Se almeno una volta nella vita provassimo a opporci a un qualcosa che riteniamo troppo caro (e non solo per un fattore meramente personale, ma più che altro concettuale) forse riusciremmo a vivere la quotidianità da un’ottica differente. Se di fronte al caffè rincarato 20/30 centesimi, al piatto di pasta ingiustamente sovrapprezzo o al biglietto della metro spropositato sapessimo dire “no”, facendoci sentire, probabilmente riusciremmo a guadagnarci un pizzico di autorevolezza in più come cittadini.
Se poi come tifosi, a tempo debito, ci fossimo opposti massivamente alle speculazioni, agli sciacallaggi e quindi al vergognoso caro biglietti in atto nel nostro Paese da ormai oltre un decennio, probabile a oggi ci ritroveremmo più stadi a misura d’uomo. Ma forse è anche inutile entrare troppo in una polemica che lascia il tempo che trova. Sarebbe come dire che la tessera, le limitazioni e i divieti sono anche figli – sebbene in piccola parte – del lassismo di un intero movimento, ai tempi dei tornelli e dei biglietti nominativi. Tutti impegnati a guardarsi il proprio orticello e rimestare nelle proprie battaglie di quartiere.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Così non me ne vogliano né l’Ostiamare né il Latina (che dividono equamente l’introito dei biglietti in questa competizione). Ma la scelta dei ragazzi della Nord di Latina di rimanere fuori per contrattare il prezzo del biglietto l’ho trovata sacrosanta. Dieci euro per una Coppa Italia di Serie D al 27 di agosto sono spropositati (così come lo era la stessa cifra per la sfida del precedente turno tra Anzio e Latina), basti pensare che i supporter nerazzurri lo scorso anno erano soliti pagare simili cifre nei settori ospiti della Serie B. Allora meglio far capire che i tifosi non sono mucche pronte ad attaccare il proprio campanaccio laddove voglia il pastore di turno. Meglio sottolineare che sulla passione della gente non si dovrebbe speculare, soprattutto quando si scende in queste categorie più intime e familiari. Meglio ricordare come spesso chi troppo vuole nulla stringe. Quindi meglio esser ragionevoli e avere un settore pieno (e comunque pagante) che rinunciare anche a una quota “giusta” per assistere a un simile incontro.
“La brama delle ricchezza è la radice di tutti i mali” diceva San Paolo.
In questa torrida domenica d’agosto il Latina tocca con mano per la seconda volta il suo effettivo ritorno tra i dilettanti. Pochi mesi dopo il fallimento e al termine di un’estate che definire travagliata è quasi un complimento. Settimane in cui diverse figure sono state invocate e nominate per la ricostituzione di un club. La Nord era stata chiara: “Non importa la categoria, basta che la città non resti senza calcio”. Sono stati accontentati, anche se i colpi di scena sono stati davvero innumerevoli.
Uno su tutti porta sicuramente il nome di Antonio Pezone, discusso personaggio del calcio laziale e attuale presidente della Racing Fondi, nonché artefice del “miracolo Racing”: vale a dire due retrocessioni conquistate sul campo nella passata stagione con i due omonimi sodalizi militanti in Eccellenza e Lega Pro. A un certo punto di questa sinistra telenovela sembrava esser diventato lui il “salvatore della patria”, benché avesse già acquistato il Fondi (a sua volta scaricato da Unicusano) e le regole federali non permettessero un trasferimento oltre la città sede del club. Motivo ostativo che non ha riconosciuto la deroga da Tavecchio facendo naufragare il tutto.
Sono stati tanti a Latina a tirare un sospiro di sollievo. Il futuro prossimo era infatti delineato, con allenamenti della prima squadra e delle giovanili ad Ardea (provincia di Roma) e una possibile cancellazione dell’identità calcistica. Sarebbe stata probabilmente la “ciliegina sulla torta” degli ultimi dodici mesi di calcio latinense, cominciati con società dissolte e asse fantoccio e finita con l’iscrizione in extremis alla Serie D grazie a una cordata capeggiata dal sindaco e da alcuni imprenditori locali.
Del Latina a Pezone rimangono le tristi magliette con bande nerazzurre indossate nella sfida contro il Catania da ciò che rimane del povero e glorioso Fondi Calcio.
Se il dramma sportivo è dunque inenarrabile, come abbiamo imparato in questi anni la rovinosa caduta in quarta serie per il tifo organizzato è tutt’altro che disdicevole. O almeno: riesce a lenire il dolore per quanto accaduto. In D non esistono tessere del tifoso e si finisce spesso a viaggiare in campetti sperduti, potendo tornare a fare ambiente con facce scomparse da anni, rivivendo l’ebbrezza (di certo non completa, queste categorie non sono immuni dalla repressione. Anzi) di una maggiore libertà di movimento e spesso rinfocolando rivalità rimaste sopite per anni.
Alle 16 in punto le due squadre fanno così capolino dagli spogliatoi mentre – come detto – gran parte dei tifosi ospiti sono fuori ai cancelli. Entreranno intorno al decimo lasciando in pegno i propri bandieroni, a causa del divieto per le aste stabilito dai soliti, zelanti, funzionari di turno.
Nel frattempo la gara è iniziata e gli ultras lidensi hanno fatto il loro regolare ingresso all’interno dell’Anco Marzio. Una presenza notevole dal punto di vista numerico, tenuto presente il periodo e la competizione. I supporter biancoviola sfoderano inoltre un’ottima prestazione, compattandosi dietro un’unica pezza e cantando con buona continuità per tutta la partita. La loro buona vena non può che far piacere, anzitutto perché parliamo di una delle realtà ultras del Lazio più longeve, malgrado i numeri e l’ingombrante concorrenza di Roma e Lazio, secondo poi perché non può che dare ancor più pepe a una sfida molto interessante sugli spalti. Quando i tifosi pontini fanno il loro ingresso, infatti, vengono subito accolti dai cori ostili dei padroni di casa. Il tutto si acquieta con qualche gestaccio vicendevole e un paio di sproloqui da ambo le parti.
Gli ultras nerazzurri dopo l’ingresso compatto si mettono subito in mostra con un paio di fumogeni e un tifo che per tutto il primo tempo resta davvero su grandi livelli, coinvolgendo spesso l’intero settore. Belle manate e cori a rispondere rimbombano a pochi passi dal litorale mentre nella ripresa l’intensità cala un pochino ma la prestazione resta sicuramente di pregevole fattura.
Per loro si tratta letteralmente di una nuova alba e – come accennato – questo non può che portare giovamento alla Nord che, in quest’annata, si ritroverà in buona compagnia durante le trasferte, potendo sfruttare l’esigua distanza geografica (fatta eccezione per le partite con le squadre sarde) e “arruolare” quanta più gente possibile. Bello comunque vedere che nessuno si è perso d’animo, passando con lo stesso spirito dalla sfortunata playoff di B con il Cesena di qualche anno fa ai campi della Serie D.
In campo è l’Ostiamare ad avere la meglio con un gol di scarto. Un successo che permette ai lidensi di accedere al turno successivo ricevendo i meritati applausi del proprio pubblico.
Ci sono applausi e incitamento anche per il Latina di mister Chiappini. Il pensiero è ovviamente rivolto al campionato. La piazza si aspetta molto, nonostante un girone tutt’altro che facile.
Simone Meloni