Dire che l’estate della Virtus Roma sia stata travagliata è forse addirittura riduttivo. A pochi giorni dalla fine dell’ultimo campionato, infatti, molti indizi facevano capire che il sodalizio capitolino non si sarebbe iscritto al successivo campionato di A1. Voci che si rincorrevano alla rinfusa, rimbalzando dal Campidoglio al presidente Claudio Toti, passando per la manifestazione proprio davanti al colle più alto della città da parte dei tifosi virtussini, letteralmente, e giustamente, inviperiti dalla scarsa attenzione mediatica nei confronti di quella che sarebbe stata un’altra sparizione vergognosa, dopo la pallavolo, per una squadra che da ormai 55 anni rappresenta Roma sotto canestro. Unica, peraltro, ad aver vinto trofei di calibro internazionale negli sport a squadre.

Un tira e molla che sembrava concluso, quando proprio il presidente Claudio Toti, in una calda conferenza al PalaTiziano, annunciava di voler comunque andare avanti, seppur a ranghi ridotti e con un organico in grado di salvarsi non senza qualche difficoltà. Un roster “sangue e sudore” lo aveva definito Toti. Peccato che, da lì a qualche giorni, arrivava il nefasto annuncio: squadra autoretrocessa in A2 ad appannaggio dei rivali di sempre di Caserta, ripescati in A1. La motivazione? A detta del presidente, il non aver più fondi da impiegare a fondo perso nel basket e la disaffezione del pubblico romano nei confronti di questo sport. Ovvio che tale decisione abbia causato un vespaio di polemiche con tantissimi tifosi convinti che sarebbe stato meglio un fallimento con ripartenza dai bassifondi, che un tale ridimensionamento con partite da disputare in balia di avversari quotati per una pronta promozione in A1.

Si arriva così al tribolato esordio in campionato. In casa, contro Derthona, squadra attrezzata e competitiva. Il risultato parla chiaro, con i piemontesi che espugnano il PalaTiziano. Il ruolino di marcia non cambia la domenica successiva, sul parquet di Ferentino. Il pubblico, ovviamente, latita e gli unici a non essere arretrati di un centimetro sono, neanche a dirlo, gli ultras.

I ragazzi dell Brigate sono ancora là e, circondati da un palazzetto semivuoto, anche in questa gara si presentano in una trentina di unità, armati di voci e bandierine. Entro con qualche minuto di ritardo al palazzetto, e la Curva Ancilotto già sta sostenendo a gran voce il quintetto in campo. Tante manate e cori tenuti a lungo, a prima occhiata sembrano persino più motivati rispetto alla scorsa stagione. Sicuramente, a differenza del pubblico “normale”, hanno capito che questi ragazzi, vista la loro non eccelsa tecnica, hanno ancor più bisogno di aiuto e sostegno, onde evitare di incappare in figuracce e sterili contestazioni.

I primi due quarti vedono le due squadre fronteggiarsi ad armi pari, mentre dopo l’intervallo lungo è la Fortitudo Agrigento a prendere man mano il comando del gioco, distanziando gli avversari ed andando a vincere una fondamentale gara per la gioia del manipolo di tifosi siciliani presenti a Roma, composto più che altro da parenti dei giocatori e semplici sportivi.

Il PalaTiziano fischia sonoramente, eccezion fatta per la curva, che applaudo i giocatori incoraggiandoli e spronandoli in vista dell’impegno di Rieti, molti interessante sia sul campo che sugli spalti. E proprio quest’ultimo aspetto può essere una motivazione per gli ultras capitolini. Il visitare nuovi palazzetti, vedere nuove tifoserie e fare nuove esperienze. Insomma, si può dire che se sportivamente il basket a Roma sta vivendo il proprio medioevo, a causa di scelte scellerate e neanche minimamente oculate, i suoi tifosi stanno cercando di non farsi tagliare la testa da nessun boia papale, affrontando a testa alta il brutto momento e rispondendo “presenti” ad ogni appuntamento. Ed in fondo questo dovrebbe essere lo spirito giusto per vivere sempre la curva.

Simone Meloni.