Ci eravamo lasciati, qualche anno fa, con i Roma-Cagliari che valevano un sano confronto tra tifoserie. Quelli dello striscione Sconvolts per intero e delle curve ancora colme di torce e fumogeni. Quelli delle presenze massicce dei cagliaritani (in qualche occasione ne ricordo quasi duemila) e degli stadi ancora popolati dai propri naturali abitanti.

Oggi fa addirittura strano rivedere gli ultras isolani in trasferta. Una strana sensazione, piacevole sia chiaro. Ma che dà l’idea di quanta assuefazione abbiano creato in questi anni diabolici, marchingegni come la tessera del tifoso o beceri strumenti come divieti e limitazioni.

Tornano a Roma (sponda giallorossa) gli ultras rossoblu e questa, per chi vive quotidianamente il nostro mondo, non può che esser la notizia più interessante.

Certo, i numeri sono risicati, in pieno concerto con la media nazionale (in questo caso vanno ovviamente considerate le difficoltà logistiche), e la presenza si concretizza quasi esclusivamente nel blocco ultras dei sardi. Ma mai come in questo caso c’è da dire che sarà la qualità a sopraffare la mancanza di qualità.

Eppure per descrivere questa partita voglio fare un passo a ritroso e uno in avanti: il primo consiste nel ricordare lo striscione esposto a favore di De Rossi due settimane fa, contro la Spal, mentre il secondo riguarda le relative multe per violazione del regolamento d’uso comminate a chi quello striscione lo stava reggendo. Senza dimenticare che in quella partita, forse particolarmente stimolante per qualcuno, fu vietato l’ingresso al bandierone raffigurante la faccia di Federico Aldrovandi.

Questo per non dimenticare mai che, malgrado la tessera sia stata parzialmente rimossa e negli stadi siano rientrati alcuni strumenti di tifo, il pubblico del calcio continua a vivere una situazione di anormalità per un Paese che si dice democratico. “Sangue romano, DDR nostro capitano” recitava il messaggio. Non di certo un pericoloso attacco agli equilibri dello stadio o un rischioso vilipendio alle cariche statali.

Eppure qualcuno ha ben pensato di scucire 167 Euro dalle tasche di inermi ragazzi (col pericolo di Daspo in caso di recidiva). Colpevoli solo di voler tifare. Situazioni di cui Roma è indubbiamente caposfila ma che, non va mai dimenticato, si manifestano sovente quasi in ogni dove.

Cosa c’entra questo con Roma-Cagliari? Niente. Quindi tutto. Perché, giocoforza, si collega a un’altra chicca di giornata: l’allarmismo delle forze dell’ordine nei confronti dei tifosi, tacciati di essere i possibili autori di un gesto accaduto 48 ore prima, quando davanti al Commissariato Prati (che gestisce anche lo stadio Olimpico) era stata lanciata una molotov.

Perché un supporter avrebbe dovuto farlo? Semplice, “per vendicare l’ondata di multe e daspo piovute sulle loro teste negli ultimi anni, si legge su alcuni giornali. Del resto chi non andrebbe a lanciare una molotov al Commissariato per protestare contro la repressione allo stadio? Ma soprattutto, vi pare che lo stesso autore non si ripresenterebbe poi allo stadio portandone un’altra? Tanto non ci sono molti controlli (sic!). Addirittura, in piena allerta terrorismo, nessuno ha neanche provato minimamente ad ipotizzare questa pista attenendosi a un copione mediatico che ormai rasenta il ridicolo da qualche anno. Talmente gli ultras vengono considerati probabili autori di ogni nefandezza!

Detto di tutte queste eresie veniamo alla partita. Non c’è di certo il pubblico delle grandi occasioni. Sono circa 33.000 i presenti, confermando ormai la classica media dell’Olimpico. A differenza di altre volte la Curva Nord è gremita grazie ai biglietti in sconto per gli studenti. Ennesima dimostrazione di quanto il caro prezzi influisca eccome sullo svuotamento degli stadi.

A tal merito è sempre brutto notare come anche in Sud ci siano buchi notevoli. E se la causa anche qua è il cospicuo costo dei tagliandi, non si può negare che ormai anche il settore popolare del tifo romanista risenta di quell’imborghesimento che ha letteralmente mutato in peggio buona parte delle curve italiane. In tanti sono soliti sottoscrivere un abbonamento per poi non onorare tutti gli impegni mentre, malgrado i biglietti restino in vendita, in questo genere di partite – caratterizzate dal freddo pungente – non si riesce ad avere il sold out. Questa è sicuramente la massima rappresentazione dei tempi contemporanei, nonché un altro effetto collaterale legato a quella mancanza di “cattiveria” e passione travolgente a cui spesso mi appello per descrivere prestazioni del tifo mediocri e standardizzate.

Infine c’è sempre l’odiosa e fondamentalmente inutile riduzione di capienza, che da dopo l’apposizione delle barriere ha tolto veramente molti posti alle curve. Stiamo sempre aspettando che qualcuno motivi simili scelte. Se è vero che gli stadi con posti non numerati esistiti almeno fino agli anni ’80 sono un lontano ricordo e dai Mondiali del 1990 c’è stata un po’ ovunque una riduzione di disponibilità, è altrettanto vero che ormai in nessun impianto ci sono massive entrate senza biglietto dei tifosi o inosservanza del settore assegnato sul tagliando. Davvero non si capisce perché desertificare in maniera così deliberata gli stadi.

Per quanto riguarda il sostegno vocale, la prestazione odierna della Sud non spicca sicuramente tra quelle migliori della stagione. Il cuore del tifo romanista ha il difetto di essere troppo altalenante e passare da buoni picchi a momenti di stanca. È evidente poi come ci sia un “fascione” centrale, tra i muretti e la parte bassa, che vada letteralmente “scolarizzato” in fatto di tifo, affinché torni a fungere da collante tra le due parti e aiuti costantemente il lavoro dei gruppi.

Purtroppo viviamo nell’era in cui è la squadra a trascinare la curva e non viceversa, così la partita – tutt’altro che bella – non invita certo al fomento.

Nel settore ospiti trovano posto un centinaio di cagliaritani che per tutta la partita faranno egregiamente il loro dovere. Tanti battimani, tante provocazioni ai dirimpettai della Nord e qualche bandierina sventolata qua e là.

La gara si risolve a tempo ormai scaduto, quando un gol di Fazio fa esplodere due volte l’Olimpico. La doppia esultanza è infatti dovuta all’applicazione del VAR. Lasciatemi dire che se da una parte questo genere di tecnologia può sicuramente tornar utile a evitare gli errori arbitrali, dall’altra modifica profondamente il significato e la spontaneità del calcio. Oltre ad allungarne i tempi in stile basket o pallavolo.

A mio avviso è triste vedere tifosi esultare per poi dover tornare sui propri passi e disperarsi o esultare nuovamente. Se vogliamo esulare dalle polemiche sulla regolarità dei campionati e la malafede dei direttori di gara non possiamo certo negare che nel dna di questo sport ci sia anche l’errore arbitrale. E non mi sembra che questo marchingegno abbia sopito le polemiche complottiste o le veementi lamentele dei club. Anzi, in più di un’occasione queste sono addirittura aumentati. Del resto, va ricordato, rimane sempre uno strumento in mano a un essere umano, che ha l’ultima parola sulla decisione da prendere dopo aver rivisto le immagini. Pertanto, come accaduto, può ugualmente sbagliare.

Le perplessità restano.

Testo di Simone Meloni.
Foto di Cinzia Lmr.