“… che vinca o che perda puoi star sicuro che … prendo la sciarpa e vengo da te…” cantavano per la prima volta nell’autunno 1997 i sostenitori lariani. Erano i tempi delle sabbie mobili in Serie C dopo gli splendori degli anni Ottanta e, all’epoca, l’auspicio era quello di risalire la china, tanto per cominciare rimettendo piede nella serie cadetta.
Sono passati oltre vent’anni, una fugace apparizione nella massima divisione ed infinite traversie societarie, ma per molti c’è sempre quella sciarpa da mettere al collo “when Sunday comes”.
Lontani dai più affascinanti teatri del pallone, i tifosi biancoblu sono costretti a girovagare nella profonda provincia pallonara, misurandosi per lo più con squadre di modesto blasone e modestissimo, se non nullo, seguito ultras.
Oggi è il caso di Olginate, paesotto alle porte di Lecco, il cui impianto fa da cerniera tra la zona industriale, fatta di capannoni grigi e fabbrichette, e quel fiume Adda che, per il Renzo Tramaglino di manzoniana memoria, fu il ritrovamento d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore.
Il capoluogo di provincia dista solo una manciata di chilometri, quindi il clima è si da gita fuori porta, effettuata con mezzi privati, ma senza rilassarsi troppo, che le sorprese sono sempre dietro l’angolo, specie quelle negative.
L’afflusso all’impianto sportivo avviene con ordine ed il seguito lariano prende posto con disinvoltura nella parte di tribuna coperta in cui campeggia la scritta “Tifosi locali”. Non sembra essere un atto di scherno o di prepotenza ma più semplicemente una scelta strategica: il chiosco bar è lì attaccato, per la gioia di chi spilla birre a ripetizione e di chi si rinfresca in questa coda d’estate.
Sulla rete che circonda il rettangolo di gioco domina lo striscione “Como merita rispetto”, messaggio rivolto ad una dirigenza che non sta entusiasmando la piazza, per tacer d’altro. Se nelle partite casalinghe la linea ad oggi maggioritaria, dopo la decisione di non abbonarsi, è quella di non entrare in curva al Sinigaglia, la presenza in trasferta non è in discussione, ma le perplessità restano.
Così, se i “Pesi Massimi” attaccano i loro vessilli in modo tradizionale, gli altri gruppi li espongono capovolti, evidenziando in questa maniera, in modo civile quanto netto, la loro posizione critica.
Il sostegno vocale si alza solo a ridosso del calcio d’inizio ed è subito ripagato dal goal del vantaggio ospite, arrivato dopo appena 4 minuti di gioco. Come sugli spalti, anche in campo è un sostanziale monologo lariano: la squadra sembra ben messa in campo ed i giocatori battaglieri.
Tra manate, treni e cori in continuità si arriva all’intervallo, occasione per riprendere la chiacchiera con vecchie e care conoscenze che seguono i colori biancoblu senza distinzione di categoria.
La ripresa vede un Como distratto che si fa rimontare nella sorpresa generale. Ma è una breve parentesi, perché già al 60° l’undici diretto da mister Bianchini torna avanti e festeggia proprio a ridosso dei propri sostenitori. Pur ridotti in dieci uomini per l’espulsione proprio dell’autore del raddoppio, gli ospiti controllano la partita senza troppi patemi.
Il sostegno dalle gradinate prosegue a gonfie vele, alternando nel repertorio vocale qualche new entry a classici come “O Comasco dal cuore ubriaco”, da cantare rigorosamente a sciarpe tese. “Prendo la sciarpa e vengo da te…”, appunto…
Lele Viganò