Quest’anno, per le mie vacanze estive scelgo, dopo oltre dieci anni, di ritornare in Grecia. Meta classica e stupenda per chi, come me, vive nell’Italia sud-orientale.
Dopo aver passato una settimana intera su una delle splendide isole di questa bellissima nazione, decido di fare tappa ad Atene, capitale dell’Ellade ed antichissima città, culla della civiltà europea.
Il mio amore per questo paese nasce moltissimi anni fa, quando decisi di intraprendere studi classici che mi faciliteranno sia nel muovermi in città, sia nel leggere indicazioni, stradali e non, che per il mio compare di viaggio Francesco resteranno incomprensibili. Del resto, per me non è la prima volta nella capitale dell’Attica in quanto, proprio quando ero studente, intrapresi un bellissimo viaggio che comprendeva anche un visita delle città del Peloponneso.
Tornando ora a livello ultras, ovviamente Atene (ma la Grecia in generale) non ha bisogno di presentazioni: la città si divide in tre piccole grandi anime che sono Aek Atene, Panathinaikos e Olimpiacos, che i più ortodossi non ritengono strettamente ateniese.
L’Aek, con sede nel sobborgo di Nea Filadelfia, è una squadra fondata nel 1924 da rifugiati greci provenienti da Costantinopoli dopo la guerra greco-turca. Gioca attualmente nello stadio Olimpico di Atene, costruito ovviamente per i giochi del 2004, in attesa della costruzione del nuovo stadio di proprietà. I colori sociali sono il giallo e il nero ed ha come simbolo un’aquila a due teste, emblema della dinastia dei Paleologi, ultimi a regnare sull’impero bizantino dell’attuale Istanbul.
L’Olimpiacos Pireo, fondata nel 1925 e con sede nel porto di Atene (il Pireo per l’appunto) è la squadra più titolata di Grecia. Con un grosso seguito di tifosi, gioca le sue partite casalinghe sempre nel quartiere portuale della città. Ha come simbolo l’effige di un’atleta con una corona di alloro, in quanto lo scopo iniziale alla fondazione del club era lo sviluppo e la pratica delle competizioni atletiche. I suoi colori sociali sono il bianco e rosso.
Il Panathinakos, infine, detto anche Pao o Pana, fondato nel 1908 ha come simbolo un trifoglio. I suoi colori sociali sono il verde e il bianco, anche se all’inizio erano il bianco ed il rosso.
Tutte e tre le squadre della capitale sono polisportive, il che significa che si confrontano su ogni tipo di competizione che sia calcio, pallavolo o basket.
Mentre mi appresto a prendere la metro per andare allo stadio, scopro che il Pao gioca ora allo stadio Olimpico e non ne conosco la motivazione, in quanto sapevo che dal 2013 era tornato a disputare le sue gare interne nello storico Apostolos Nikolaidis; arrivo con largo anticipo davanti a questo bellissimo impianto e compro un biglietto di curva laterale: per un match di prima divisione i prezzi di ogni settore sono davvero popolari e a portata di tutti, anche se pure qui vige una certa repressione e mi viene richiesto un documento di identità per la stampa del tagliando.
Arrivato davanti al “Gate 13”, covo degli ultras bianco verdi, noto che già un bel blocco di persone è assiepato davanti agli ingressi a bere birra e discutere come avviene comunemente in ogni stadio al mondo. Mano a mano che il tempo trascorre, arrivano altri gruppi di ragazzi, quasi tutti insieme e in moto, e noto che anche qui non utilizzare il casco è usanza diffusa….
Mentre si raggruppano fanno qualche coro tutti assieme, osservati da un piccolo dispiegamento di forze dell’ordine che li attende ai varchi delle porte per i controlli di routine. Quando entro nell’impianto noto con piacere che i controlli sono abbastanza superficiali e che le comuni bottigliette d’acqua vengono lasciate entrare senza problemi, a differenza dell’Italia dove ogni volta siamo costretti a toglier via il tappo…
Lo stadio è davvero bellissimo, sono in un angolo dove godo di ottima visuale sia del terreno di gioco che degli ultras ateniesi, che principalmente è quello che mi interessa. Ad un quarto d’ora dall’inizio della disputa, gli ultras ateniesi entrano insieme cantando e si dispongono nella parte superiore del loro settore, lasciando vuota quella bassa: non sono numerosissimi, ma la partita non è di cartello e non mi piace giudicare in base ai numeri.
Molti di loro scavalcano dalle parti laterali del settore curva ed entrano in campo per appendere i loro drappi, mentre gli inservienti sembrano non essere troppo preoccupati della questione.
La partita inizia e partono subito con un forte coro per i diffidati, ben scandito e riesco facilmente a riconoscere. Buoni battimani e la cosa più impressionante sono le “bracciate”: muovono in maniera sincronizzata gli arti superiori in avanti e indietro creando un effetto impressionante, come se un mare di mani si spostasse da un lato all’altro.
Il tifo nel primo tempo, dal punto di vista canoro, non è impressionante, ma i ragazzi sono sempre costanti ed esploderanno insieme a tutto lo stadio al gol del vantaggio. La cosa che più mi colpisce è la tribuna: a volte partecipano al tifo della curva, altre volte fanno addirittura partire cori spontanei che la sovrastano; alle decisioni arbitrali contrarie inveiscono in maniera veemente contro il direttore di gara, alzando un boato incredibile: il calore del popolo greco è cosa risaputa e ne abbiamo dimostrazione dalla partecipazione quantitativa e qualitativa delle trasferte europee.
Bassi quanto inutili i divisori tra i settori di curva e tribuna: vedo tranquillamente gente, comprese donne e bambini, scavalcarli per posizionarsi in un posto migliore rispetto al titolo d’ingresso acquistato, cosa che mi fa ovviamente sorridere.
La squadra ospite in campo non molla e perviene al pareggio, rianimando un po’ tutti i settori inferiori dello stadio (tutto l’anello superiore e il settore ospiti sono chiusi) che si erano nel frattempo adagiati un po’ sugli allori. Ma nel secondo tempo, dopo un lungo assedio, il Pao ritrova il meritato vantaggio, facendo esplodere ancora una volta lo stadio, che diventa una bolgia: il “Gate13” accende torce e qualche fumone verde a colorare questa bella giornata di fine estate.
Ancora cori per i diffidati e uno sulle note di “Montagne verdi” che riesco simpaticamente a riconoscere: arriva puntualmente il terzo gol su rigore che libera dagli affanni e mette in cassaforte la posta in palio, per la gioia di tutto il popolo bianco verde.
Mi rimane il rammarico di non aver potuto vedere gli ospiti, dato che da oltre due anni tutte le trasferte vengono purtroppo vietate (finale di coppa di Grecia a parte), il che mi fa capire che anche qui il livello di repressione è altissimo. Peccato non poter fotografare il bellissimo striscione ULTRAS ATHENS, posizionato proprio davanti a me e quindi impossibile da immortalare.
Il ritorno in metropolitana è festoso. Torno a casa sempre più convinto che l’influenza di questo popolo, durante il periodo della Magna Grecia, sia stato importante per tutto il sud Italia non solo a livello culturale, ma per radicare la passione tipicamente mediterranea verso questo che per molti sarà solo uno sport, ma che per altri è una vera e propria religione.
Rocco Denicolò e Francesco Colletta.