C’è un qualcosa che davvero non riesco a mandar giù nel fare comunicazione di taluni network: il continuo battere su un determinato tasto per decentrare l’attenzione da altre tematiche più spinose e “scomode” da affrontare con un’obiettività spesso assente in molti soggetti del mondo comunicativo.

Potrei dilungarmi tanto a tal merito, ma voglio concentrarmi solo sull’ultimo episodio di questa discutibile saga provinciale. In questo sketch i protagonisti, manco a dirlo, sono i tifosi. Nella fattispecie quelli romanisti. Accusati in settimana di frequentare troppo poco lo stadio Olimpico, soprattutto in confronto ai loro “colleghi” milanesi o al cospetto degli anni ’90/inizio 2000, quando l’impianto di Viale dei Gladiatori registrava cifre mai al di sotto dei 50.000 anche con squadre di scarsa rilevanza tecnica.

Di immergermi per l’ennesima volta nelle motivazioni che hanno portato all’allontanamento di molti tifosi non ne ho voglia. Quello che mi preme è però sottolineare come questo “J’accuse” sia quasi del tutto infondato e non veritiero. O meglio: se i tifosi hanno le condizioni per andare allo stadio in maniera accessibile, ci vanno senza troppe storie. E questa partita ne è l’ennesimo, fulgido, esempio.

Perché? Fino a qualche giorno prima del match i tagliandi venduti non superavano l’ordine di qualche migliaia (più le 24.000 tessere staccate in fase di abbonamento), a far crescere il numero ci ha pensato – paradossalmente – Sky, offrendo l’opportunità ai suoi abbonati Extra di comprare due biglietti di Monte Mario al costo di uno (70 Euro totali, praticamente lo stesso prezzo di listino per due Distinti). Risultato? Il dato finale dei presenti ha superato i 40.000. E poco importa se l’iniziativa avesse un netto scopo concorrenziale, essendo la sfida trasmessa su DAZN.

Personale conclusione: quando cominci ad abbassare il prezzo dei tagliandi chiunque è più portato ad andare allo stadio. E se è vero che in questa stagione la Roma ha dato una ritoccata al proprio listino per gli incontri di seconda fascia (e gli abbonamenti di curva restano a cifre ragionevoli) è pur vero che il ribasso – a mio modesto parere – va fatto per tutte le partite in programma e in maniera più massiccia. Una curva (disponibile solo la Nord, con la Sud finita in abbonamento) a 25 Euro continua a non essere economica, così come un Distinto a 35 e una Tevere addirittura a 60.

Credo che il giusto prezzario sia quello che verrà applicato in Roma-Frosinone (non a caso partita di seconda fascia e infrasettimanale, con il serio rischio di trovarsi l’Olimpico quasi deserto): Curva a 15 Euro, Distinto (compreso quello per gli ospiti) a 25, Tevere a 40 e Monte Mario a 50. Non ne faccio un discorso valido solo per la Roma, ovviamente, ma essendo stata la società giallorossa una delle prime a rincarare pesantemente i tagliandi, mi piacerebbe che oggi si facesse promotrice di un qualcosa veramente rivoluzionario: l’uniformità dei costi verso il basso. Il richiamare fattivamente tutte le classi sociali allo stadio (comprese quelle famiglie tanto utilizzate negli slogan del sistema calcio ma poi, concretamente, allontanate da prezzi esorbitanti).

In un mondo del calcio che va sempre più verso l’esclusione del “proletariato” (passatemi la licenza poetica) c’è bisogno di un abbattimento dei costi. E sono fermamente convinto che poco importi se di fronte ci siano Giaccherini o Cristiano Ronaldo. L’utilizzare il tifoso come un bancomat è diventata ormai pratica comune e diffusa, tanto che, guardando il rovescio della medaglia, anche quest’ultimo dovrebbe essere più autorevole e interessato ai propri diritti e a quelli del suo vicino, che magari non può permettersi una partita di cartello o due abbonamenti (campionato e Champions League) a inizio stagione.

In questa estate il calcio italiano ha perso anche quel poco di credibilità che gli rimaneva. Non penserete di certo che basti un attempato fenomeno portoghese e la “riforma” delle Squadre B per dare lustro a un movimento che – mentre sto scrivendo – ancora non sa quante saranno le partecipanti ai campionati di Serie B e C, malgrado questi siano già iniziati?

C’è chi si lamenta dei risultati della Nazionale. Sono arrivato a una conclusione: per essere lo specchio del nostro pallone, troppo si è retta in piedi non avendo più nessuna base solida!

Mi ricollego allora all’introduzione di questo articolo. È giusto affibbiare colpe sui tifosi? Per me l’unica che possono avere è quella di non aver esternato mai un’unità di intenti nel combattere fenomeni come il caroprezzi o la repressione ingiustificata. Ma se parliamo solo di quelli romanisti, dico che è innanzitutto fuori luogo paragonarli ai numeri portati a San Siro, che storicamente (soprattutto sponda rossonera) ha fatto sempre registrare i numeri più alti di tutta Italia.

Se poi vediamo questa annata, nello specifico, come possiamo far finta di ignorare i diversi appeal sportivi che – almeno sulla carta – hanno le quattro squadre delle nostre due principali città? La Roma ha venduto molti dei suoi pezzi pregiati mentre la Lazio è rimasta bene o male quella dell’anno scorso, senza poter dunque ambire alle prime due posizioni. Al di sopra del Po l’Inter ha fatto una signora campagna acquisti e il Milan, comunque, ha allestito una squadra decente che, seppur non stellare, invoglia il pubblico con la sua voglia di combattere in ogni gara.

Inoltre va sempre ricordato che l’Olimpico – per quanto ci sia affezionato – dista quasi un chilometro dal campo, mentre San Siro, salvo il terzo anello, offre ben altro spettacolo visivo. Ciò detto, numericamente ai tifosi della Roma si può rimproverare ben poco. In casa e in trasferta sono rimasti tra i pochi a offrire sempre buoni colpi d’occhio. E nel 2018 è un dato da non sottovalutare.

E fa un po’ sorridere leggere “rimproveri” perché per la gara che si disputerà domani a Madrid contro il Real si è arrivati a stento oltre i 1.000. Evidentemente chi scrive oltre a non aver mai pagato un biglietto (di stadio e di viaggio) in vita sua, non tiene conto che per accedere al centesimo anello del Bernabeu (con vista su Plutone, più che sul campo) si debbono sborsare 50 o 75 Euro. Ai quali ovviamente vanno aggiunte tutte le spese di spostamento e soggiorno. Basta rifletterci in fondo, non è neanche difficile da capire.

Ultimo ma non meno importante è l’orario delle partite, in programma ormai senza una minima logica e in qualunque giorno della settimana. Basti prendere questo Roma-Chievo, con calcio d’inizio alle 12:30 e tutto il centro storico chiuso per favorire lo svolgimento di una manifestazione podistica.

“Prendete i mezzi pubblici”, dirà giustamente qualcuno. Mi preme però controbattere che non tutti hanno una metropolitana vicino casa e spesso sono costretti a usufruire dell’automobile. Cosa che implica un’infinita pazienza solo nella ricerca di un parcheggio. Del resto non è un caso che molti spettatori facciano il proprio ingresso a partita iniziata. Anche la Sud, al momento dell’inno, evidenzia diversi spazi vuoti, che andranno parzialmente colmandosi durante la prima frazione.

Il settore popolare del tifo giallorosso presenta comunque un buon colpo d’occhio, con i classici bandieroni e l’aggiunta, alla mia destra, della bella macchia offerta dai ragazzi ex Nord alta tornati quest’anno in Curva Sud. Un cambiamento che fa indubbiamente piacere, sia per un altro tassello verso un’unità che in questo periodo storico è a dir poco fondamentale, sia per un discorso di mera qualità: i loro stendardi, bandierine e bandieroni sono infatti di ottima fattura e completano alla perfezione un’armonia cromatica accresciuta senza dubbio quest’anno, anche grazie al ritorno di alcuni striscioni sui muretti e sulla balaustra.

Nella prima frazione di gioco la Sud sembra in ottima forma. Un bel tifo, con bei picchi di intensità e cori tenuti a lungo. Il campo aiuta, con i giallorossi che si portano sul 2-0 grazie alle reti di El Shaarawy e Cristante. Ma nella ripresa le cose cambiano: la squadra di Di Francesco cala nettamente favorendo l’inatteso ritorno in cattedra del Chievo, che trova un insperato pareggio grazie ai gol di Birsa e Stepinski.

Assieme alla squadra, anche la Sud cala, mostrando come purtroppo continui a mancare quel concetto basilare sventolato nelle più classiche delle frasi curvaiole: l’essere il dodicesimo in campo. Quello che, soprattutto nel momento del bisogno, si occupa di spronare i giocatori e spingere la palla in rete. La mia critica, come sempre, non è rivolta a chi si sbatte spalle al campo, ma a chi davvero non riesce a recepire tutto ciò, preferendo il cellulare o la partita sul maxi schermo.

Che poi è un discorso più ampio e complesso: le nuove generazioni vanno sicuramente formate e accompagnate. Per chi nasce in quest’epoca è difficile immaginare che ce ne sia stata un’altra in cui il cellulare lo tenevi in tasca (o non ce l’avevi proprio) perché troppo preso dal cantare e dal soffrire per la partita e andare in curva non era una stelletta da appuntarsi sulla giacca per poi farla vedere agli amici il giorno dopo. Pertanto è fondamentale che ci sia comunicazione tra le generazioni e che non vada persa una cultura ormai quarantennale, sebbene – ahinoi – sia spesso anacronistica per i tempi correnti.

Da Verona sono una ventina i presenti, posizionati nella parte alla della Monte Mario seguono la gara in silenzio salve qualche sporadico coro.

Simone Meloni