Ogni tanto andare a rispolverare campi della provincia, calarsi in categorie inferiori solo sulla carta e tornare laddove si mancava da un decennio è sempre affascinante. Nemmeno ricordo l’ultima partita che ho visto e raccontato a Polignano, l’entusiasmo invece lo ricordo perché è il solito di sempre, immutato nel tempo: quello di vedere, scoprire, approfondire fino al dettaglio non solo ciò che riguarda gli stadi, le tifoserie, ma anche il territorio e la storia di ognuno di questi elementi, perché alla fine è questo che fa la differenza fra i consumatori bulimici del calcio come prodotto e chi come noi ama invece il calcio come sintesi di riti e passioni popolari, specchio della sua realtà sociale di riferimento.

Arrivo con il giusto anticipo nella città adriatica famosa per aver dato i natali a Domenico Modugno, con tutto il tempo per perdermi in questo piccolo gioiello costiero: dal centro storico al campo sportivo è il mare ad accompagnarmi, un panorama a picco sull’acqua che è di una bellezza magica magici e irreale. Anche l’impianto, dedicato alla Madonna d’Altomare, sorge a due passi dal mare e mi colpisce non solo per questa particolarità, quanto per le gradinate composte da tubolari e tavole di legno: in barba a tutte le isteriche disposizioni sulla sicurezza la gente c’è e si diverte lo stesso.

Un giro panoramico sia all’interno che all’esterno, porta alla nostra versione di ritrovamenti archeo-pittorici per cui mi imbatto in tante scritte ormai sbiadite e quasi cancellate nel tempo, vergate da tante tifoserie di categorie inferiori qui susseguitesi negli anni, che fanno il paio con le belle scritte all’interno per mano della tifoseria di casa.

Seduto su una panchina a ridosso del mare, con lo stadio alle spalle, il mare riempie i miei occhi e un dubbio comincia a fare più rumore delle onde: manca una mezzora al calcio d’inizio previsto per le 14:30 e ancora non vedo un’anima in giro; in tempi in cui questo calcio ci ha abituati a tutto, compresi cambi di orari dell’ultimo minuto, inversione di campi, divieti improvvisi arriva per fortuna la musica dall’interno a confermare luogo e ora.

Nonostante il cielo minaccioso, il clima è quasi mite. In campo, il Polimnia di casa ospita il Mola in un derby locale chiaramente sentito. Le due cittadine distano una decina di km, e nonostante siano relegate da diversi anni in queste categorie, le due tifoserie continuano ancora ad essere presenti ed animate da una forte passione.

Partendo dagli ospiti, entrano alla spicciolata nel settore loro riservato, privo di gradinata, schiacciati a ridosso della ringhiera che rende praticamente impossibile sia vedere la partita che fare un buon tifo. Verso il 15 si manifestano gli striscioni OF MOLA e VECCHIA GUARDIA ma esposti al contrario. Se non bastasse questo segno di palese contestazione, anche il clima è molto dimesso e pesante, con il silenzio che la fa da padrone e pesante è anche l’atteggiamento nei confronti della squadra, che per di più offre l’ennesima prova negativa in termini di risultato.

Il settore di casa è invece popolato da un gruppo molto attivo durante il match. Dietro una bella pezza, “Per la maglia. Per la città”, tra l’altro riprodotto negli adesivi che avevo già visto ovunque in città durante il mio cammino, offrono davvero una bella prova canora. Sostegno per tutti i 90 minuti, cori per i diffidati, cori per Peppe ,ultras scomparso, bandiere sempre al vento, ma il top l’hanno raggiunto nel secondo tempo con un coro prolungato per circa venti minuti. Complimenti a questi ragazzi!

A fine gara grandi festeggiamenti per la vittoria, persino il presidente si porta sotto la Curva e si arrampica alla rete per festeggiare. Nel settore molese animi ovviamente molto più dimessi e squadra richiamata dagli ultras: Mola è la sua passione meriterebbero almeno un minimo di impegno in campo.

Massimo D’Innocenzi