Tra le domeniche senza impegni dove poter fare qualche servizio avevo cerchiato la prima di novembre; guardando alle possibili partite da andare a vedere non avevo però moltissime alternative, essendo il girone A di serie C quasi completamente giocato di sabato.

Ho deciso allora di optare per il Garilli, stadio che da tempo volevo vedere: la storia del Piacenza Calcio infatti rievoca negli over quaranta, come me, i mitici anni che ha vissuto la società biancorossa dal 1993 al 2003. Otto campionati di serie A, due immediate risalite dalla B, una squadra fino al 2001 composta interamente da giocatori italiani e incredibili stagioni decise all’ultima giornata o allo spareggio; anni in cui la favola biancorossa faceva riempire lo stadio, svuotatosi poi, ad eccezione degli ultras, una volta che la squadra di casa è tornata nelle categorie inferiori (a questo aggiungiamo anche un fallimento nel 2011).

Quello del Garilli è uno stadio che ho sentito denigrare spesso per la sua conformazione, che tuttavia a me piace. Forse questo mio gusto per gli stadi con la pista intorno deriva dal fatto che essendo nato in una città che calcisticamente ha un impianto simile, i piacevoli ricordi di bambino me lo fanno sembrare più bello di quello che in realtà è.

Mentre sono in viaggio, pensando alla partita, ho il timore che ad attendermi sarà una giornata modesta a livello di tifo: un po’ perché già so che sarà presente solo la componente emiliana e un po’ perché il sodalizio biancorosso viene da tre sconfitte consecutive, l’ultima delle quali ha determinato il cambio di allenatore. La squadra di casa infatti, partita per lottare per le posizioni di vertice, dopo appena undici giornate si trova a ben otto lunghezze dalla prima in classifica.

Arrivato allo stadio, prima dell’inizio della gara, assisto anche qui alle nuove modalità di intrattenere il pubblico nel prepartita: musica altissima con spalti semivuoti fino a poco prima del fischio d’inizio. Questo modo di trasformare lo stadio in una sorta di discoteca lo ritengo personalmente una cosa senza senso. C’è chi dice che serva a caricare i giocatori nel riscaldamento ma, a mio parere, se giochi in serie D in una piazza e in uno stadio del genere non dovrebbe servire altro…

All’ingresso delle squadre viene osservato un minuto di silenzio per le vittime dell’alluvione in Toscana. Per chi, come me, proviene da quella regione è certamente un momento toccante e il pensiero va anche a chi ha perso tutto.

Mentre scrivo, al Franchi si sta giocando Fiorentina-Juventus, a dimostrazione del più cinico “the show must go on”. Tuttavia a questa gara i ragazzi della Curva Fiesole hanno deciso di non partecipare, impegnati in questi giorni ad aiutare a spalare il fango e a togliere l’acqua dalle case allagate. Esattamente come era successo la scorsa primavera in Emilia Romagna, sono ancora gli ultras i primi a muoversi per dare una mano.

Scusandomi con chi legge per questa piccola parentesi che per ovvi motivi sento vicina, descrivo subito quello che ho visto sugli spalti in questa giornata in quel di Piacenza.

A differenza di quanto temevo, i tifosi piacentini hanno offerto uno spettacolo davvero valido: con un bel bandierone che sventola incessantemente, alternano battimani a cori secchi, con un’ottima partecipazione di tutta la parte centrale del settore da loro occupato. Probabilmente il cambio del mister ha riportato un po’ di entusiasmo e la curva di casa si esprime su ottimi livelli per tutto l’arco della gara. Sono bravi nel tenere costanti anche quei cori un po’ più lunghi, che solitamente tendono a scemare dopo pochi minuti.

È piacevole assistere ad una prova di tifo vecchio stampo, con cori ben scanditi e cantati non a velocità supersoniche (tendenza recente e, a mio parere, spiacevolissima).

Noto in curva anche la presenza di qualche ragazzo giovane: la cosa mi fa sempre sperare che ci sia quel famoso “ricambio generazionale” che è ormai lo spettro di tutte le curve medio-piccole.

Tra i primi cori ad inizio partita c’è anche quello per Davide e Marco, i due fratelli leader della curva biancorossa, portati via a pochi anni di distanza l’uno dall’altro da un destino infame. Il bellissimo murale, sotto la gradinata dove stazionano gli ultras locali, è lì a ricordare quanto questi fratelli abbiano dato alla curva biancorossa.

Viene poi esposto uno striscione che evidenzia il legame tra gli ultras di casa e quelli della Pergolettese, e che ricorda come, relativamente alla città di Crema, da queste parti esista una sponda sola.

La partita vede il Piacenza passare in vantaggio a fine primo tempo per poi essere raggiunto subito dopo l’inizio della ripresa. Addirittura il Crema rischia più volte di passare in vantaggio, cosa che finisce per far spazientire anche gli ultras piacentini. Infatti dopo aver cantato e spinto la squadra per tutta la partita, i sostenitori biancorossi hanno cambiato registro, lamentando la mancanza di attributi dei propri giocatori. Al fischio finale, a capo basso, gli atleti di casa vanno a prendersi i meritati fischi sotto al settore.

La vetta è sempre più lontana, la vittoria del campionato sembra già sfumata.

Resta però una certezza: in qualsiasi categoria, gli ultras del “Piace” saranno sempre lì, a sostenere quei colori.

Matteo Biondi