Lo dico francamente: una decina di anni fa mai e poi mai avrei pensato di assistere in sequenza ad uno spareggio del Latina per salire in Serie A e addirittura a una promozione del Frosinone in massima categoria. Campi in cui sono “cresciuto” e che sono stati i primi palcoscenici dei miei servizi fotografici sul mondo ultras. Di Frosinone ho ricordi nitidi, di trasferte con la mia piccola tifoseria e di partitelle a iosa, dai big match con Napoli e Mantova (playoff per andare in B) alle belle sfide con Pisa e Avellino. Era un Matusa diverso, vero. Meno pressurizzato da telecamere, tornelli e controlli. Uno stadio dove l’entrata alla “Olio cuore” era all’ordine del giorno. Eppure, passate due decadi, ha mantenuto quel suo fascino di vecchio impianto incastonato nei palazzi e a pochi passi dal centro cittadino. Se un “Fattore Matusa” esista o meno, non sta a me giudicarlo, di certo è innegabile che in quest’annata il Frosinone ha costruito la maggior parte delle proprie fortune tra le mura amiche.

Capisco che in Ciociaria è una giornata storica appena uscito dall’autostrada, con il pullman che si inoltra sulla Casilina all’altezza di Anagni, dove già fanno capolino decine di bandiere e striscioni gialloblu. Sempre difficile fare discorsi generalisti, sopratutto in un paese campanilista come l’Italia. Se infatti è vero che la maggior parte della provincia molto probabilmente ha seguito con gioia l’evento, è altrettanto vero che laddove una tradizione calcistica è più viva e solida, l’antipatia verso il capoluogo è storia antica. Sta di fatto che più Frosinone si avvicina e più i balconi e i palazzi si fanno imbandierati.

Come sempre scendo in Piazza Matthaeis, per poi imboccare Viale Aldo Moro fino allo stadio. Da un terrazzo spunta lo striscione per “Checco”, un tempo presenza fissa in Curva Nord, quando portare lembi di stoffa con scritte non era considerato sommo e gravissimo reato. Manca più di un’ora al fischio d’inizio e fuori al settore caldo del tifo canarino, già sono affollate centinaia di tifosi in attesa di entrare. I cancelli sono stati aperti con lauto anticipo e in molti sono rimasti senza biglietto. La bellezza di questo stadio, tuttavia, è che alla fine un po’ tutti avranno l’opportunità di vedere anche solo un pezzetto di partita, grazie ai pertugi che da fuori permettono di osservare il terreno di gioco e, soprattutto, ai tanti palazzi che lo sovrastano e su cui si posizionano numerose persone. Senza dimenticare i tanti che riusciranno a saltare il muro sotto gli occhi impotenti degli steward o quelli che nel secondo tempo verranno saggiamente fatti entrare. Se oggi si voleva gestire la giornata con intelligenza era necessario fare così, strano lo abbia inteso una questura più dedita a rilasciare diffide e denunce per inezie che a fare veramente ordine pubblico.

La cosa da cui rimango piacevolmente sorpreso, invece, è la velocità con cui riesco a ritirare l’accredito. Supero il prefiltraggio, il tornello e sono dentro. Mai come oggi il Matusa è pieno in ogni ordine di posto. Per l’occasione è stata aperta anche la Curva Sud ai tifosi laziali, destinando agli ospiti un pezzetto della Tribuna Laterale. Duecento biglietti a disposizione per i crotonesi, di cui una settantina quelli venduti.

Un quarto d’ora prima del fischio d’inizio quasi tutti i tifosi sono entrati, e la Nord comincia a mostrare la sua coreografia. Tutti i presenti indossano casacche gialle e blu, che vanno a formare un sorta di sole che splende con i colori sociali del club. Lo spettacolo sarà ultimato, all’ingresso delle squadre, dallo sventolio di tante bandierine che compongono il tricolore e dalla frase appesa in balaustra: “I nostri colori simbolo di vittoria e tradizione”. Non sono da meno gli altri settori, con la Sud che, guidata da un paio di signori “vecchia maniera”, alza al cielo migliaia di palloncini, mentre nei Distinti oltre ai palloncini, nella zona occupato dai Frvsna, viene esposto lo striscione “Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo una volta ancora la nostra sfida alle stelle”, che cita fedelmente una frase di Filippo Tommaso Marinetti.

Tutto è pronto e il fischio iniziale del direttore di gara scioglie la tensione dei tifosi, ma non quella della squadra. Gli uomini di Stellone infatti appaiono impacciati, chiaramente sotto scacco dell’emozione. Il Crotone prova ad approfittarne e sfiora anche il vantaggio nei primi minuti.

In tutto ciò non è da trascurare la presenza degli ultras calabresi. Premesso che farmene un’idea numerica dalla mia posizione è a dir poco un’impresa (dato che sono esattamente al mio lato destro), devo dire che ne sono rimasto favorevolmente impressionato. Farsi sentire nell’odierna bolgia del Matusa era un’impresa assai ardua, tuttavia i supporters pitagorici effettuano la trasferta con lo spirito giusto. Manate, sbandierate, petti nudi, sciarpata e cori per tutti i 90′, anche sotto di tre gol. Davvero complimenti per l’intensità e la continuità, oltre che per l’attaccamento alla causa dimostrato quest’oggi.

Sui frusinati che dire? Oggi è riduttivo dare un giudizio complessivo che comprenda solo la Curva Nord. Oggi è la classica giornata in cui tifa anche la vecchietta di 70 anni che mette per la prima volta piede allo stadio. Ovvio che per chi ha seguito le sorti del Leone anche negli anni amari dell’Interregionale, deve esser stato strano, e forse anche fastidioso, vedere esultare chi magari 15 anni fa lo scherniva per la scelta di seguire la squadra della propria città anziché i più blasonati club della Serie A. Croce e delizia delle scalate al vertice del pallone. Perché se è vero che tanti occasionali salgono sul carro dei vincitori, è altrettanto vero che una minima percentuale si affezionerà davvero alla squadra ed alla sua tifoseria.

Tornando ai 90′, molto belli sono i cori a rispondere che rimbalzano tra le due curve per terminare nei Distinti. Il Frosinone trova il vantaggio attorno al quarto d’ora, con una zampata di Ciofani. Il gol fa letteralmente crollare lo stadio, che si produce in un boato difficlmente udito da queste parti. La Nord invita tutti ad alzarsi in piedi, saltando e cantando. Lo spettacolo è ovviamente molto bello, e il clima diventa incandescente, non solo dal punto di vista meteorologico. Non passano neanche dieci minuti che i ciociari trovano il raddoppio. Altra esultanza e tifo su ottimi livelli, ritmato dal suono di un tamburo e contrassegnato da belle manate e cori prolungati. Da segnalare la presenza, in Nord, dei gemellati paganesi ed olbiesi.

Il duplice fischio è accolto quasi con un’esultanza. In tanti sentono la Serie A in tasca. Eppure, ad inizio ripresa, il Crotone prova a mettere i brividi ai gialloblu conquistando un calcio di rigore. Ma oggi è la giornata del Frosinone e chi conosce un po’ il calcio sa che ci sono domeniche in cui, più della forza dell’avversario, a mettere i paletti al susseguirsi degli eventi ci pensa quella miscela di scaramanzia, cabala e inerzia. Il tiro è respinto da Zappino e l’esultanza è forse ancor più liberatoria del primo gol, con la Sud che libera al vento le ennesime torce della giornata.

Manca un ultimo tassello, è quello messo da Dionisi che, con la propria doppietta personale, dà la certezza della promozione ai suoi. Poco importa che il Crotone trovi il gol della bandiera. Lo speaker invita ripetutamente a non invadere il terreno di gioco. Ma gli schemi sono saltati, così come le idiote e pagliaccesche regole di Osservatorio, Casms e compagnia bella. Si capisce che nessuno vuol far del male ai calciatori o spaccare chissà cosa, c’è solamente voglia di festeggiare un traguardo storico.

“Matusa palestra di vita” è lo striscione che spunta in Curva Nord. Oggi infatti potrebbe essere l’ultima volta nel tempio che ospita il Frosinone dal 1932. Sarebbe certamente un addio agrodolce, un saluto in pompa magna a quello che è un vero e proprio monumento del calcio frusinate, in luogo dello stadio Casaleno. Un paio di chilometri più in là, oltre la Strada dei Monti Lepini. Una cattedrale nel deserto esistente da 42 anni, ma mai realmente terminata. Il progetto è quello di costruire un impianto da 16.000 posti, opera che però appare difficile in pochi mesi. Nel frattempo i canarini potrebbe usufruire di una speciale deroga per giocare al Matusa, che sarebbe loro concessa in quanto capoluogo di provincia.

Gli ultimi minuti si giocano nella totale euforia e, mentre gli ultras del Crotone continuano a tifare imperterriti e incuranti di tutto ciò, c’è chi si abbraccia e canta senza neanche accorgersene. L’arbitro decreta quattro minuti di recupero che sono un lunga e intensa passerella per i giocatori di casa.

Sono le 16:54 quando il triplice fischio squarcia il cielo: il Frosinone è in Serie A. Per la prima volta in 87 anni di storia. Un traguardo inaspettato, che neanche il più ottimista dei tifosi avrebbe potuto immaginare. Gli steward inizialmente provano a contenere gli invasori, ma poi i cancelli si aprono e l’erba verde viene sostituita da migliaia di persone con sciarpe e bandiere. Ci sono due ragazzini, avranno 18 anni, che baciano il campo. È una scena bella, perché sa di calcio. Quello che in Serie A abbiamo dimenticato. E allora speriamo che questa categoria non rovini la spontaneità di questo ambiente.

Stavolta non mi affretto ad uscire. Rimango a vedere la festa in campo. I giocatori abbracciano i tifosi, alla faccia di tutti questi ipocriti perbenisti che si riempiono la bocca invocando la massima distanza tra il tifo e la squadra. Dove cazzo vivete? È per il vostro modo di non ragionare che piano piano tanti stanno abbandonando i grandi club in luogo della provincia e della genuinità.

Si svuota anche la Nord. Tutta tranne la parte inferiore occupata da Uber Alles e Vecchio Leone. Loro rimangono là, a festeggiare come meglio credono. Spuntano fumogeni e cori scanditi dal suono del tamburo. Il tutto dura quasi una mezz’ora. Il giusto finale per due gruppi che quest’anno sono stati i veri e propri protagonisti delle ottime prestazioni di tifo viste da queste parti. Sicuramente la Serie A li metterà di fronte ad altri scalini da salire, vedremo come sapranno reagire.

A questo punto anche io posso uscire fuori lo stadio. Il pullman con i giocatori dovrebbe fare il giro della città. Nel frattempo però posso scattare liberamente la festa che si è scatenata in Via Aldo Moro. C’è un po’ di tutto, dai pullman della Cotral presi d’assalto, ai camion dipinti in gialloblu. Ma soprattutto c’è un fiume di gente festante che ha veramente invaso la zona limitrofa il Matusa e non solo. Anche i gruppi ultras reciteranno, in serata, la loro parte. Con il corteo fatto da Uber Alles e Vecchio Leone con gli striscioni da casa in mano. Purtroppo non potrò vederli, il mio pullman infatti è in partenza alle 19:30. Ma per la festa credo parlino più le foto che un eventuale commento.

La giornata si chiude laddove si era aperta, in Piazza De Matthaeis. La festa è ancora in corso, e probabilmente si protrarrà per tutta l’estate. “Mio fratello è figlio unico, perché è convinto che Chinaglia non può passare al Frosinone”. Chissà quanti tifosi gialloblu avranno pensato al testo di questa celebre canzone di Rino Gaetano, che parafrasava la poca attinenza nel credere nei sogni o negli eventi più lontani ed improbabili. Dal prossimo anno, invece, il Chinaglia di turno potrà vestire la maglia canarina. E questo sta letteralmente mandando in visibilio una città.

Simone Meloni.

https://www.youtube.com/watch?v=tdG7Q7Rv-X8

 

https://www.youtube.com/watch?v=pJAIM0kUU1k

 

https://www.youtube.com/watch?v=lkHL7WMwgcY

 

https://www.youtube.com/watch?v=VLuvDGdLg3o

 

https://www.youtube.com/watch?v=LvhdIR02l20

 

https://www.youtube.com/watch?v=cSgi2TggP-Y