Ci sono partite che valgono una stagione e quella di questa sera entra di diritto in questa ristretta cerchia. Alzi la mano chi credeva di arrivare fino a gara 5, soprattutto dopo le due vittorie interne iniziali della Pielle che sembravano aver messo in chiaro le forze in campo, due vittorie schiaccianti che hanno scavato un solco tra le due formazioni. Ed invece ad Avellino la musica è cambiata, il doppio vantaggio si è andato ad esaurire e stasera si disputa la sfida finale: chi vince prosegue il cammino verso la serie A2, chi perde è fuori dalla corsa. Fare pronostici in questo caso è impresa assai ardua, se la Pielle sembrerebbe quella più attrezzata tecnicamente, Avellino ha dalla sua una freschezza atletica che potrebbe fare la differenza.

A Livorno l’attesa per la sfida è spasmodica, la giornata comincia con l’arrivo delle squadre al palazzetto ed è facile intuire come l’accoglienza possa essere stata ben diversa, diciamo pure opposta. Poi c’è da ingannare l’attesa, si creano i soliti capannelli di persone che stazionano fuori l’impianto, l’atmosfera è tranquilla e gioiosa, c’è la classica adrenalina da grande evento ma c’è anche la consapevolezza di dover spingere la squadra verso la vittoria.

Palazzetto che si anima ben prima dell’inizio delle ostilità, il prepartita è uno dei più carichi di tensione che ricordi in questa stagione, tutti i settori sono pieni ben oltre il limite consentito e se nelle partite precedenti se tiravi uno spillo in curva probabilmente non avrebbe toccato terra, questa identica sensazione stasera la si riscontra pure negli altri settori. Un brulicare ed un vociare che in un palazzetto crea una bolgia che fa la differenza e quando partono i primi cori l’ambiente si surriscalda oltre il necessario. Un bell’inizio, tutti i presenti sono in piedi, ognuno vuole offrire il proprio apporto, c’è chi partecipa ai cori, c’è chi si limita agli applausi di rito, i più intransigenti mirano ad intimorire con qualche urlaccio i giocatori avversari, che ovviamente fanno finta di nulla e proseguono il riscaldamento.

Che la partita sia di quelle importanti lo si evince dalla presenza ospite, pur essendo un giorno lavorativo in un orario serale, da Avellino giungono in Toscana una cinquantina di persone armate di bandiere, tamburi e sciarpe, oltre a delle t-shirt di un verde acceso che creano un bel colpo d’occhio. Presenza numerica davvero niente male, anche se ricordando il passato di una piazza come Avellino resta l’amaro in bocca per quel che poteva essere e non è stato, seppur si parli di tutt’altro sodalizio. Comunque qualcosa si muove ed anche se i presenti sono lontani dal potersi fregiare dell’appellativo di ultras, hanno comunque la grande qualità di sostenere per larghi tratti la squadra e di creare colore, aspetto quest’ultimo del quale possono andare fieri. Ad entrare nel particolare, probabilmente qualcuno dei presenti frequenta anche la Curva Sud sponda calcio, visto che la sciarpata viene proposta come ho visto fare solo agli ultras irpini, con le sciarpe alzate ed abbassate simultaneamente che fanno una gran bella impressione. Bravi comunque in quanto sobbarcarsi un bel po’ di chilometri in un giorno lavorativo è impresa non comune.

L’inizio gara in Curva Sud, invece, è salutato dallo striscione “Benvenuti all’inferno” ed in effetti il clima è parecchio caldo e caloroso. Solite bandiere al vento e sostegno che inizia col piede piantato sull’acceleratore. Poi c’è la partita, il risultato in bilico costante, gli ospiti che spesso sono avanti di qualche punto e molti dei presenti si concentrano sul gioco tralasciando un po’ l’aspetto canoro. Non che manchino alcuni boati che fanno la differenza, ma manca quella costanza che ho potuto apprezzare in altre situazioni. In effetti stasera la tensione gioca un brutto scherzo e quando la Pielle va avanti di sei punti il pubblico locale capisce che è il momento buono per mettere le ugole al servizio della squadra, ma nonostante questo il risultato resta in costante discussione. Il finale di gara è al cardiopalma, le due squadre giocano a chi sbaglia di più, gli arbitri vengono messi sotto tensione sia dai giocatori che dal pubblico ma ad uscire vincitori sono gli ospiti, che fanno partire la festa. Tanta amarezza nel pubblico di casa, serpeggia più rassegnazione che rabbia, la squadra viene applaudita, qualcuno si indispettisce ma in generale c’è la consapevolezza di aver gettato alle ortiche un’occasione d’oro.

Bello il gesto dei vincitori che, dopo una sfida piuttosto maschia, vanno a rincuorare gli sconfitti: un terzo tempo fatto in maniera sincera ed in parte inaspettata, senza quei diktat che vorrebbero imporre nello sport in maniera coatta. Va bene, anche benissimo nel rugby dove ormai è una pratica consolidata ma resto dell’idea che quando il gesto è forzato, di conseguenza non può essere sincero, perciò resterebbe quell’alone di plastificato, falso ed ipocrita che assomiglierebbe tanto al compitino sciocco da assolvere, anche se non ci si crede e solo perché i “maestrini” così vogliono.

Festa grande dei tifosi ospiti dicevamo, che vanno letteralmente ad abbracciare i propri beniamini mentre il pubblico locale lascia mestamente i gradoni. A vedere i volti diciamo pure che in pochi si sarebbero aspettati un epilogo del genere.

Valerio Poli