Inizio il mio tour greco, consapevole di alzare la mia asticella Ultras, con il derby di Atene. Prima di snocciolare la classica tifocronaca, mi preme ringraziare tutti quegli amici che m’hanno dato una piccola e grande mano con informazioni sulla città, sulla curva locale, sui biglietti e su tutti i quartieri e le bellezze di Atene.
La mia scelta ricade su questo derby ateniese, dopo l’apertura almeno parziale degli stadi ellenici che, da febbraio, hanno visto il ritorno sugli spalti limitatamente ai tifosi di casa. Praticamente lo status quo prima dei due mesi di porte chiuse disposti a seguito degli incidenti verificatisi a margine di Olympiakos-Panathinaikos di pallavolo. Ritornare a partite con entrambe le tifoserie presenti sugli spalti, allo stato attuale, sembra una lontanissima utopia.

Dopo aver prenotato viaggio, stanza e organizzato i bagagli, parto dunque verso la capitale greca. La mia stanza, situata in pieno centro, dista solo alcune fermate di metro dallo stadio. Scendo ad Ampelokipi, fermata obbligatoria per arrivare allo stadio stesso. All’uscita della metro vengo accolto da innumerevoli bancarelle di street food locale e materiale per tifosi. A poche centinaia di metri è situato il ritrovo dei Gate 13: un palazzo di almeno tre piani, maestoso e colorato di bianco e verde, collocato sul ciglio di una strada principale da cui partirà a sua volta il corteo degli ultras locali.

Almeno sedicimila se non di più le presenze sugli spalti, saturi fino all’ultimo seggiolino. I biglietti in Curva sono stati polverizzati nel giro di ventiquattro ore, gli altri oscillavano tra la non proprio economicissima cifra di 80€ e 200€. La sensazione evidente è che questo stadio sia troppo piccolo per gli appassionati del trifoglio verde. Prima del calcio d’inizio mi concedo un giro a 360 gradi nei suoi dintorni, dove fotograferò numerosi graffiti e murales tra i quali spiccano quelli della Roma e del Rapid Vienna, storici gemellati dei padroni di casa. La zona è altamente residenziale, le strade del quartiere creano un dedalo di vie che la rendono potenzialmente esposta a tafferugli fra tifosi, ammesso che li facciano mai più tornare gli ospiti. Tanti ultras fanno capannello ad ogni angolo del quartiere, nei pub e nei bar dove, a scanso di qualsiasi evenienza, restano a marcare il proprio territorio e a monitorarlo contemporaneamente.

Ritirati i biglietti mi avvio verso l’entrata: la curva si presenta con un bel impatto visivo e quando la partita inizia, in concomitanza si alza un coro che si potrebbe definire un classico internazionale, ossia quello sulle note di “Feed from desire” di Gala, molto seguito da tutti i presenti. Un unico striscione, il mastodontico GATE 13 PANATHINAIKOS di quasi cinquanta metri, domina e rappresenta il settore principale.

La tensione nel frattempo si inerpica su livelli alti, lo stadio è colmo e canta frequentemente con la curva. I decibel canori incrementano col passare dei minuti, le barriere in lamiera di ferro e quelli in plexiglass prese costantemente a calci enfatizzano la sensazione di trovarsi in una bolgia. L’AEK però non si lascia influenzare più di tanto portandosi addirittura in vantaggio già al quinto minuto. La doccia gelata condiziona i tifosi di casa, il cui tifo andrà un po’ scemando a causa del pesante colpo psicologico.

Un primo goal poi annullato al Var, rialza notevolmente gli umori e il livello del tifo per il Panathinakos. La bomba canora è stata innescata, il tifo diventa sempre più caldo: cori prolungati, battimani e treni, cori a ripetere, davvero suggestivo e potente è l’accompagnamento che perdura ben oltre i novanta minuti, classico tifo dell’est Europa, con voce forte e quasi rauca che spinge molto più sui ritmi secchi che su quelli melodici.

Allo scoccar del trentaduesimo minuto, il simbolico ordigno alimentato dal potente tifo, brilla liberando un vero e proprio boato, una deflagrazione di decine di migliaia di voci scaturite dal goal del pareggio. L’esplosione di gioia, l’adrenalina e la pelle d’oca attraversano tutti i settori, tanto che finirò per esultare ed emozionarmi anch’io.

L’apoteosi sopraggiunge dopo soli due minuti, quando la squadra allenata da Fathim Terim passa in vantaggio. Per non sembrare scurrile e senza alcuna enfasi, un vero orgasmo. Un qualcosa di veramente indescrivibile, un’esperienza che – condensata in quegli attimi, vale fino agli ultimi centesimi spesi per questo viaggio in terra ellenica.

Il tifo prosegue rovente, tutti i settori seguono la curva a ruota. Volano birre, torce e fumogeni. La coltre che si innalza porta con sé il caratteristico odore acre della pirotecnica e mentre i tamburi rullano sotto i cori del Gate 13, la miccia dei candelotti viene sfruttata per dare fuoco a diverso materiale dell’AEK, probabilmente sottratto in qualche scontro passato.

Molto tesa la gara in campo, per cui battimani e cori si susseguono anche per decontrarre i nervi della squadra, verso la quale i tifosi sbraitano ad ogni
pallone perso giusto per evitare che si rilassino poi troppo. Molti i cori rivolti ai loro nemici dell’AEK e dell’Olympiakos: a tal proposito, si nota una bandiera con un Pinocchio giallo e nero che sventola ininterrottamente.

Gli ultimi minuti sono quelli tipicamente sconsigliati ai deboli di cuore, tantissimi cori finiscono per spezzarsi troppo presto, l’ansia sale alle stelle. Anche le due squadre vengono a contatto dopo un tackle duro, si verifica un parapiglia con
qualche colpo proibito di troppo ma inesorabile arriva il tanto atteso triplice fischio finale che sancisce la vittoria.

È un incalzare di applausi, da qui riparte il coro sulle note di “Feed from desire” che riecheggia in tutto lo stadio, stracolmo e festante. Anche la squadra si unisce ai festeggiamenti, portandosi sotto la curva per unirsi a questo grosso abraccio ideale. Tanti bandieroni restituiscono un tocco di colore in più a questa festa bellissima. Passano i minuti e tocca guadagnare l’uscita, ma l’adrenalina in circolo obbliga a concedersi un lungo pit stop di birre greche e souvlaki. Bisognerebbe bere parecchio e forse neppure basterebbe, una serata così è davvero difficile da dimenticare.

Anna Tagliamonte