in atto una guerra strisciante che in ultima istanza ha prodotto forti restrizioni sull’ingresso di striscioni ed altro materiale puramente coreografico dei gruppi. Può sembrare una forma paranoide di vittimismo agli occhi di un osservatore esterno a cui mancasse contezza dei precedenti, ma se la presunta stretta cooperazione fra SSC Napoli e organi di polizia può essere in prima istanza archiviata come tale,  l’uscita specifica dello stesso Napoli all’indomani della sospensiva del TAR è invece raggelante. Al di là dell’invasione di campo che alimenta e conferma la logica del sospetto, ascrivere a priori responsabilità future a una legittima sospensiva di una giudice, riporta alla mente quelle delegittimazioni della magistratura che in un passato non troppo remoto avrebbero visto una levata di scudi dall’ANM sulla sacralità della legge o sulle sentenze da rispettare. Ma forse il tifo non è argomento che tocca nervi scoperti come la politica e la cosa è passata abbastanza in cavalleria. 

Un attacco, quest’ultimo, che restituisce poi ulteriormente l’inadeguatezza degli organi preposti all’ordine pubblico e la loro scarsa contezza di leggi che sono poi chiamati a far rispettare, innanzitutto di concerto con lo stato di diritto. Si rimane ancora una volta allibiti di fronte agli analoghi atteggiamenti di taluni sindacati di polizia, solerti nel puntare il dito contro il TAR Campania al quale addebitano di non conoscere minimamente il mondo del tifo, palesando in realtà la loro misconoscenza del diritto amministrativo, stretto ambito nel quale la giudice è stata chiamata a operare e decidere. Non certo il compito di approntare e gestire il flusso di tifosi tedeschi attesi a Napoli, compito che invece – vale ancora una volta la pena di ricordarlo – resta appannaggio di Questura e Prefettura. Il bello poi è che le prediche e le critiche provengono proprio da questo settore che fra daspo e affini, sconfina così spesso dal ruolo esecutivo di pertinenza a quello giudiziario che forse pensa sia lecito insegnare il lavoro ai magistrati.

Ma volendo per un momento uscire dal suo aspetto spettacolare ed emozionale, cosa rimane in concreto di questa giornata? Senza volerne fare apologia e coscienti di quanto la stessa vada condannata a priori, siamo certi che nel centro storico di Napoli, la violenza sia stata quella raccontata con tanta enfasi e zero spirito analitico dai principali organi di informazione? Ci si è cristallizzati solo sulle immagini degli scontri, avvenuti poi diversi minuti dopo che i tifosi tedeschi avevano portato in giro per la città la polizia (e non viceversa) forse con la speranza di quest’ultima che non succedesse nulla, un po’ come la maestra in balia dei suoi alunni nell’ora di ricreazione. Possibile che nessuno abbia alzato la mano e posto un doveroso interrogativo sulla gestione disastrosa di qualche centinaio di persone nel cuore della terza città d’Italia? Possibile che nessuno dei nostri incommensurabili giornalisti, così bravi a dispensare morali a destra e a manca, si sia sentito in dovere di chiedere agli organi istituzionali se ci fossero altri modi? Sinceramente, a nessuno preoccupa che queste stesse persone siano demandate a garantire la sicurezza pubblica di una città così complessa contro pericoli, crimini e situazioni ben più pericolose e intricate del tifo organizzato? Eppure con quest’ultimo o si accaniscono in maniera scientifica la domenica o soccombono in maniera indegna come al cospetto dei supporter dell’Eintracht. A quanto pare in Italia si parla tanto di sicurezza, ma non serve evidentemente a molto oltre alla mera propaganda o reprimere diversità e opposizioni alla norma comune. 

Non ce la si dovrebbe nemmeno prendere più di tanto con gli agenti mandati allo sbaraglio per strada a rispondere di colpe più alte, di mali più profondi. La realtà incontrovertibile la vediamo ogni settimana nei nostri stadi, dove oltre alla sequela di divieti e restrizioni, spesso e volentieri ci troviamo di fronte a funzionari ossessionati anche da un megafono e un tamburo, di fronte a forze dell’ordine totalmente disabituate a fare il loro compito in ambito stadio, sovente impreparate anche a livello fisico e non solo mentale. Basterebbe un confronto con le forze dell’ordine negli altri Paesi europei per rendersi conto di questa inadeguatezza che poi è anche culturale, perché laddove quotidianamente con queste tifoserie, con questi numeri, con queste dinamiche ci si convive, la quadra del cerchio la trovano anche attraverso lo studio del fenomeno e l’interazione con lo stesso. In Italia invece, per assecondare i moti di pancia di un’opinione pubblica forcaiola, si limitano a trattare continuamente e indistintamente i tifosi organizzati come animali. Poi si lamentano quando questi reagiscono o si comportano da animali. Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle, cit.

I recenti fatti di Badia al Pino tra romanisti e napoletani avevano già posto l’accento sull’incapacità di gestire anche i più basilari spostamenti dei tifosi, ricorrendo poi al baraccone mediatico per salvare capra e cavoli, assolvendo i responsabili indiretti di questi incidenti, che sarebbero stati ampiamente evitabili con un percorso prestabilito o almeno ben monitorato. 

Ci si sorprende in definitiva per qualcosa ampiamente prevedibile e dove, volendo semplificare il discorso, ognuno ha fatto il suo. Gli ultras di Francoforte hanno tenuto fede alla parola data, presentandosi in casa del “nemico” e provocandolo. I napoletani hanno difeso la propria causa, rispondendo per le rime. Ognuno giudichi come vuole le due parti ma è eloquente che tutto ha fatto il proprio corso. Tranne il servizio d’ordine che ha potuto far nient’altro che fare scudo e tamponare le scelte dei grigi censori italici i quali, come avviene all’interno dei nostri confini nazionali ormai da oltre quindici anni, non fanno altro che sfilarsi dal compito per il quale il ministero e a sua volta gli elettori li delegano e li pagano. Un divieto può essere un estremo rimedio non la norma e può far solo che bene che enti amministrativi nazionali o sovranazionali qualche volta glielo ricordino.  

Il resto lo fa un’informazione quasi sempre ignorante in materia, spesso in malafede. Basti pensare alla descrizione a dir poco fantasiosa della tifoseria teutonica, gettata in pasto all’opinione pubblica come – tra le tante cose – nazista. Quando sarebbe bastata una semplice ricerca su Google per accorgersi che in ogni partita dell’Eintracht è presente l’effige di Che Guevara nella curva rossonera. Sebbene in seno alle due correnti del tifo francofortese, ultras e hooligans, non tutti condividano la linea sinistrorsa dei primi, la fandonia resta marchiana ma solo nella nazione dove Pinocchio è stato concepito, può aver credito!

Sarebbe dunque compito anche dell’informazione fare scrupolosamente il proprio mestiere, andando a scardinare anche questioni scomode, cercando di trovare la verità al di là della propria morale e oltre questioni di mero rapporto tra padrone e sottoposto. Perché se a ciò ci siamo ridotti, bisognerebbe rivedere tante cose. Se quello che interessa è solo fare clamore, creare mostri, tensioni sociali e spaventare il popolo medio per poi conquistarne consensi e, indirettamente, fargli chiedere ancor più repressione, ancor più atteggiamenti liberticidi, come Paese abbiamo perso. Irrimediabilmente. Se la logica del divieto ha vinto e se con essa ha preso corpo l’idea di non lavorare per raccontare che si è lavorato, non gestire per dire che si è gestito, non resta davvero più nulla di cui vantarci o improbabili casi diplomatici a cui appellarci. Di daspo e arresti fra i tifosi ne sono arrivati diversi, su ambo le sponde, ai responsabili dell’ordine pubblico se non il conto da pagare, qualcuno può fare almeno qualche domanda? Grazie! 

Michele D’Urso, Matteo Falcone, Simone Meloni