Il mondo dei palazzetti non mi ha mai affascinato. Eppure ci sono casi in cui vale assolutamente la pena sfidare le proprie resistenze ideologiche, macinare km e presenziare.

Oggi in terra salentina arriva la Fortitudo Bologna. E con essa la “Fossa dei Leoni”, storia del mondo ultras italiano, uno dei gruppi più duraturi longevi, che dal 1970 ancora resiste sulla scena e spesso e volentieri è stata autentico baluardo a difesa della F nei momenti più duri della sua storia. 

Anche chi come me ignora totalmente il mondo del parquet, confonde tiro libero e tiro da tre, viene spinto da questa presenza verso il palazzetto di Lecce, che forse non rivedrò più nella mia vita, salvo altre presenze ultras importanti. Ringrazio la società per la disponibilità di posizionarmi nel punto a me più congeniale, avendo capito già dal principio che della partita non è che me ne importasse più di tanto.

I bolognesi arrivano a ridosso dell’inizio partita e la loro entrata in scena è di quelle compatte e scenografiche. Posizionano lo striscione in bella mostra e solo dopo aver visto per la prima volta quei metri di stoffa coì pesante e importante, potrei anche terminare lì la mia giornata. Forse tutto il resto del pubblico presente non sa nemmeno minimamente la fortuna che ha nel poterli vedere e alla fine preferisce giustamente perdersi nel seguire la partita e i canestri che si susseguono.

Il tifo degli ospiti è molto buono. Ad inizio partita un piccolo coprisettore rimarca l’orgoglio di essere “Fossa”. Aiutati da un tamburo, si fanno sentire spesso e volentieri nel gran baccano offerto dalla tifoseria di casa. Niente male il fattore campo creato dal Nardò, peccato che la squadra si ritrovi a giocare a Lecce, perché davvero potrebbero creare un bel catino se giocassero fra le proprie mura. Di certo questa confusione acustica, tra tamburi che rimbombano e con l’eco prodotta nel palazzetto non è che sia il massimo, ma l’ambiente è davvero caldo.

La Fossa dà il suo meglio soprattutto nelle pause, quando si esaltano con cori continuativi, mentre il resto della tifoseria di casa riposa. Nel complesso un grande tifo, offerto da una tifoseria radicata e importante. Dal 1970 ad oggi, non si può che augurarle ancora altri cinquanta e oltre di questi anni.

Catello Onina