Mettiamo subito in chiaro una cosa: un evento sportivo, di qualsiasi natura e disciplina sia, senza i tifosi, o con una sola parte di essi, non si può ritenere propriamente tale. E’ la prima cosa a cui penso uscendo di casa per dirigermi a questo Frosinone-Sampdoria. Immagino come un incontro del genere, con i ciociari all’esordio assoluto in massima categoria e i genovesi che stanno disputando un buon campionato, avrebbe potuto essere davvero ricco di significati e spunti interessanti con la presenza del contingente ultras blucerchiato. Ma questi ultimi hanno deciso di non sottoscrivere la tessera, come nessun’altro programma di “fidelizzazione” (mi fa sempre ridere questo termine emanato da chi i tifosi li ha totalmente disamorati) e, di fatto, oggi dovrò accontentarmi di uno spettacolo monco.

E’ un qualcosa al quale non riuscirò mai davvero ad abituarmi. Da quando tutta questa serie di divieti, restrizioni e limitazioni sono iniziate, ho iniziato a vivere il calcio in maniera distante e asettica. Quasi senza sentimenti. So, sin da subito, di assistere a un prodotto di plastica, che ha subito modificazioni genetiche troppo pesanti e visibili per far finta di niente. Dal campo agli spalti, tutto ha assunto un sapore finto e a volte addirittura squallido. Figuriamoci poi se si parla di Serie A, laddove girano la maggior parte degli interessi nonostante il fattore tecnico diventi di anno in anno più ridicolo e meno livellato e il pubblico opti spesso per la gita fuori porta invece che per stadi militarizzati, scomodi e fetidi che costano un occhio della testa.

E’ piovuto abbondantemente su tutto il Lazio nei giorni precedenti, e qualche gocciolina residua ancora bagna il parabrezza della mia macchina di tanto in tanto. Parcheggio non distante dal Matusa e mi avvio a piedi verso il botteghino, per ritirare l’accredito. Rispetto alla mia ultima apparizione da queste parti, contro la Roma, noto un dispiegsmento di polizia tutto sommato blando, nonostante alcuni gendarmi controllino solerti l’angolo che divide la Curva Nord dalla Tribuna Centrale, dove solitamente qualche ragazzino prova il numero per scavalcare ed entrare senza biglietto. Oggi bisogna pensarci dieci volte anche a fare una cosa del genere, poco importa se si tratta di una ragazzata, per questi signori equivale a un delitto in piena regola.

Quando entro le gradinate si stanno ancora riempiendo, mentre alla mia destra un manipolo di semplici tifosi liguri sventola i propri vessilli blucerchiati. C’è parecchia attesa a Frosinone, il Leone, nonostante un ruolino di marcia esterno alquanto claudicante, ha infatto rimarcato la propria attitudine casalinga, come nei precedenti anni. Il pareggio di Torino, contro la Juve, e la vittoria contro l’Empoli, hanno forgiato l’ambiente, che dopo un avvio traumatico ha capito che anche la squadra di Stellone potrà dire la sua per la salvezza.

Quando l’orologio segna le 15 ecco entrare in campo le squadre. La Nord si esibisce nella classica sciarpata sulle note dell’inno, mentre nel settore ospiti si prova a far sentire con un paio di cori. Va dato atto ai presenti di rumoreggiare per tutti i 90′, ma l’assenza degli ultras è determinante, e il tutto si ridurrà a un mero frastuono di sottofondo udibile chiaramente davvero in poche occasioni.

Su fronte ciociaro l’inizio è di qualli buoni, con un paio di battimani fragorosi e un coro a rispondere eseguito da tutto il settore. A dire il vero, però, oggi i frusinati peccano un pochino di discontinuità. Pur realizzando una prova tutto sommato buona, si perdono in qualche silenzio di troppo, forse dovuto alla tensione di una partita fondamentale per la classifica dei canarini.

Sul campo le cose sembrano mettersi bene per la Samp, che in avvio di partita coglie un palo con Muriel e dà l’impressione di esser padrona del campo. Ma il calcio, si sa, è tutto fuorché scienza precisa. Così con il passare dei minuti i laziali, oltre ad arroccarsi bene in difesa, prendono coraggio portandosi in avanti. Il momento clou nella ripresa, quando nell’arco di un minuto prima Dionisi e poi Paganini realizzano un 1-2 che fa letteralmente esplodere di gioia il Matusa annichilendo la formazione di Zenga. Sono i gol della vittoria, che regalano ai padroni di casa tre punti d’oro in vista del prosieguo del campionato.

Al pubblico non resta che festeggiare, seguendo con ansia le sorti del match fino al 90′, quando i tifosi giallazzurri possono liberare il proprio grido di giubilo. Alzano i pugni al cielo anche i tifosi affacciati dai balconi, quelli cui questi geni del male che gestiscono questure e prefetture volevano impedire di vedere la partita minacciandoli di diffida con il tipico atteggiamento despota e presuntuoso che ormai li caratterizza. Figure che ci parlano di legalità e correttezza, facendo le pulci ai tifosi o ai semplici cittadini per inezie come questa, ma non avendo in realtà il minimo rigore logico in situazioni ben più grandi e difficili da gestire.

Finisce così. Con il Matusa che sfolla e io che mi avvio velocemente verso la macchina. Ho fretta di tornare a Roma e per non trovare la Monti Lepini intasata mi concedo anche una breve corsa. E’ uscito anche qualche timido raggio di sole, ma non basta ancora ad asciugare strade e marciapiedi inzuppati dall’acqua. Mi lascio Frosinone alle spalle con l’autostrada che corre libera e senza intoppi. La domenica continuerà al PalaTiziano. Altra gara, altro giro.

Simone Meloni