La stagione 1990/1991 è l’ultima del Pisa in A. Nonché il preludio a trent’anni di fallimenti, campionati anonimi, delusioni, playoff persi e vane speranze di tornare su livelli importanti. C’è la melma mangiata nei campi dell’Eccellenza e l’illusione di qualche campionato cadetto salutato troppo velocemente. In questi casi le conseguenze sono due: o si intacca irrimediabilmente il rapporto con la piazza o il tifoso si tempra, fa le spalle forti e impara non solo a sopravvivere ma anche a diventare il pilastro più arcigno ed equilibrato nel contesto calcistico cittadino. Non sta certo a me presentare una tifoseria che negli ultimi anni si è contraddistinta non solo per un seguito a dir poco esemplare ma anche per battaglie condotte con coerenza (mentre in molti abbandonavano dopo i primi passi) e situazioni di grandissima difficoltà dovute spesso alla cieca repressione della questura locale, superate tuttavia grazie al grande collante esistente tra la Curva Nord e il resto della tifoseria.

A distanza di trent’anni da quell’ultimo campionato di massima divisione sembra esser arrivata all’ombra della Torre Pendente una società stabile e lungimirante, che ha costruito una base solida riportando dapprima il Pisa in B e permettendo poi alla squadra di D’Angelo di ergersi tra le candidate alla promozione. Almeno questo è ciò che la prima parte del torneo ci dice e quel primo posto non sembra frutto del caso. Se a fine campionato i toscani saranno ancora lì non lo possiamo sapere, di certo però i tifosi pisani sono tornati a sognare, con la speranza di far vivere anche alle nuove generazioni quei magici anni ottanta che resero la società di Romeo Anconetani uno dei punti cardine del calcio di provincia italiano.

All’Arena Garibaldi va di scena un match di prim’ordine su tutti i punti di vista. Calcisticamente scendono in campo la prima e la seconda della classe mentre nel settore ospiti arrivano i leccesi, altra tifoseria che negli ultimi anni si è contraddistinta per le sue battaglie contro tessera e repressione e che – proprio come gli ultras pisani – è stata spesso oggetto di accanimento da parte della questura salentina. La vendita dei tagliandi per i tifosi giallorossi è stata gestita in modo alquanto discutibile. Malgrado l’Osservatorio non avesse imposto limitazione alcuna, come spesso accade ci ha pensato il GOS a dar vita a restrizioni e paletti ai limiti dell’idiozia: tagliandi dapprima acquistabili solo in forma cartacea in Puglia e solo da residenti nella stessa regione, seguenti e giustificate proteste, sia da parte dei tanti tifosi fuori sede che dall’US Lecce e alla fine, per “gentile concessione”, vendita abilitata anche online. Le peripezie del tifoso italiano per acquistare un biglietto dello stadio nel 2021 hanno ormai abbondantemente superato il ridicolo. Così come di ridicolo dovrebbero esser coperte queste menti che si ingegnano a crearle, andando spesso e volentieri a creare problemi anziché evitarli. Pensate solo se molti leccesi avessero acquistato settori di casa perché impossibilitati a comprare quello per gli ospiti e si fossero poi mischiati ai pisani (ma a quel punto come da prassi la questura avrebbe convogliato tutti nel settore ospiti, in barba al celeberrimo 75% di capienza. Crea il problema/risolvi il problema, sic!). Chi si sarebbe preso la responsabilità di eventuali disordini? Ovviamente non il GOS, ma solo ed esclusivamente i tifosi coinvolti ricorrendo all’ormai inflazionato strumento del Daspo!

Altro tema di giornata è la scelta da parte di due gruppi nerazzurri (Sconvolts e Wanderers) di non entrare per protesta contro il Super Green Pass, in vigore dallo scorso 6 dicembre. In una nota uscite la sera prima della partita si legge:

Sono oramai trascorsi quasi due anni dall’inizio della pandemia e non siamo mai entrati nel merito delle misure restrittive adottate per contrastarla. Però, stavolta, con l’introduzione del Super green pass si limita uno dei punti cardine alla base del nostro vivere lo stadio: l’aggregazione. E questo, per il nostro modo di essere, la nostra mentalità, la nostra coerenza, non possiamo accettarlo.
Lo stadio, nonostante sia un luogo ALL’APERTO non è accessibile ai possessori dell’esito negativo del tampone. Il divieto ad “alcuni” di poter accedere sugli spalti ci ha spinti, quindi, a prendere una decisione: quella di non essere presenti all’interno degli stadi nelle prossime quattro partite di campionato (ovvero fino al 15 Gennaio, data nella quale verrà rivisto il decreto, poi si vedrà…). E con “alcuni” non intendiamo solo le persone all’interno dei nostri gruppi ma chiunque voglia accedere allo stadio. Per noi conta il “principio”.
E non vorremmo nemmeno che questa decisione venisse interpretata come: “se non sono entrati vuol dire che sono a favore dei novax”. Niente di tutto questo!!!

Decisione che in un certo modo viene spalleggiata anche dal resto della Curva Nord, che pur entrando decide di iniziare a tifare dal trentesimo minuto come si legge nel comunicato diffuso all’esterno dello stadio prima della partita:

Sul tema ovviamente ci sarebbe un dibattito a parte da fare. Tuttavia non mi sento di condannare ambo le decisioni. In un momento storico in cui si dice e si fa tutto il contrario di tutto è normale che si verifichino dei veri e propri blackout logici per chi, queste scelte, è alla fine obbligato a subirle. Così come è palese la totale incoerenza riscontrata in casi come questi: lo stadio è un posto all’aperto dove però ci si assembra, quindi c’è bisogno del green pass che attesti la vaccinazione e ad un certo punto non va più bene il tampone che – paradossalmente – può esser più efficace monitorando la propria situazione di salute a distanza di non più di 48 ore. Però, come scrivono giustamente i pisani, lo stesso tampone va bene sul posto di lavoro o sui mezzi pubblici. Difficile non esprimere qualche perplessità pur non volendo entrare nel merito!

Tornando alla sfida, come sempre mi capita quando vengo a Pisa, nel percorso che porta dalla stazione allo stadio mi concedo una piccola deviazione in Piazza dei Miracoli per poi seguire il flusso di persone con sciarpe nerazzurre che metro dopo metro si fa sempre più fitto. L’Arena Garibaldi, incastonata tra i palazzi, conserva sempre il suo fascino retrò e quest’oggi vedrà ampiamente popolati i suoi spalti. C’è fibrillazione e voglia di riprendersi la vetta, momentaneamente occupata dal Brescia, vittorioso sul campo della Spal un paio d’ore prima. Tra l’altro voglio sottolineare come dopo tanti anni la lotta per la Serie A sia circoscritta quasi esclusivamente a piazze storiche e tifoserie di un certo spessore. Il che spero possa essere il segnale di quanto un certo tipo di imprenditoria abbia ripreso ad investire in club dal passato glorioso e dal seguito importante. Di sicuro cornici di pubblico come quelle odierne la dicono lunga su quali tasti il calcio dovrebbe spingere.

Per i motivi sopra illustrati la prima mezz’ora è quindi tutta di marca salentina. Come sempre tante torce (ma oggi su ambo le sponde la pirotecnica sarà grande protagonista) e un tifo su ottimi livelli, che tenderà un pochino a diminuire la propria intensità nella ripresa. Al minuto 31′ gli ultras di casa interrompono il proprio silenzio e danno via al loro spettacolo di giornata. La mancanza di striscioni evidenzia ancora una volta l’unità di una curva che, pur avendo preso scelte differenti al proprio interno, ha voluto così ribadire la compattezza dello zoccolo duro. Quel “Pisa non si piega” che da tanti anni ormai è divenuto il ferreo slogan di un popolo.

Che la Nord sia in grande spolvero lo si capisce da subito: cori lunghi e ben ritmati riescono a coinvolgere spesso l’intero stadio e sembrano svegliare una squadra che nel primo tempo è apparsa un pochino remissiva, lasciando spazio e occasioni agli avversari. Ma è in particolar modo nella ripresa che i pisani danno sfoggio di tutto il loro potenziale: torce, fumogeni, cori che durano diversi minuti e decibel al massimo quando al 58′ Sibilli scaglia un missile alle spalle dell’estremo difensore leccese. Esultanza di tutta la squadra sotto la curva e stadio che – al di là di frasi fatte – diventa il vero e proprio dodicesimo in campo, sprigionando in cielo l’urlo liberatorio per il triplice fischio di Orsato che assegna tre punti d’oro alla squadra di D’Angelo. I supporter toscani festeggiano con la squadra lasciandosi andare sulle note di “Don’t worry, be happy” di Bobby McFerrin.

Applausi tuttavia anche per il Lecce reduce da tredici risultati utili consecutivi e che, ai punti, probabilmente non avrebbe meritato la sconfitta. Gli Ultrà Lecce peraltro continuano a cantare anche ben oltre il termine delle ostilità, in attesa di abbandonare il proprio settore.

Ultima nota di merito al Pisa Sporting Club: da anni non ricordavo uno stadio in cui non viene messa musica spacca-timpani prima della partita, i giocatori non vengono presentati urlando il nome nell’attesa che il pubblico scandisca il cognome e soprattutto in cui dopo il fischio finale gli unici rumori ammessi sono i canti dei tifosi e non cafonate musicali imperanti.

Se di fatto le due squadre la promozione se la dovranno sudare sul campo, le due tifoserie hanno ampiamente dimostrato di esserne non solo all’altezza ma anche di poter apportare grande qualità alla massima divisione!

Simone Meloni