ROMA-SAMPDORIA7FEBBRAIO2016_037Forse (e dico forse) peggio di trattare un argomento con sufficienza o senza aprire minimamente la mente, c’è solo affrontarlo con voluta ignoranza. Un po’ come se noi, dalle colonne di Sport People, un giorno cominciassimo a parlare di botanica. Probabilmente daremmo consigli del tutto sbagliati, causando la morte del 70% delle foreste mondiali (peraltro già in pericolo).

È buon costume, in società evolute, civili e democratiche, che ad affrontare casi spinosi o a prendere decisioni che riguardano i cittadini, siano figure erudite e consce degli argomenti che vanno a trattare e su cui vanno ad apporre eventuali modifiche.

Ora, nel torbido calderone in cui si è chiusa la Roma sportiva (e facciamo riferimento solo a quella, altrimenti dovremmo scoperchiare un pentolone dal quale difficilmente usciremmo in poche righe), ci sono due aspetti cui i principali personaggi di questa “magnifica” telenovela non si sono mai discostati: le menzogne e la totale misconoscenza di fatti e personaggi su quali sono andati rovinosamente a operare.

Facendo sempre riferimento alla “provvida” riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza, svoltasi in Prefettura martedì scorso, Roberto Massucci (capo gabinetto della questura di Roma e già capo dell’Osservatorio, nonché fautore di quella task force, datata 2014, da cui sarebbe nata la geniale idea di spaccare in due le curve dell’Olimpico) ha puntualizzato come l’obiettivo delle istituzioni sia proprio quello di abbattere tutte le barriere esistenti nell’impianto di Viale dei Gladiatori (non si capisce perché chi prima crea un disagio con scelte folli, dopo dovrebbe risolvere lo stesso con una magnanimità degna del miglior frate francescano). Ma questo dipende dal comportamento dei tifosi. Che devono “meritare” simile “premio” (un po’ come si fa con i bambini dell’asilo). Premio che, a sentir sempre lo stesso Massucci, è stato assegnato agli occupanti del Mapei Stadium di Reggio Emilia, dello Juventus Stadium e del Franchi di Firenze, grazie al loro comportamento conforme alle “norme internazionali” (come definite dal Questore D’Angelo) applicate a Roma.

Massucci sostiene che a Roma, senza la divisione e l’implemento di steward nei percorsi di entrata/uscita “c’era bisogno di un intervento così repressivo, visto il pericolo costante. Se una persona si fosse sentita male non sarebbe stato possibile trasportarla fuori”. Ci si chiede, innanzitutto, in quale modo delle barriere, che rappresentano un ostacolo fisico in più, oltre alla riduzione di ulteriore spazio d’azione, possano aiutare il pronto deflusso in caso di pericolo, ma soprattutto Massucci, e chi per lui, dimentica casi come quelli di Stefano Martinangeli, sfortunato “sbandieratore della Tribuna Tevere” morto nel 2008 all’Olimpico a causa di un improvviso malore, con i soccorsi che hanno colpevolmente tardato ad arrivare. A sentir il parere di lor signori la Tevere, dove la gente solitamente non si ammassa e lascia libere le vie d’uscita, dovrebbe essere uno degli esempi da seguire. Giusto o sbagliato?

Vengono citati altri stadi. Firenze, Torino e Reggio Emilia. Perfetto. Invito il signor Massucci, e chi per lui, a cercare su Google una foto delle curve di quegli impianti. Forse si sorprenderà nel vedere tifosi in piedi, impegnati a tifare, sventolando bandiere e bandieroni, occupando persino le vie di fuga senza che nessuno ci abbia mai lasciato le penne. In quegli stadi, pensate, si accede in un modo quasi normale: senza esser equiparati a terroristi dell’Isis e senza dover passare per vere e proprie Forche Caudine prima di varcare i tornelli. Ah, una domanda poi: in questi anni in quanti sono morti tra Curva Sud e Curva Nord a causa dei tifosi che ostruivano le scale gialle? E in quanti, invece, si sono sentiti male al di fuori dello stadio a causa delle infinite code causate dagli invasivi controlli spesso pretestuosi e volti a creare un ingiustificato clima di tensione? Il problema è anche di comunicazione. Rimane infatti inspiegabile il perché interventi pubblici di questi personaggi non riscontrino mai domande “contro” o quanto meno tese a indagare e a chiedere se veramente si sappia ciò che si sta dicendo.

I numeri, manco a dirlo, sono una componente fondamentale per travisare la realtà e foraggiare concetti espressi con la stessa leggerezza con cui si ordina un chilo di mele al mercato ortofrutticolo. Prendete quelli diffusi da Franco Gabrielli, che ormai da mesi ci parla di oltre 4.000 tifosi che ogni domenica, fino allo scorso anno, si sarebbero introdotti illegalmente allo stadio Olimpico scavalcando da un settore a un altro. Ma veramente ci crede quando lo dice? Ma è davvero possibile che nell’era dell’informazione forsennata e globale, nessuno riesca a chiedergli semplicemente: “Signor Gabrielli, se lei divide 4.000 per 120 (i minuti che presumibilmente si passano all’interno dello stadio) viene fuori un numero pari a circa 33 scavalchi al minuto. Le pare credibile?”. L’aspetto davvero vergognoso di tutta la faccenda è il trattamento “bulgaro” della stessa. Concetti fuori da ogni logica umana che a lungo andare diventano verità consolidate e incontrovertibili.

Chiaramente in tutto questo risalta la risibile gestione dei 2.000 questionari ordinati e composti dalla Questura (sempre per la serie “viviamo in un Paese civile, che valuta decisioni pubbliche su opinioni super partes”), distribuiti in quattro occasioni a tifosi di Roma e Lazio presenti all’Olimpico con l’obiettivo di avere un riscontro sulla vivibilità dello stesso. Il primo aspetto più che contestabile è che se si vuole avere un parere di tutti, e si è al corrente che la maggior parte dei tifosi curvaioli (ma non solo) diserta proprio a causa della gestione dell’ordine pubblico intrapresa da questa stagione, suddetti test vanno somministrati proprio a tutti. E dato che siamo nell’era di internet, quale migliore strumento se non un questionario online? Ma è ovvio, per fare ciò bisogna avere la sincera volontà di indagare e, semmai, riparare ai propri errori. Ma del resto somministrare 2.000 questionari in uno stadio che potenzialmente ne contiene 70.000 evidenzia proprio la volontà opposta.

Sta di fatto che i risultati (riportati proprio dalla Questura di Roma) di questa piccola parte di tifosi chiamati in causa parlano chiaro: l’84,6% degli stessi ritiene inutile e dannosa la decisione di frazionare i settori e trasformare l’Olimpico in un bunker. E ovviamente i dati sono da intendersi falsati e non verosimili, considerate le modalità con i quali sono stati raccolti.

Queste sono le fandonie, le inesattezze e le menzogne che quotidianamente vengono raccontate. È grave che non si studi, non si frequentino i luoghi di cui si parla e su cui addirittura si prendono decisioni strutturali e di un grave significato sociale. È come se volessimo scrivere un articolo su una partita senza neanche vederla, giusto leggendone i commenti su qualche post di Facebook o sentendo la discussione sguaiata di un gruppo di vecchietti al bar. L’Italia viene condotta e amministrata come una piccola pizzeria da asporto. In cui i pizzaioli non sanno neanche che su una semplice Margherita ci va la mozzarella e non il prosciutto cotto. E ancora più grave, però, sono i giudizi che i critici culinari stilano in suo favore: facendo sempre e comunque passare un impasto pessimo per la pizza più buona mai assaggiata sulla faccia della terra. Buon appettito!

Simone Meloni.