Ciò che non è tollerato qui, può esser tollerato altrove. Facendo, di colpo, decadere tanti ipocriti dogmi che da tempo si annidano nella mente degli sportivi italiani. Si può dire tutto e il contrario di tutto. Come quella corrente di pensiero che, in parte a ragione, per anni ha visto la pallacanestro come uno sport più elitario rispetto al calcio. In grado di attirare una folla tendenzialmente più facoltosa piuttosto che meno estesa al popolo. Dipende dai contesti e dalle situazioni, sia chiaro. Ma quello che fino a una decina d’anni fa poteva essere tutto sommato specchio della realtà, oggi si è trasformato in un ridicolo specchietto per le allodole.

Il terreno fertile per il politicamente corretto, per la facile morale, quel terrorismo bieco e candido perpetrato spesso da chi di pulito non ha neanche l’acqua che beve, oggigiorno è rappresentato sicuramente dal calcio. Dal suo livello più alto, ovvio. I parimenti della palla a spicchi sono ancora scevri da quel sensazionalismo a tratti stucchevole. Così può succedere, e succede, che durante una partita due tifoserie si confrontino senza troppi giri di parole, rendendo il palazzetto bollente, andando spesso vicini all’invasione di campo e facendo letteralmente sentire il fiato sul collo dei giocatori, ma senza che orde di agenti in tenuta anti sommossa carichino selvaggiamente o pifferai magici usino le proprie penne per dipingere, sulle pagine dei quotidiani, scenari da guerra civile.

Da queste parti è ancora usato il buon senso, e allora arriva il carabiniere locale che con modi di fare forse più rudimentali, ma proprio per questo più adatti a determinati contesti, prova a placare gli animi mantenendo intatto quell’equilibrio che rende questo sport a dir poco affascinante. Alla faccia di quello spettacolo di plastica chiamato NBA.

Io vado a Ferentino. Perché i locali sfidano Roseto. In una gara da dentro e fuori. Perché dall’Abruzzo è previsto un esodo. E perché non c’è divieto alcuno, quindi oltre ai 200 che hanno polverizzato i biglietti del settore ospiti in pochi minuti, anche altri tifosi abruzzesi potranno semplicemente recarsi al botteghino, tirar fuori i loro dieci euro e acquistare un tagliando. La cosa più naturale di questo mondo. E guarda caso, funziona. Palazzo pieno e spettacolo assicurato.

La serie, valida per gli ottavi di finale dei playoff di A2, è sul 2-2. Roseto, una delle tante nobili decadute del basket italiano, è riuscita nell’impresa di rimetterla in pari, dopo aver perso le prime due sfide in terra ciociara. Sarà quindi Gara 5 a decidere chi ai quarti affronterà la vincente di Treviso-Casale. Ciò, sommato alla ritrovata verve del pubblico rosetano, costituisce un gustoso menu per il quale vale la pena esser astante per una serata presso il Pala Ponte Grande.

Già un’oretta prima dell’inizio, tanti tifosi con sciarpe e maglie amaranto girano attorno al palazzetto. Gli ultras ospiti hanno organizzato la trasferta optando per un pullman a due piani, mentre il resto del contingente ha raggiunto il Lazio con mezzi propri. La voglia di basket sembra esser di nuovo desta in riva all’Adriatico e anche la piccola possibilità di pensare a un ritorno tra le big, ha letteralmente mandato in tilt una cittadina che evidentemente ha fame di palla a spicchi. Così in tanti si sono messi in marcia e alla fine saranno circa 350 i supporter biancazzurri disseminati un po’ ovunque.

Quando faccio il mio ingresso nel palazzetto, loro stanno ancora entrando, mentre la curva di casa presenta già un ottimo colpo d’occhio. Va da sé che anche per loro si tratti di un’occasione importante e, sapendo di trovarsi al cospetto di una possibile invasione, non hanno mancato di riempire le gradinate per spingere il roster amaranto al turno successivo. Una volta schierate, le due tifoserie non ci pensano troppo e si offendono amabilmente. Non posso conoscere la genesi di questa rivalità, ma posso dire che le offese, da una parte e dall’altra, sono ben lontane da coinvolgere solo gli ultras. Appare chiaro come l’esito sportivo si sia fortemente mischiato all’antipatia tra due estrazioni geografiche che, di fondo, fanno della rudezza e dell’orgoglio per la propria terra un cavallo di battaglia.

In particolar modo i rosetani stasera sembrano davvero scatenati. In men che non si dica si compattano facendo rimbombare il palazzetto con un paio di manate e poi, finito lo scambio di vedute con i dirimpettai, sfoderando una prestazione davvero maiuscola. E non solo per il tifo ineccepibile, ma anche per l’atteggiamento. Diversi sono i tentativi di invadere il campo a ogni decisione arbitrale ritenuta ingiusta, mentre il siparietto che si consuma dietro la panchina degli Sharks, con i tifosi che, una volta divelte le protezioni di plexiglass, abbracciano e rincuorano sovente i giocatori, mai veramente in partita durante questa sfida. Scene che in altri  lidi sarebbero punite a livello mediatico e non solo, ma che qua prendono la giusta dimensione di ciò che sono: esuberanze folkloristiche che rientrano alla perfezione nelle sfumature dello sport popolare.

Per far capire meglio lo spirito con cui i tifosi adriatici hanno affrontato la trasferta, basterebbe pensare che l’ultimo quarto, con la squadra sotto di venti e praticamente eliminata, è stato quello migliore dal punto di vista del tifo. Con la sciarpata e l’accensione di un paio di torce che rappresentano la ciliegina sulla torta della serata. Così come l’invasione a partita finita, quando il fumo dei bengala deve ancora diradarsi e i rosetani, trattenuti a stento anche dalla Digos, spogliano i propri giocatori e continuano a tifare direttamente sul parquet.

E il pubblico di Ferentino? Chiaro che non stia a guardare. La Curva Nord è compatta e tenta di rimbeccare l’avversario con una buona prestazione, fatta di tanta voce e diversi vessilli tenuti sempre in alto. Anche il resto del palazzetto partecipa, e la cosa bella è che in un paio di occasioni i cori partono proprio dalla tribuna. La performance della squadra aiuta e le esultanze alle numerose triple sono sempre un bello spettacolo da immortalare, oltre a sospingere il quintetto ciociaro a un successo abbastanza netto.

Ci sarà Treviso ai quarti di finale, un’altra nobile decaduta al cospetto di una Ferentino che appare lanciatissima. Come detto, dopo la sirena si ha come la sensazione che entrambe le tifoserie abbiano vinto, considerato che i tifosi abruzzesi continuano a tifare direttamente dal parquet, mentre quelli di casa abbracciano e saltellano con i propri giocatori.

Una serata davvero bella e dalle tante emozioni. Soprattutto se si pensa che ci troviamo in A2, una categoria troppo spesso bistrattata e dove, c’è da dirlo, il livello della contesa assume spesso contorni tutt’altro che spettacolari. Nel dopo partita si registra anche qualche tensione all’esterno del palazzetto, ma la calma ritorna abbastanza velocemente, con la ripartenza dei rosetani. Così anche per il sottoscritto è tempo di tornare verso Roma, con la soddisfazione per quanto visto e la speranza di usufruire di questo finale della stagione cestistica per riprendere abbondantemente fiato.

Simone Meloni.