Appena cominciate le vacanze nel Basso Lazio e il sottoscritto già ripara in qualche “partitella” a distanza ragionevole. È sfortunatamente troppo tardi per Avellino-Matera di sabato sera, per cui il giorno seguente virerò verso l’Arechi dei rivali salernitani.

Domenica sera alle 20.30 si gioca la prima sfida di una certa importanza di questa stagione, con i granata di casa che ospitano l’Alessandria per il primo turno di Coppa Italia. Nonostante la differenza di categoria, la gara promette di essere piuttosto equilibrata: da un lato c’è chi si salva in B con qualche difficoltà e da un altro c’è la solita sfortunata pretendente alla promozione nel suo girone di Serie C. I Piemontesi avevano anche fatto un solido percorso in questa competizione fino alla semifinale persa contro il Milan nel 2016. Senza parlare del mercato salernitano che ha visto le partenze di alcuni titolari come Coda o ancora il portiere Gomis.

Arrivando nella città, mi stupisce vedere così tanta gente già in giro con maglie, pantaloncini e sciarpe granata. Mi sembra sempre importante segnalare tali diffusi attestati di fede quando la cosa più facile sarebbe tifare lo squadrone in A a qualche chilometro di distanza.

Sulla strada dello stadio, nei pressi del lungomare, c’è uno striscione firmato Curva Sud Siberiano: “FO non mollare”. Un messaggio per Francesco Orlando, giocatore dei Campani che si è rotto i legamenti crociati qualche giorno prima.

Arrivo davanti lo Stadio Arechi un po’ prima delle 20. In apparenza tutto sembra calma. Niente accredito stampa dell’ultimo minuto, decido quindi di far il mio ingresso nel settore caldo dei padroni di casa. Dirigendomi verso i botteghini capisco subito che mi resteranno pochissime speranze di vedere il calcio d’inizio. Una lunga coda si snoda sotto i miei occhi: per questa ripresa delle attività agonistiche, la disorganizzazione prevale. Ovviamente non valgono ancora gli abbonamenti e la maggior affluenza e le code agli ingressi erano facilmente prevedibili.

Speravo si potesse risolvere tutto in qualche minuto, ma con il passare del tempo le file non avanzano in alcun modo. I fischi piovono, siamo tutti ammassati sotto il caldo afoso, donne e bambini compresi. A 10 minuti dall’inizio, sono quasi allo stesso punto. L’amarezza della gente si fa sentire, la calca comincia a spingere. Dietro c’è un turista tedesco che spiega ai suoi vicini di posta come nel suo paese la coda sia ben dritta e soprattutto non così lunga. «Ma che sei venuto a fa’ in questo casino?», domanda un uomo: nemmeno lui lo sapeva!

20.30, la gara comincia senza di me. E senza tanti altri, ancora in fila, in tutti i settori. Ci sono pochi fortunati che tentano di uscire dalle file con i biglietti in bella mostra, come se fossero trofei. «È che non si muovono…» risponde uno dei “vincitori” alla domanda di un ragazzo disperato sulle cause di tale lentezza. La realtà degli addetti alla biglietteria è più complessa: quello che prende tanto tempo ha un nome preciso, si chiama biglietto nominativo. Devono verificare i documenti di identità di ciascuno per poi trascrivere nome, cognome, data e luogo di nascita sul biglietto. Con la stessa ossessiva voglia di sicurezza anche laddove non c’è bisogno e mi pare anche esagerato, in tal senso, il massiccio dispositivo di forze dell’ordine per una partita del genere.

Ripenso al vecchio motto “Riportare le famiglie allo stadio”, ribadito dal ministro dello Sport Luca Lotti solo due giorni prima, quando ha annunciato la fine della tessera del tifoso. A proposito, ma come si fa ad annunciare la fine di qualcosa che è stata già superata nelle nuove forme di abbonamento e ticketing? Oltretutto sarebbe importante sottolineare l’introduzione della possibilità concessa ai singoli club di escludere dallo stadio chiunque in maniera del tutto arbitraria.

Una delle ragioni delle affluenze in calo negli stadi italiani, ce l’ho sotto gli occhi: ci sono “solo” 7.500 persone all’Arechi e già si fatica a farle entrare. Finalmente, quasi per miracolo, riesco ad entrare dopo un’ora di coda. Le biglietterie, dietro di me, sono gremite come un’ora prima. Probabilmente ci sarà chi avrà rinunciato o chi è entrato al secondo tempo. Io ho perso solo una mezz’ora di gioco e il gol del 1-0 del ex grigio Bocalon al 18’.

Faccio il mio ingresso nella Curva Sud inferiore, non troppo lontano dal gruppo Nuova Guardia. Il corista dà già tutto se stesso, nonostante la Curva non sia ancora piena come nelle partite di campionato ed il caldo atmosferico fiacchi parecchio le forza. Tutta la curva segue le indicazioni e il livello canoro si rivela buono, appena arrivato.

Pochi muniti dopo arriva il pareggio del Alessandria firmato Marconi. Purtroppo ci sono solo una decina di tifosi “normali” a festeggiarlo nel settore ospite. Questo gol non ha incidenza sul tifo salernitano, che al contrario cresce proporzionalmente alla curva che va riempiendosi.

Dopo l’intervallo si alza qualche coro di stampo argentino, in particolare quello sul ritmo della hit “Despacito” che coinvolge tutta la curva già da qualche settimana. Chiaramente è il coro che ha l’impatto più forte e sarà ripetuto a più riprese nel corso del secondo tempo.

Altri canti classici della tifoseria granata vengono intonato nel prosieguo della gara: «Noi siamo la Curva Sud», «oltre il 90°», ecc. Numerosi i battimani e i cori a ripetere («Noi siamo Salernitani»). Belle anche le grandi bandiere a nome dei diversi gruppi.

Per curiosità, vado a dare un occhio anche alla parte superiore della Curva Sud, rimanendone però deluso. I gradini sono strapieni, ma la gente segue maggiormente la gara, seduta come nei distinti e ritorno perciò nel settore attivo.

I tifosi campani vengono premiati con il gol del 2-1 ad un quarto d’ora dalla fine. Esplode di gioia la curva, che non ha mai mollato in questa partita. La Salernitana sfiora anche il 3-1 nel finale. Vittoria dei padroni di casa dunque, che incontreranno il Carpi nel prossimo turno.

Mentre il publico attende i propri giocatori sotto la curva, il saluto da parte loro è timido, prima di tornare frettolosamente negli spogliatoi. Non importa, la Curva Sud canta ancora e lo fa per ben 10 minuti oltre il triplice fischio finale. Nessun dubbio, il Siberiano sarebbe sempre orgoglioso dei suoi ragazzi.

Adriano Verrecchia.